11 - Nemesi

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Hidden Agenda - David Craig

L'intenzione era quella di lasciarla là; del resto, non erano fatti miei come o quando sarebbe tornata a casa. C'ero arrivato alla macchina, mi ero persino seduto sul sedile, poi però avevo pensato al posto in cui ci trovavamo e avevo visto solo il volto di Laney, perciò ero tornato indietro. Sul punto di svoltare avevo sentito dei rumori strani e la scena a cui mi ero ritrovato davanti mi aveva totalmente fatto perdere le staffe. Non so se il tizio sia vivo o meno e nemmeno mi importa. Avevo visto lei, terrorizzata e in preda a un attacco di panico, e mi ero fiondato sul bastardo. Atterrato, ricordo di aver visto un volto pallido, quasi cadaverico, ed era lì che aveva fiatato le parole magiche. Nova, così ho scoperto chiamarsi, soffre d'asma. E se non l'avesse uccisa quel tizio dopo essersi divertito, l'avrebbe fatto il suo stesso corpo.

Di solito me ne sto per conto mio, quello che succede al di fuori della mia sfera personale non mi riguarda. Nonostante ciò, tutti sanno che le donne non si toccano, eppure alcuni sembrano non capirlo. Così l'avevo accompagnata a casa, o quella che un tempo lo era, e me n'ero andata dopo averla vista entrare. Non so se viva sola o meno, ma è chiaro che sia entrata a Princeton nel mio stesso modo: una borsa di studio, solo parziale, motivo per cui non vive negli alloggi del campus. Nemmeno io potrei permettermelo se non fosse per le agevolazioni. La casa in cui l'ho lasciata, però, sembrava abbandonata a se stessa. Il prato non falciato, qualche rifiuto sparpagliato in giro, una vecchia auto sul vialetto coperta da un telo che avrà sicuramente bisogno di manutenzione, finestre che hanno visto tempi migliori così come la parte frontale di tutta l'abitazione. Persino sul tetto ci sono tegole che dovrebbero essere cambiate e una grondaia più instabile della mia sanità mentale.

Nova qualunque sia il suo cognome non mi ha dato l'impressione di essere una che tiene poco all'igiene, anzi, il profumo fin troppo dolce del bagnodoccia che utilizza infesta ancora la mia auto e lo disprezzo.

«Nem... dove sei finito?» piagnucola la voce troppo vicina al mio orecchio.

Torno alla realtà, più disinteressato che mai, e rivolgo uno sguardo alla rossa che mi sta davanti. Muovo i fianchi in avanti, riempiendola ancora una volta e lei sbuffa una risata. «Ah, rieccoti, stallone.»

Non ribatto, mi limito ad alzare gli occhi al cielo e a continuare a scoparla. Prima finiamo, meglio è.

Le blocco le braccia sopra la testa e aumento il ritmo delle spinte, il rumore del suo culo che sbatte contro gli armadietti riaccende una scintilla. La voglia sembra tornare e chi sono io per non approfittarne?

«Sì, Nem. Ti prego, non fermarti» miagola, gli occhi chiusi.

Stringo la presa sui suoi polsi e avvicino le labbra al suo orecchio. «Chiamami così ancora una volta e ti mollo qui all'istante. Anzi, non chiamarmi proprio.»

«Scusa, scusa, scusa» cantilena, ansimante. «Per favore, non fermarti.»

L'ho inquadrata Christina o Carim o come cazzo si chiama, lei è quella che pensa di incastrarmi con i suoi occhietti dolci e la bocca sporca. È convinta che, siccome è la seconda volta che scopiamo, adesso abbia qualche diritto su di me. Non le dirò che è successo solo perché è stata la prima che mi sono trovato davanti e avevo bisogno di rilasciare un po' di tensione.

Presso i fianchi sui suoi, spingendo più a fondo. La rossa rilascia un urletto entusiasta e affonda i talloni sul retro delle mie cosce.

Un sussulto improvviso mi distoglie dal momento. Volto il capo con lentezza verso sinistra e incontro lo sguardo sconvolto di niente meno che Nova. Continuo a scoparmi Christina mentre arcuo un sopracciglio. «Hai intenzione di restare a guardare o ti unisci?» domando.

Christina apre gli occhi e aggrotta la fronte quando si rende conto che non siamo soli. «Lo hai sentito. Allora?»

«No, io... scusate» squittisce e, dopo aver raccolto in fretta la sua borsa, svanisce oltre la porta d'ingresso.

«Lascia perdere quell'idiota.»

Torno a prestare attenzione alla rossa e la zittisco con un bacio. Dio, non tollero più la sua voce. La tocco in mezzo alle gambe, mi sono stufato di portare avanti questo teatrino. L'attimo successivo viene, gemendo come fosse una porno star di tutto rispetto. Se non ne sentissi le prove, se non le avessi addosso, direi persino che stia fingendo. Vengo anch'io, ma mi allontano all'istante. Tolgo il preservativo e lo getto in uno dei cestini per i rifiuti. Scopare negli spogliatoi della palestra non è l'ideale, tuttavia era l'unico posto a portata di mano e il più veloce da raggiungere. Ciò mi porta a un pensiero che non dovrebbe nemmeno sfiorarmi: la piccola fiammiferaia per caso nuota? E soprattutto, com'è possibile che abbia accesso alla piscina quando le serve un pass che non può avere con una borsa di studio parziale? Forse la piccola fiammiferaia in realtà è una ladruncola. Mmh. Quasi mi viene voglia di indagare. Quasi.

«Mmh, è stato bellissimo» miagola la rossa. «Dobbiamo rifarlo. Ti va di venire a casa mia stasera?»

Riporto lo sguardo su di lei. «Qualunque cosa ti sia messa in testa, scordatela.»

Christina sbatte le palpebre con lentezza, come se stesse esaminando ciò che ho detto, poi un sorriso inizia a fare capolino. «Tornerai. Tornano sempre tutti da me.»

Compio un passo in avanti, lei uno indietro, cosa che la porta a scontrarsi ancora una volta con gli armadietti. «Io non sono tutti, Christina.»

«Mi chiamo Katrina!» esclama offesa.

«Fa lo stesso.» Abbottono i jeans e me ne vado.

«Tornerai! È già successo!» mi urla dietro.

Mi chiudo la porta alle spalle, ignorando le strilla da animale morente. A differenza degli spogliatoi qui c'è religioso silenzio. Supero il breve corridoio e raggiungo la piscina. Mi fermo di scatto quando noto la piccola fiammiferaia in acqua. Non indossa la cuffia ma ha i capelli legati in una treccia. Potrei riportare tutto al rettore, farla beccare, tuttavia non è nei miei interessi. Me ne frega ben poco di lei e i suoi drammi; se compie attività illegali sono problemi suoi. Anche se, devo ammetterlo, non mi dispiace avere il coltello dalla parte del manico.

Parlo poco, ma ciò non significa che sia sordo. La gente è convinta che stia nel mio mondo, che pensi solo a me stesso e se da un lato è vero, dall'altro questa cosa mi permette di assimilare ancor di più il comportamento di un individuo, ma soprattutto di sentire verità nascoste. Una di queste, ad esempio, riguarda l'amichetta della piccola fiammiferaia. Chissà se ne è a conoscenza.

Continua a nuotare, le braccia si muovono svelte e fendono l'acqua con forza, come se stesse sfogando la frustrazione. Arrivata al bordo della piscina, posa le mani sul bordo e si issa su di esso. Seduta, riesco a esaminare meglio il fisico. Come ho già detto, è troppo magra. Ciò, però, non toglie la bellezza che la caratterizza. Dovrebbe mangiare di più. Nuotare, lavorare in biblioteca e studiare sono attività che richiedono parecchia energia; con il fisico che si ritrova è prossima a un ricovero in una clinica per anoressia. Magari non si piace, anche se è bella, magari pensa di dover competere con gli standard imposti dai social, chi cazzo lo sa. Sta di fatto che è l'esempio di quanto marcio sia diventato il mondo. Niente di ciò che l'essere umano fa sarà mai abbastanza, l'orgoglio verrà sempre prima. Si è alla ricerca costante di una perfezione inesistente, un concetto che dovrebbe essere lontano da quella che è la vita vera. Ma cosa c'è di vero in quello che vediamo su internet? Persino i porno sono diventati qualcosa di inarrivabile.

È semplicemente tutto sbagliato, artificiale, falso.

Che peccato che Nova la fiammiferaia non se ne sia resa conto. Sempre che sia questo il suo problema.

Da un lato viro verso questa opzione, dall'altro mi stuzzica l'idea che invece non abbia proprio i soldi per comprarsi da mangiare, il che rende tutto ancora più... triste.

Be', affari suoi. Alcune persone, le situazioni in cui si trovano, se le cercano. È meglio restare confinati in gabbia che rischiare per smuovere le cose.

La vera domanda, sotto sotto, è: cos'è che sto facendo io? Mi nascondo o rischio? Suppongo che lo scoprirò quando sarà troppo tardi.

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