Capitolo 29

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"Hai voglia di andare a mangiare qualcosa?" Mi chiese lui con un fantastico sorriso.
"Certo, dove andiamo?" Dissi in risposta.
La sua faccia si rese in un sorriso più ampio e mi baciò la fronte.
"In un Paradiso bianco"
Risi senza capire, per dopo venire con me in una fragorosa risata.
"Preparati bambina, io ti aspetto fuori" disse lasciandomi un lieve bacio.
Rimasi da sola nella stanza.
Pensai, non lo facevo parecchio.
Non pensavo in tranquillità da giorni, e mi mancava.
Presi il cellulare.
Ripresi le nostre conversazioni e mi scappò un sorriso traditore.
Ero così fredda.
Lui era così arrogante, ma ormai era diventato il mio arrogante.
Come aveva detto lui, aveva vinto ed ero una perdente che si era innamorata.
Mi alzai dal letto, presi dall'armadio un jeans nero e rimasi con una felpa grigia.
Mi guardai allo specchio, ero accettabile.
Il trucco, come sempre, non era presente sul mio viso pallido.
Alzai la manica della felpa, le cicatrici erano guarite.
Le toccai lievemente e sentii il rilievo delle cicatrice.
Socchiusi gli occhi.
Ogni ferita che mi ero inflitta aveva un motivo, non mi ero tagliata per divertimento.
Tirai in giù la manica e sorrisi.
Ero diventata finalmente felice, tutto questo grazie a Dylan.
Aveva fatto tanto per me, non se ne era neanche accorto.. O forse faceva finta di non sapere.
Andai via dalla mia stanza, la vidi un'ultima volta di uscire e sospirai.
"Nonna?" Chiesi nella casa.
"Lo so, ora esci con Dylan, ti aspetto! " disse comprensiva.
Camminai ancora un po' per versarla ai fornelli, intenta a farsi un tè.
"A dopo tesoro mio, divertiti" disse lei con un sorriso.
Le sorrisi anche io, mi avvicinai e le diedi un bacio sulla guancia.
Mi incamminai verso la porta d'ingresso.
L'aprii e mi ritrovai Dylan a fumare una sigaretta.
Mi arrabbiai di scatto.
"Tu fumi?" Era di spalle.
Si girò velocemente, ancora con la sigaretta in bocca, e mi guardò con un sorriso falso.
"Sì bambina, che c'è di male?" Disse sarcastico.
"Tu non sai niente Dylan, non puoi capire" disse delusa.
"Su via bambina, cosa potrebbe accadermi? Smetterò, non preoccuparti"
La mia ira prese possesso del mio corpo.
"Smetterai? Tu non sai cosa si prova, non sai cosa si prova vedendo il proprio padre morire per uno stupido cancro, e quelle sigarette" dissi indicandole "te lo procurano, e tu paghi quelle schifosissime ditte per ammalarti"
Rimase a guardarmi.
Aveva uno sguardo dispiaciuto, forse con compassione.
"Yvonne, io.." Non volli più sentire.
Scappai via da quella casa e corsi.
Correvo come ogni volta, mi schiariva le idee.
Incominciai a piangere nella corsa, mi asciugavo le lacrime, ma si facevano strada sulle mie guance e non potevo evitarle.
Mi scontrai con delle persone che mi urlavano "rallenta! Qualcuno si può fare male!"
Non importava, continuavo per la mia strada e non volevo più sentire le urla delle gente.
Era tutto desolato e non percepivo niente attorno a me.
Sembrava tutto a rallentatore.
Caddi.
Vidi una mano davanti a me.
La afferrai, mi ritrovai davanti un giovane uomo.
Aveva degli occhiali color nero, un viso schematico e dei capelli mori che invadevano metà della sua fronte.
Un bel ragazzo.
"Scusa, ero di fretta"
Non mi resi conto che avevo ancora delle lacrime sul viso.
Non riuscivo a decifrare la sua espressione, era così complessa.
"Perché piangi gioia?" Disse porgendomi un fazzoletto, preso dalla sua tasca.
Lo guardai. Lui guardò me.
"Come ti chiami?" Chiesi come una scema, lui aspettava una risposta, ma ponevo altra domande.
"Ehy, tutto bene?" Mi chiese vedendomi barcollare.
"Io sono Yvonne, e tu ragazzo che non conosco?"
Non ero più scherzosa, anzi, ero seria.
Ed era proprio questo che lo intimoriva.
"Mi chiamo Ivan, ora dimmi che hai Yvonne"
Non lo conoscevo nemmeno, perché ci parlavo?

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