Capitolo 20

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Entrai nel bagno della mia stanza, mi spogliai per poi farmi una doccia rilassante su tutto il corpo.
Quando ebbi finito mi avvolsi un'asciugamano all'altezza del petto e mi asciugai frettolosamente.
Guardai il mio riflesso nello specchio, i miei occhi azzurri erano contornati da un'alone di malinconia inimmaginabile.
Guardai intorno a me, la vidi ancora.
La lametta. Quella fottutisima lametta. Mi avvicinai a essa, la presi cautamente e, senza pensarci, premetti con essa contro la mia pelle.
Il sangue si espanse macchiando l'asciugamano avvolto sul mio esile corpo.
Mi sentivo così apatica che mi lasciai cadere sul pavimento con lo sguardo nel vuoto.
Era un male, ma mi faceva stare meglio. È una contraddizione, ero così presa dalle emozioni negative: non mi rendevo conto di quello che stava accadendo.
Non mi rendevo conto di sottrarmi sangue dal corpo.
Entrai velocemente in doccia e bagnai la nuova ferita.
Quella vecchia era diventata una cicatrice, la mia prima cicatrice.
Quando abbi finito di mettermi l'intimo guardia le mie braccia.
I due segni erano uguali, ma praticati in situazioni diverse.
Il segno di destra era per Dylan, mentre quello di sinistra per mia madre e mio padre.
La loro mancanza era padrona di me e non potevo fare a meno di pensarci.
Andai in camera mia e presi una felpa larga color grigia e un jeans.
Sistemai i capelli rossi in una coda alta.
Mi guardai allo specchio e non vidi me.
Vidi un'altra ragazza.
Yvonne non aveva quell'aura triste.
Yvonne aveva un sorriso sulle labbra e gli occhi azzurri erano vivi come mai.
Yvonne aveva così tante lacrime da formare un mare, ma in quel momento, a stento, riempiva un bicchiere d'acqua.
Yvonne non si poteva più definire Yvonne, era sparita.
Qualcuno l'aveva portata via, la signora vita di merda.
"Tesoro, sei pronta?" Chiese mia nonna dall'altra parte della porta.
"Sì nonna, mi metto le scarpe e arrivo" risposi a Rosa.
"Va bene amore, fai in fretta!" Disse con una lieve risata.
Mi immaginavo il suo viso: le rughe dell'età avanzata, la faccia tirata da un gran sorriso e gli occhi vivi di una grande donna.
Rosa è la migliore, non so cosa farei senza la mia cara nonna.
Come detto, misi le scarpe.
Uscì dalla stanza e vidi davanti a me Rosa.
Aveva un vestito fino alla ginocchia, tutto a fiori.
I capelli bianchi raccolti in un'elegante acconciatura adatta alla sua età e aveva delle scarpe con un leggero tacco.
Era bellissima nella sua semplicità.
"Andiamo Yvi?" Mi chiese con un sorriso.
Annuii con un lieve sorriso e la presi sotto braccio.
Ci ritrovammo fuori dalla casa color rosa pastello.
È graziosa, l'avevano costruita per la nascita di mio padre.
"Yvonne?" Quella voce.
Non era Nonna.
Non era nessuno di buono.
Era il mio male.

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