Capitolo 18

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"Grazie" disse respirando profondamente. Invasi il suo busto con un'abbraccio e feci un gran sorriso.
"Per cosa?" Chiese lui baciandomi il capo.
"Di avermi fatto sorridere" dissi sorridendo ancora, per poi lasciare cadere una lacrima sul viso.
Mi alzò il viso, asciugò la lacrima con il pollice e mi guardò profondamente.
"Sei così bella.." Disse sussurrando con delle lacrime sui suoi occhi, perché piangeva? Che aveva che non andava? Volevo che stesse meglio, doveva stare meglio.
"Perché piangi?" Gli chiesi facendo un lieve sorriso confortante.
"Non voglio perderti, ti prego, diventa la mia fidanzata bambina.." Disse sorridendomi.
Prese le mie mani e le accarezzò delicatamente, come se non volesse farmi male. Potevo rispondere? Avrei sofferto? Sarei stata, finalmente, felice? Volevo rischiare? C'era il rischio? O non c'era per niente? Dovevo dirli di pensarci? Volevo pensarci? Dovevo pensarci? E se avessi preferito essere sua amica? E se avrei preferito scappare, ancora, dalle emozioni?
"Io..Dylan.." Non mi fece finire la frase, tolse le sue mani dalle mie e si allontanò immediatamente.
Il suo sguardo era impaziente, come se tutto dipendesse da una mia risposta sensata.
"Tu mi ami?" Chiese titubante. Lo amavo? Perché dovevo sempre farmi queste domande? Non potevo avere qualche certezza per una volta? Non potevo proprio? Dovevo avere sempre con me la mia amica ansia?
Era davanti a me, con i suoi occhi verdi-nocciola e con il sorriso unico, diverso dal solito. Era un sorriso diverso perché non era felice, sembrava preoccupato.
"Bambina?.." Disse sussurrandomi. La sua voce era flebile.
Feci una breve pausa di silenzio, per poi respirare profondamente.
"Ti amo Dylan, quindi sì, sono nei casini" dissi guardando i suoi occhi.
Il sorriso gli illuminò il volto.
"Ma..?" Chiese lui.
Il 'ma' c'era, come potevo mettermi insieme con Dylan dopo un paio di giorni dalla morte di mia madre? Mi sentivo un'insensibile.
Mi sentivo male. Mi sentivo vuota pensando a lei, mi manca, non sapete quanto.
"Ma non posso.." Dissi abbassando lo sguardo.
Perché non potevo dirglielo? Perché non mi sentivo più sicura? Perché? Eravamo così in sintonia..ma allo stesso tempo ero combattuta, non era la cosa giusta da fare.
"Ora vado." Disse prendendo la sua giacca in modo losco e sbrigativo.
"Dove vai, Dylan?" Chiesi guardando le sue iridi.
"Da Amelia, ciao Yvonne" mi bloccai. La rabbia partì dal cuore per poi espandersi in tutto il corpo. La mente era spenta, non volevo pensare razionalmente.
Amelia? Perché da Amelia? Si vedeva già con lei? Stavano insieme? Erano amici? Erano 'amanti'?
"Lia...? Perché vai da lei?.."
Il mio viso si incupì all'improvviso e aspettavo una sua risposta, dovevo avere una suo ribattere e anche in fretta.
"Beh..ehm.." Disse abbassando lo sguardo.
Che cazzo aveva? Mi stavo arrabbiando per una, apparente, sciocchezza? O era un cosa seria? Perché mi sentivo incompleta?
Avevo detto di no, ma lo volevo per me. Lui non voleva aspettare e questo mi intimoriva.
"Dillo!" Disse sbottando piena di ira.
Alzò lo sguardo che incontrò il mio. Mi avvicinai. Scrutai il suo viso e Dylan il mio.
"Yvonne.. Non so come dirtelo.. Bambina..io.." Disse facendo scorrere delle lacrime.
Perché? Sempre la stessa identica domanda. Perché il mondo mi odiava?
"Dylan. Che cazzo è successo?" Dissi evidenziando la domanda.
Si ritrasse dalla vicinanza che avevamo. Fisso un punto anonimo della stanza e chiuse gli occhi.
"Yvonne, io ho fatto sbandare la macchina di tua madre, l'ho uccisa io."
Cosa dovrei dire ora? Che domande dovevo fare? Dovevo essere arrabbiata? Dovevo essere confusa? Dovevo essere smarrita? Dovevo essere tranquilla e rispondere con un "Ehy, va tutto bene"? No. Non volevo rispondere così.
"Vai via da qui, ora!" Urlai con il pianto, mi accasciai a terra, cercò di interagire con me, ma non ci riuscì: ero diventata completamente ed esclusivamente vuota. Come un bottiglia di plastica da buttare. Non servivo più.
"Yvonne...i-io...bambina.." Disse accarezzandomi la spalla.
Mi scansai da quel contatto e mi chiusi sempre in più in me stessa, più diventavo piccola più le lacrime scendevano come goccia di rugiada.
"Tu mi hai portato via la mia unica ragione di vita, vattene via stronzo!" Dissi tra i singhiozzi.
"Yvonne...i-io ero preoccupato per te.. Mi dis-spiace così tanto.."
Preoccupato? Preoccupato?! Aveva ucciso mia madre ed era 'preoccupato'?! Lo stavo per uccidere, doveva morire! Doveva soffrire per quello che aveva fatto, ma il buon senso era sempre presente. Non potevo farli del male, lo amavo.
