Capitolo 5

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Ilara da sola aveva già recuperato 30 anime in più, in silenzio e senza obiettare seguii i loro ordini fin quando tutti i nomi della lista furono spuntati.

Quella sera rifiutai la cena decidendo di andare a dormire presto. I ricordi del dolore della gente erano ancora vivi dentro di me e non riuscivo a capire se ciò che facevamo fosse giusto o sbagliato.

La nostra esistenza implicava l'esistenza di un paradiso e di un Dio, perché allora permetteva simili dolori? Doveva essere un sadico e non avrebbe mai ottenuto la mia simpatia.

Quando finalmente il sonno sembrò volermi inghiottire sentii bussare alla mia porta <<Sei sveglia?>> chiese Harag sottovoce. Con solo una leggera vestaglia addosso andai ad aprire, era già ora di iniziare gli insegnamenti?

<<Se vuoi esercitarti dovrai rinunciare a qualche oretta di sonno>> disse per poi osservare il mio abbigliamento <<ed indossa qualcosa di appropriato>> <<a cosa serve? Nessuno ci può vedere>> chiesi curiosa alla ricerca di qualcosa di moderno da indossare tra gli abiti che Lust mi aveva prestato.

<<Non è sempre così, possiamo anche essere visibili all'occhio umano se lo desideriamo. Ti insegnerò anche questo trucco>> disse voltandosi mentre io ero intenta a vestirmi.

<<Hai mai conosciuto un angelo?>> chiesi d'un tratto quando ebbi finito di vestirmi, stupita nel notare che mi aveva osservata per tutto il tempo <<Harag!>> quasi urlai sentendo le mie guance andare a fuoco ed un sorriso illuminò il suo volto <<niente male>> si limitò a dire e subito gli lanciai una delle due ciabatte che avevo appena tolto mirando alla sua faccia, purtroppo la scansò con grande agilità.

<<Wow avresti potuto uccidermi con una ciabatta>> ridacchiò irritandomi ancora di più <<e comunque sì, ho conosciuto più di un angelo>> mi venne incontro stringendo il mio braccio <<è ora di andare>>.

Eravamo in una piccola casa in cui i pianti di un bambino rieccheggiavano nell'aria, Harag mi indicò una porta socchiusa di fronte a noi <<entra>> disse e così feci, riconoscendo il nipotino del primo uomo che quella sera morì per mano nostra.

Era sotto le coperte ed il suo pianto veniva solo interrotto da qualche singhiozzo, dovetti trattenermi dal non unirmi al suo pianto. <<Cosa posso fare?>> chiesi in un sussurro ad Harag che sembrava molto più tranquillo rispetto a me <<porta la tua mano sul ragazzino, e pensa a cosa ti farebbe sentire meglio in un momento simile>> spiegò.

Delicatamente posai la mia mano sui folti capelli castani del bambino, lui non poteva sentire il mio tocco ma sembrò sussultare un attimo <<pensa a qualcosa che ti fa stare bene>> suggerì nuovamente Harag.

Cosa mi faceva stare bene? Pensai a quando ero piccola e mia madre ubriaca mi picchiava mentre mio padre osservava tutto senza dire una parola. Mi rinchiudevo in camera e tra una lacrima e l'altra era il mio gatto Furry a consolarmi, posando la sua morbida zampetta su di me e strofinando la sua paffuta guancia sulla mia accompagnato dal suono delle sue fusa.

Mi sentii meglio e notai che anche il bambino aveva smesso di piangere addormentandosi tra le sue lacrime. <<Ha funzionato>> sussurrai entusiasta, guardando Harag che sembrò sorridere per un attimo.

<<A cosa hai pensato?>> chiese curioso ed io riposi onestamente <<al mio gatto>> ridacchiò <<un gatto?>> fummo interrotti da un rumore proveniente dal corridorio <<C'è qualcuno?>> disse una voce di donna e subito vidi una ragazza alta tanto quanto Harag, lunghi capelli biondi le cadevano sulla schiena ed indossava un delizioso abito azzurro dello stesso colore dei suoi occhi. La sua bellezza mi paralizzò ed ebbi subito la certezza che si trattasse di un angelo.

Il Mio Dolce PeccatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora