"Allora? Dite qualcosa" dissi bevendo un sorso della mia bevanda.
"Non è importante, non preoccuparti" disse James, al contrario, Dylan, non diceva nulla e si limitava a guardare sia me sia James.
"Dylan, cosa mi state nascondendo?" Dissi con un mezzo sorriso appoggiandoli la mia mano sulla sua, il mio sguardo era dolce o, almeno, volevo e speravo che fosse così.
"Bambina, in realtà noi siamo..." Disse abbassando lo sguardo per poi cercare quello di James.
"Fratelli" disse James con un respiro profondo.
Fratelli? Come era possibile?
Non si assomigliavano per niente.
James era alto rispetto a me ma basso se a confronto con Dylan, i loro occhi erano diversi: Dylan iridi verdi-nocciola e James occhi azzurri come i miei.
James aveva i capelli mori mentre, Dylan, di un biondo tendente al marrone.
Dylan era più muscoloso con le spalle larghe invece James, sempre con un bel fisico, era meno incisivo sui muscoli.
"James non mi avevi mai detto che avevi un fratello!" Dissi sorpresa, ero un po' delusa insomma...stavamo insieme e non poteva dirmi che aveva un fratello?
"Fratellastri" puntualizzò Dylan.
"No riesco ancora a capire.."
Dissi abbassando lo sguardo.
"Mia madre e suo padre si sono sposati, tutto qui" disse secco.
"Oh..capisco.." Dissi mantenendo la mia posizione.
"Dylan perché mi hai scritto? E, tu James, perché gli hai dato il mio numero?"
Non capii il perché ma, al loro silenzio, me ne andai alzandomi con calma dalla panchina.
Ero serena, non avevo rimpianti, ero solo delusa con un po' di amaro in bocca, niente di più.
"Aspetta Yvonne!" Sentii dire dai due. Continuavo a guardare avanti, non mi guardavo dietro e, sopratutto, non ragionavano razionalmente.
Tutto era nero, i rumori erano assenti e mi sentivo sola, terribilmente sola.
La mia barriera si era ricreata e non volevo romperla, non faceva entrare il male, era perfetta.
Pensai. Pensai sul da farsi. Pensai a quello che era successo in un semplice mese. La morte di papà. La depressione della mamma. L'assenza di amiche fidate. L'assenza di uno sfogo a parte la musica. L'assenza di resistere. La voglia di andarmene e lasciare tutto indietro. Il desiderio di trovare qualcuno di sincero, fidato è buono con me. "Aveva ragione Dylan, non esiste un mondo come nei libri d'amore, la vita è più dura nella vita reale" sussurrai ancora dentro alla mia bolla.
"A volte può essere anche così ma devi superarlo" sentii dire. La voce era con un leggero eco e la voce era femminile, non la conoscevo.
Tutto intorno a me divento come prima, così potei vedere: una ragazza sui sedici anni con i capelli biondi e gli occhi scuri.
Non le avevo mai parlato ma continuava ad aspettare una mia risposta. Era strana. Perché non era andata subito via? Perché continuava ad avere quello sguardo dolce? Perché continuava ad essere così solare anche dopo aver visto una come me? Perché perché perché?! Perchè sembrava così dannatamente perfetta su miei occhi? Perché?
"Oh scusa, mi chiamo Amelia" disse tendoni la mano. Non capivo ancora, chi era lei e perché parlava con me?
"Io sono Yvonne" dissi afferrando incerta la mano della ragazza, il suo viso era colmo di un gran sorriso che lasciva vedere le fossette di Amelia.
"Scusa se ti ho disturbato ma non potevo non avvicinarmi, sembravi vuota." Disse amareggiata.
"Mi dispiace per averti fatto sprecare del tempo, Amelia" dissi camminando verso casa mia.
" Sei triste?"
Quella domanda. Due parole possono distruggere una persona che non si può neanche immaginare, non mi aveva chiesto 'come stai?', no. Lei mi aveva chiesto se ero triste, e lo ero? Chi poteva rispondere? Chi poteva mentire spudoratamente a una domanda così centrata? Chi?
"Sì" dissi guardando i suoi occhi scuri, così profondi e allo stesso tempo felici.
"Posso aiutarti in qualche modo?"
Chiese lei.
"No"
Dissi secca.
"So come ti senti"
Ribatté lei.
"Nessuno può saperlo" dissi con il viso teso.
"Non sei l'unica che si sente vuota, non sei l'unica che si sente sola, non sei l'unica che le basterebbe una mica vera di cui potersi fidare e, infine, non sei l'unica che soffre. Mi dispiace Yvonne, devi accettarlo"
Era così sincera quando lo diceva, non avevo mai incontrato una persona così.
Non dissi niente. Non parlai. Stetti a guardare i suoi occhi e me ne andai. Senza un motivo, senza una restrizione: volevo solo andarmene e pensare in tranquillità come prima. Ne avevo bisogno, come una droga.
"Bambina? Sei ancora viva?" Lessi sul display. Colma dalla rabbia buttai il telefono nella spazzatura e continuai a camminare, non me ne fregava niente di nessuno, non più.
Sentii un telefono squillare.
Amelia era dietro di me con in mano il mio cellulare avvolto da un fazzoletto.
"Ti sta chiamando tua madre" disse lei porgendomi il telefono.
Lo afferrai e risposi alla chiamata.
"Yvonne, torni a casa?"
"Sì mamma, sto tornando, ora arrivo" dissi dolcemente.
"A dopo allora" disse con lo stesso tono.
"Ciao mamma" risposi e, poco dopo, attaccò il cellulare.
"Amelia, vuoi venire a casa mia?" Dissi guardando la ragazza dagli occhi scuri, mi aveva aiutato e neanche lo sapeva. Il fatto che mi aveva seguita per vedere cosa facevo, per me, era già un prova valida del suo interesse nei miei confronti.
Lei, dai primi momenti, si era dimostrata affidabile e gentile. Volevo trovare un'amica vera e, forse, Amelia lo era.
Finalmente aveva una speranza di confidarmi con qualcuno e non volevo sbagliare ad usarla.
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Il messaggio che cambiò tutto.
Teen Fiction{"Lei non è perfetta, lo sa anche lei. Lei ai miei occhi è perfetta." Tratto dal capitolo 25.} La vita di un'adolescente con risate, ma altrettante lacrime. Un ragazzo, stravolgerà la sua vita. E se fosse questo ragazzo a causar...