Lo amavo, ma non potevo amarlo. Dovevo odiarlo con tutta me stessa.. Una parte del mio cuore era sempre lì per lui, ma Dylan mi aveva portato via la mia essenza, trasportando con sé lacrime e amarezza.
"Non voglio più parlarti, vattene" sbottai io.
Non piangevo più. La mia espressione era tesa e nel mio sguardo c'era un vuoto incolmabile.
"Ti amo Yvonne.." Sentii dire da Dylan.
Alzai lo sguardo. Vidi i suoi occhi verdi-nocciola e me ne incantai, ma il potere dell'odio entrò nel mio corpo e io mi ritrassi da quel contatto sbagliato.
"Ti odio Dylan." Fu l'unica cosa che riuscì a dire.
Il suo sguardo cadde sulla porta, si incamminò verso di essa e si voltò prima di uscire dalla stanza colma di emozioni.
Lo sapeva anche lui che non l'avrei più rivisto, ma un parte di me lo volevo sempre accanto a me...non ci capivo niente, ero confusa più che mai.
Troppi 'ma', non me ne bastavano più.
La porta si chiuse e guardai in direzione del bagno, c'era un lametta poggiata sul lavandino.
Era lucente poiché il i raggi del solo ricadevano su di essa.
Sì, avete intuito bene.
Dovevo farlo? Avevo il coraggio di farlo? La fonte di dolore poteva espandersi e rendermi un bambina indifesa senza la madre, ed era quello che ero diventata.
"Cosa mai potrebbe accadere se lo faccio una volta?" Mi dissi nella mia mente.
Mi alzai, la stanza era soffocante come se le emozioni volevano schiacciarmi nell'agonia.
Tutto intorno a me si fermò.
La stanza divento buia e non sentivo alcun rumore nella vicinanze.
I piedi andavano da soli e la testa rimbombava come il mio piccolo cuore, sentivo che voleva esplodere.
La lametta era davanti a me.
La afferrai cautamente come se qualcuno mi stesse osservando.
La scrutai nei suoi minimi particolari, poi notai un rasoio nel cestino.
"L'avrà buttata mia nonna perché era rotta.." Pensai.
In effetti aveva un lato rigato ed una piccola crepa all'interno della sua struttura.
La guardai ancora, avevo il coraggio per infliggermi dolore? Avevo la voglia? E poi pensai, mia madre non sarebbe contenta, come mio padre.
Più vedevo quel piccolo oggetto più desideravo lasciarlo scorrere sul mio braccio.
Vedere i segni, mi faceva capire che, forse, sarei stata accettata dalla società giornaliera, forse non avrei mai avuto amori, forse avrei avuto amicizie vere.
Perché, andiamo, Amelia mi aveva tradito come tutte le altre.
James era sparito.
Robert non era più venuto a trovarmi.
Mio padre era morto come mia madre.
Dylan, oh Dylan, Dylan mi aveva portato via un pezzo della mia anima, uno dei tanti pezzi già persi.
Poi decisi.
Impugnai saldamente la lametta e la poggiai delicatamente sul braccio.
Avevo una presa docile, non ne ero sicura, ma lo volevo fare: dovevo farlo, come tutto in quel periodo.
Guardai ancora quel piccolo oggetto fatale e premetti sulla mia pelle.
Il sangue uscì in un secondo e invase tutto il lavandino, era rosso scuro tendente al marrone.
Alla sua vista aprii il getto d'acqua e bagnai la ferita che mi ero inflitta.
Presi un'asciugamano e asciugai la parte del taglio.
Quando ebbi finito lo osservai.
Era un piccolo taglio e avevo capito che non volevo più provarci a farlo di nuovo.
Non aveva fatto male, ma mi faceva capire che era non era un bene continuare.
Mi aveva fatto bene, avevo finalmente capito che dovevo lottare e non arrendermi davanti a delle stupido dolore.
Non mi piaceva ammetterlo ma avevo bisogno di Dylan, avevo bisogno di un suo abbraccio travolgente, di un suo bacio passionato, di un 'andrà tutto bene'... Peccato che stavo male anche per lui, era così complicato.
Mi guardai intorno e vidi sopra la mia testa un piccolo armadietto.
Mi misi in punta di piedi e lo aprii cautamente.
Notai una scatola colorata, con disegni e adesivi: come quella di una bambina.
La presi senza indugio e la toccai come se fosse proibita.
Su di essa era presente polvere, vidi inciso un nome.
"~Sophie~"
Chi era Sophie? Perché c'era quella scatola nel bagno degli ospiti?
Era chiusa e non riuscivo ad aprirla.
Quindi decisi di osservarla meglio.
C'erano molti fiorellino rosa e degli animali come nei cartoni animati, era un'esplosione di colore: rosa, giallo, azzurro e verde.
Era incantevole, aveva una vivacità sovrannaturale.
In essa era racchiusa tutta l'infantilità di quando ero piccola.
La mia infanzia era incantevole, con un po' di rabbia e tristezza ma era bella: i Natali con mamma e papà, i pranzi domenicali con la nonna e il nonno, le amichette che andavano a casa mia e io da loro.
Scomparì tetto alle medie: mi trasferii in un'altra città e abbandonai tutto, mi ricordo ancora della mia migliore amica..eravamo così unite, pensavo che andavo in vacanza e poi tornavo a trovarla, ma non fu così.
Non la vidi più, o forse sì? E se l'avessi vista e non l'avessi riconosciuta? Queste domande invasero la mia mente e stetti ancora più male.
Era un periodo di merda, una grande periodo di merda.

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