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6 anni dopo...

Yeelen e Levi erano appena tornati da una missione. La stanchezza pesava su di loro, e desideravano solo un po' di tregua, un po' di normalità lontano dalla guerra e dalle battaglie. Yeelen si trovava in piedi mentre parlava con Connie, che stava prendendo appunti su un rapporto della missione. Levi, seduto sul divano in pelle rossa che Hangie aveva assegnato come suo ufficio, osservava in silenzio. Il suo sguardo sembrava fisso nel vuoto, riflettendo la fatica che si portava dietro, ma al contempo c'era una pace momentanea, il conforto della familiarità che la presenza di Yeelen gli dava.

"Connie, occupati tu di scrivere il rapporto della missione e assicurati di consegnarlo a Hangie il prima possibile," ordinò Yeelen con tono deciso.

"Sarà fatto, capitano!" rispose Connie, uscendo rapidamente dalla stanza.

Yeelen, con passo lento, si avvicinò al divano e si sedette accanto a Levi. Si posò con la testa sulla sua spalla, chiudendo gli occhi per un attimo. Levi non si mosse, ma iniziò a carezzarle dolcemente i capelli, un gesto che tradiva tutta la tenerezza che aveva per lei, nonostante la sua facciata impassibile. Entrambi erano troppo stanchi per parlare, ma non avevano bisogno di farlo. Il silenzio tra di loro era comodo, come un rifugio.

Improvvisamente, il rumore di qualcuno che bussava alla porta interruppe quel momento di quiete. Levi, con un sospiro irritato, si staccò leggermente da Yeelen.

"Chi diavolo è ora?" chiese con tono infastidito.

"Capitano! Sono Jean!" rispose una voce familiare dall'altra parte della porta.

Levi sbuffò, scuotendo la testa, ma poi alzò gli occhi verso la porta. "Cosa vuoi, Jean? È davvero importante?"

"Sí, capitano," rispose Jean, la sua voce divenne più seria.

Levi fece un gesto di rassegnazione e invitò il ragazzo a entrare. La porta si aprì e Jean, con l'espressione tesa, entrò nella stanza. A sorpresa, non era da solo. Tenendo per mano un bambino, Isaac. Yeelen e Levi rimasero paralizzati dalla sorpresa, i loro occhi fissavano il bambino davanti a loro.

"Il capitano Hangie mi ha detto di portarlo qui," spiegò Jean, cercando di nascondere l'imbarazzo.

Isaac, un volto che loro conoscevano fin troppo bene, guardò Levi con gli occhi che sembravano scrutare ogni angolo della stanza. Il bambino aveva i capelli scuri, come quelli di Levi, anche se erano un po' più chiari e scompigliati, e gli occhi erano di quel particolare colore che richiamava quelli di Yeelen. Il suo aspetto portava con sé una parte di entrambi, un legame che era difficile non notare. Indossava un gilet blu che si adattava perfettamente al suo piccolo corpo, pantaloncini abbinati dello stesso colore e scarpe blu scuro, che sembravano un po' grandi per lui. I calzini bianchi, lunghi fino sotto il ginocchio, erano indossati in modo disordinato, uno tirato su e l'altro che cascava goffamente verso il basso.

"Isaac..." sussurrò Yeelen, una sensazione di sorpresa misto a dolcezza nella voce. Il bambino ricambiò lo sguardo, gli occhi pieni di curiosità e una timida rassegnazione.

Levi si alzò lentamente, con il suo solito portamento impassibile, e si accovacciò davanti al bambino. Lo guardò per un momento, prima di sistemargli i capelli, come se volesse prendersi cura di ogni dettaglio. Poi, senza dire una parola, tirò su il calzino bianco che penzolava, facendolo scivolare in posizione. Infine, si chinò un po' di più per fare il nodo alle scarpe, le dita ferme e precise, come se ogni gesto avesse un peso speciale.

"Sei cresciuto, ragazzino," disse Levi, la voce bassa e misurata, mentre lo osservava con il suo sguardo solito, freddo e distante. Ma c'era qualcosa in quella frase che tradiva un'emozione più sottile, una piccola fessura nella sua maschera.

Isaac lo guardò per un momento, e poi, a sorpresa, Levi accennò un piccolo sorriso. Il sorriso che raramente vedevano. Il bambino, con la stessa spontaneità con cui lo aveva fatto la prima volta, si gettò tra le braccia di Levi per un abbraccio che non sembrava mai abbastanza.

Quando Levi lasciò andare Isaac, il bambino, con il sorriso stampato sul volto, corse verso Yeelen. Con una certa goffaggine, si arrampicò sul divano in pelle rossa e abbracciò sua madre. Yeelen lo strinse forte, la sua mente per un attimo lontana. In un altro mondo, in un'altra vita, Isabel l'aveva abbracciata per la prima volta. Era difficile non pensare a lei in quel momento. La stessa Isabel, che insieme a Farlan e Erwin, le aveva insegnato a combattere per il futuro.

Loro figlio, Isaac Farlan Erwin Ackerman, non era solo portatore di un nome, ma di un'eredità che andava ben oltre la sua nascita. Oltre ad avere un'infinità di nomi, portava con sé quelli di coloro che avevano segnato la sua famiglia in modo indelebile. Ogni nome era una memoria, un legame che univa il passato al presente.

Isaac, il primo nome, era una testimonianza di speranza e riscatto, ma per Yeelen aveva un significato ancora più profondo. Le piaceva pensare che fosse il maschile di Isabel, quella ragazzina dai capelli rossicci che le aveva stravolto la vita, portandola a cambiare e ad affrontare le sue emozioni più difficili. Isabel, che aveva lasciato un'impronta indelebile nel cuore di Yeelen, la sua compagna di lotta, la sua amica più cara.

Farlan, il secondo nome, era un omaggio al loro più caro amico, colui che aveva combattuto al loro fianco e che aveva dato la vita per una causa più grande. Farlan non era solo un nome, ma un simbolo di lealtà, di coraggio, di sacrificio. Il suo ricordo viveva nel cuore di Yeelen e Levi, e ora continuava a vivere nel figlio che avevano avuto insieme.

Erwin, il terzo nome, era quello di colui che era stato non solo un comandante, ma anche un amico fidato, una guida nei momenti più oscuri. Per Yeelen, Erwin aveva rappresentato tanto: un leader che aveva cercato di fare il bene, ma che aveva anche portato con sé il peso delle sue scelte. Yeelen, in passato, aveva odiato Erwin, incolpandolo per la morte degli amici, per la sofferenza che aveva vissuto. Ma con il tempo, era riuscita a vedere oltre il dolore, a capire che lui, come lei, aveva dovuto fare delle scelte difficili. E ora, quel nome, che una volta portava solo rancore, era diventato il segno di una comprensione più profonda.

Ogni nome di Isaac raccontava una storia di sacrificio, di amore e di crescita. Era un nome che legava il bambino al passato, ma anche al futuro, un futuro che ora era nelle sue mani. Un nome che portava con sé il peso di chi lo aveva preceduto, ma anche la promessa di una nuova speranza. Un nome che aveva un significato profondo, non solo per Yeelen e Levi, ma per il mondo intero.

Levi osservava la scena, silenzioso. Non c'era bisogno di parlare. Tutto ciò che c'era da dire era scritto nei loro occhi, nei piccoli gesti che avevano costruito nel corso degli anni. Il loro bambino, Isaac, era il simbolo di ciò che avevano perduto, ma anche di ciò che avevano trovato insieme. Un legame che sarebbe durato per sempre.

FINE.

ALI della LIBERTÀ - Levi AckermanWhere stories live. Discover now