41. Miss you

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«Mi manchi già.» borbottò Louis, ed Harry ridacchiò immaginando l'enorme broncio che il ragazzo doveva avere.

«Lou, sei andato via ieri notte. E da quando siamo la classica coppia così smielata?» ribattè, continuando a sorridere. Perchè quando si parlava di Louis, non poteva fare altro che sorridere (o piangere a seconda delle situazioni; ma dettagli).

«Scusa se mi manchi.» rispose acido lo youtuber, dall'altra parte del telefono. Harry scoppiò a ridere e appena si riprese, mormorò un timido «Anche tu mi manchi.» appena udibile, che mai avrebbe ripetuto, a meno che non fossero solo lui e il suo ragazzo i presenti alla conversazione.

«Sono riuscito a farti dire una cosa tenera, Harold. Mi ritengo soddisfatto. Oh, e sappi che porterò più spesso i miei genitori a cena.»

Harry alzò gli occhi al cielo, «E per quale motivo, Madame?»

«Simple, Harold. Sei un docile agnellino con loro accanto.»

Il riccio sbuffò una risata e appena sentì la campanella suonare, si trattenne dall'imprecare. Avrebbe voluto passare più tempo con Louis, ma purtroppo doveva frequentare la scuola, e aveva ormai fatto tante assenze, non poteva permettersi altri giorni persi per nulla. Inoltre, come se non bastasse, Niall quel giorno non era presente.

«È suonata la campanella, Lou, devo andare.»

«Va bene, sweetie, a dopo.»

«A dopo. E non chiamarmi sweetie.» replicò, incamminandosi verso l'entrata.

Louis rise e «Okay, sweetie. Ti amo.»

Harry per poco non inciampò nel sentire quelle parole. Riprese le proprie capacità fisiche (dato che quelle mentali ormai erano completamente andate), entrò nell'edificio, sussurrando un «Anche io, Loueh.» prima di chiudere la chiamata ed entrare in classe.

Ma le ore non sembravano passare mai. Lunghe e noiose spiegazioni, interrogazioni, correzioni di esercizi, un tre in storia. Sì, insomma, bel rientro a scuola.

Sbuffò uscendo dall'aula non appena suonò la ricreazione e si diresse verso la macchinetta che distribuiva cibo, prima di venire disturbato da urla provenienti dal cortile. Lasciò perdere il cibo e si incamminò verso la folla, spingendo e dando gomitate a tutti per passare e riuscire a vedere.

«Sei una troia, la tua famiglia è una merda! Per colpa di tuo padre ora dovrò trasferirmi, brutta figlia di puttana!» sbraitò una ragazza che Harry non aveva mai notato, contro Georgia Austin.

E sì, Harry poteva affermare di aver visto la seconda.

«Non è colpa mia se sei una poveraccia, Valentine. Con gli Austin non si scherza, stronzetta.» ribattè sicura la bionda, arrotolando una ciocca di capelli fra le dita e guardando con scherno la rossa, che tirò su col naso prima di avvicinarsi a Georgia e darle un sonoro schiaffo sulla guancia, correndo via subito dopo.

Harry rimase basito dalla situazione, e fece una smorfia nel notare che tutti stessero riprendendo la scena.

«Che è successo con quella ragazza?» chiese, avvicinandosi alla bionda, che lo squadrò da capo a piedi e «Troy Austin, non si tocca. Mio padre è una persona onesta, non merita tutte le brutte parole che quella stronza gli stava lanciando contro.» affermò, stizzita, prima di «Oh e in ogni caso non sono cazzi tuoi, gay di merda.» aggiungere, allontanandosi subito dopo.

Ed Harry per la prima volta, non si sentì infastidito quando le telecamere ripresero quella scena. Sì, era gay.

Quale era il problema?

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