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Il rumore dei passi nel corridoio risuonava vuoto mentre Yeelen e Levi camminavano fianco a fianco verso l'ufficio di Erwin. La giornata si stava lentamente concludendo, ma la tensione non accennava a svanire. Dentro la base, l'atmosfera era più tranquilla rispetto all'esterno, ma ancora pesante, come un cielo prima di una tempesta.

"Non è mai facile, eh?" disse Levi, il suo tono basso e privo di emozione. La luce fioca dei lampioni che filtrava dalle finestre proiettava ombre lunghe sulle loro figure, ma non c'era niente che potesse spezzare la monotonia di quel momento.

Yeelen, che camminava con passo deciso, rispose con un semplice cenno della testa. "Mai facile," ripeté, il suo viso impassibile ma il respiro ancora affaticato. Nonostante tutto, era consapevole che ogni missione, ogni battaglia, li avvicinava sempre di più alla fine della guerra. O almeno così speravano.

Arrivarono finalmente davanti alla porta dell'ufficio di Erwin. Levi, con un gesto rapido, aprì la porta e fece cenno a Yeelen di entrare prima. Nonostante la sua indifferenza, si poteva leggere nei suoi occhi che anche lui, seppur apparentemente impassibile, aveva accumulato la stessa stanchezza che traspariva dal volto della ragazza.

Erwin era seduto dietro la sua scrivania, la sua figura alta e solenne che dominava la stanza. Ma non c'era la usuale calma nei suoi occhi. Quando li vide entrare, si alzò di scatto e accennò un saluto. "Capitano Yeelen, Capitano Levi, per favore, sedetevi. Abbiamo alcune cose di cui parlare."

Yeelen si avvicinò alla scrivania e si sedette senza una parola, gli occhi che non abbandonavano Erwin nemmeno per un momento. Levi, come al solito, restò in piedi, le braccia incrociate, la postura rilassata ma pronta a reagire a qualsiasi segnale di pericolo.

"Avete fatto un lavoro eccellente oggi," cominciò Erwin, fissandoli uno per uno, ma poi il suo sguardo si fermò su Yeelen. "La missione è stata portata a termine con successo, ma il nemico è ancora nelle vicinanze. Non possiamo permetterci di abbassare la guardia. Le reclute sono stanche, ma siamo riusciti a mantenere il controllo della situazione."

Yeelen lo guardò, ma non rispose subito. Le parole di Erwin erano confortanti, ma c'era qualcosa di più che non riusciva a ignorare. La sensazione che questa guerra non avesse mai una fine definitiva, che ogni piccolo passo avanti significasse inevitabilmente pagare un prezzo.

Poi, Erwin sembrò cambiare tono, come se avesse deciso di affrontare qualcosa di più personale. "Yeelen," disse con una voce più bassa, quasi come se non volesse che gli altri sentissero, "so che il tuo ruolo di comandante non è mai facile. Non solo per il peso delle decisioni, ma anche per ciò che comporta."

Yeelen alzò lo sguardo, ma non disse nulla. Sapeva cosa intendeva. Essere un comandante non significava solo prendere decisioni strategiche, ma anche sacrificare la propria parte più umana. "Lo so," rispose semplicemente. "È il mio dovere."

Levi, rimasto in silenzio fino a quel momento, fece un passo in avanti. "Erwin, non è il momento di fare discorsi motivazionali. Abbiamo tutti bisogno di riposo, non di filosofare." La sua voce, ruvida ma sincera, interruppe il silenzio che stava per creare una barriera emotiva troppo pesante da sopportare.

Yeelen rimase in silenzio per un momento, le parole di Erwin che si mescolavano con il suo pensiero. Il dolore che provava per la morte di Furlan e Isabel, il suo risentimento verso Erwin, che in qualche modo considerava responsabile, la consumavano dall'interno. Quella sensazione di impotenza, di tradimento, di aver visto morire persone che considerava famiglia, la tormentava ogni giorno. Ma non poteva dire nulla. Non lì, non ora.

"Non ho bisogno di discorsi, Erwin," disse infine, la voce controllata, ma fredda. "Lo so perfettamente cosa comporta questo ruolo." I suoi occhi incontrarono quelli di Erwin per un istante, e in quel breve scambio c'era una rabbia silenziosa che nessuno avrebbe potuto ignorare. La morte di Furlan e Isabel non era mai stata dimenticata, e lei lo odiava ancora, odiava Erwin per averli mandati a morte senza che le sue parole sembrassero mai abbastanza.

Erwin abbassò lo sguardo, percependo la tensione che si era creata nella stanza. "Non è questo che intendevo," disse, ma la sua voce tradiva un certo imbarazzo.

Levi, che fino a quel momento era rimasto a osservare in silenzio, fece un passo avanti. "Mi sembra che entrambi abbiamo bisogno di un po' di riposo," disse con il suo solito tono deciso, ma c'era qualcosa di più nei suoi occhi. Forse anche lui sapeva quanto quelle parole pesassero, ma non c'era spazio per mostrarlo apertamente. "Erwin, se non ci sono altre comunicazioni urgenti, noi ce ne andiamo."

Erwin fece un cenno, lanciando uno sguardo di scuse verso Yeelen, ma non proseguì. Non c'era nulla che potesse dire per alleviare la rabbia che era palpabile nell'aria. Yeelen si alzò in piedi, senza aggiungere altro, e si voltò verso la porta. Sentiva che ogni parola, ogni gesto, l'avrebbe solo spinta più lontano dalla sua posizione di comandante. La sua missione era quella, ed era questo che doveva fare: comandare, prendere decisioni, sopportare, anche quando dentro di sé avrebbe voluto urlare.

Levi, senza dire una parola, la seguì, chiudendo la porta dietro di sé. Erwin rimase in silenzio, il suo sguardo fisso sulla scrivania, consapevole che quella ferita aperta tra lui e Yeelen non si sarebbe mai rimarginata.

ALI della LIBERTÀ - Levi AckermanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora