La mattina presto

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Mia si alzò prestissimo, la mattina seguente: non voleva rischiare di arrivare in ritardo e di dover correre come il giorno prima. Prese il solito caffè amaro per avere la giusta adrenalina per affrontare la partenza: non vedeva l'ora di andare al lavoro, aspettava con ansia di rivedere Teo. Quella notte aveva sognato di loro: non ne era contenta perché si conosceva, si lasciava influenzare anche dai propri sogni, non sapeva se a tutte capitava così, li riviveva nell'arco della giornata, provava emozioni e si lasciava completamente influenzare da loro.

Si mise i suoi jeans preferiti, il maglioncino azzurro non troppo scollato ed un bel foulard, quello della mamma: la sentiva vicina,indossandolo. Stefania la salutò allegramente ancora con il pigiama indosso: sapeva che doveva essere al lavoro per le dieci e non capiva perché fosse pronta già alle otto. «Che succede stamattina, non sei stanca? Ho sentito che sei rientrata tardissimo ieri sera, e poi non devi andare più tardi in redazione?». E Mia, entusiasta:«Stefania, ho deciso che la mattina cercherò di uscire prima. Ho voglia di vedere la città, di conoscerla, di incontrare gente, di"sentire" Roma: gli orari non mi permettono di uscire il pomeriggio, quindi devo approfittarne la mattina. Poi sinceramente camminare penso che non mi faccia male, ho bisogno di pensare e passeggiare mi aiuta tantissimo. Oggi ho anche una certa agitazione,uscirà in edicola il giornale con il primo piano che ho fatto ieri sul prete pedofilo, voglio comprarne una copia». Si voltò verso di lei con un sorriso carico di aspettativa, Stefania la guardò annuendo e le disse: «Hai ragione, scusa Mia quasi dimenticavo, giusto... il giornale, dopo ne comprerò una copia. E' un onore averti come coinquilina» rise, strizzandogli l'occhio.

Miasi mise le scarpe, quella mattina aveva optato per un paio di stivaletti di pelle nera con il tacco basso, per non rischiare di arrivare a fine giornata con il sangue ai piedi come le era successo la sera precedente. Questi le avrebbero consentito di camminare senza problemi. Si preparò in bagno, in pochi minuti, giusto il tempo di illuminarsi le gote e togliersi le occhiaie odiose che le facevano sempre capolino dopo le notti insonni: infatti aveva dormito pochissimo nelle sere precedenti. La sua immagine riflessa nello specchio la soddisfaceva abbastanza: gli occhi erano grandi e chiari,la sua espressione stava cambiando con il tempo. Si vedeva e si sentiva sempre più donna. Si spalmò una punta di gloss alla ciliegia sulle labbra ed uscì dal bagno.

Tornò da Stefania che nel frattempo era tornata a letto, le diede due baci sulla guancia e un abbraccio fortissimo: «Non so davvero come ringraziarti, non smetterò mai di dirtelo, mi hai accolto in casa,hai spostato le tue cose in un angolo per me. Mi fai sentire a mio agio: non avrei potuto desiderare di meglio». Mia le era davvero grata e non risparmiava occasione per ringraziarla, la sua nuova amica. «Mia, devi smetterla di ringraziarmi, sono sicura che lo avresti fatto anche tu: so benissimo come ci si può sentire quando non si trova una casa e poi stai tranquilla, anch'io sono in debito con te, mi aiuti a pagare l'affitto e in più adesso non sono più sola».

Miasi sentì più sollevata. Era consapevole del fatto che contribuiva anche lei a pagare l'affitto ma le era grata lo stesso. Stefania si era resa subito disponibile con lei ed era stata molto accogliente.Per fortuna vi era anche un certo feeling, tra loro due. «A proposito, Mia: volevo chiederti se stasera ti va di unirti a noi, al mio gruppo di teatro. Dopo le prove andremo a bere qualcosa in un posto tranquillo. Avresti l'opportunità di conoscere gente nuova:che dici, ti passo a prendere? Fammi sapere l'ora». Mia fece un gridolino di gioia: le piaceva conoscere gente nuova, uscire e distrarsi le avrebbe fatto bene. Le ultime ore le aveva passate con un pensiero fisso in testa: Teo. «Certo, che bello! Vengo più che volentieri, passi dalla redazione? Non vedo l'ora. Adesso scappo, altrimenti faccio tardi anche stamani. Telefonami dopo, ci accordiamo», raccolse veloce le chiavi di casa dal comodino ed uscì soddisfatta. Prese l'ascensore per scendere, si fece coraggio. Aveva un'avversione per quegli aggeggi, soffriva di claustrofobia e per questo faceva sempre le scale: non le importava se erano tante, la paura di rimanere incastrata dentro quelle porte non le faceva sentire la fatica neppure di mille scalini. Quell'ascensore però era diverso dagli altri: l'affascinava tantissimo, era come quelli che si vedono nei film, con le pareti di ferro battuto e le porte da accompagnare con le mani. Le sembrava di sentire il profumo del legno. L'ascensore andava lento, cigolava anche un po' ma non le importava: le sembrava di essere in un set cinematografico, le venivano in mente le scene dei film che guardava le mattine d'estate a casa dei nonni, quelle ambientate proprio a Roma, dove si vedeva il Paese rinascere dopo la guerra, dove trasparivano l'ottimismo e la voglia di stare bene. Molte scene venivano registrate negli androni.Come se le ricordava volentieri quelle mattine, aveva ancora impressi il profumo della cucina della nonna e l'immagine del nonno sempre pronto a parlare con lei.

Ne era attratta talmente da quell'ascensore, che se avesse avuto tempo avrebbe fatto su e giù diverse volte solo per sentire lo scampanellio dell'avviso ai piani.


NOTA: il quadro in copertina è "Reflections" dell'artista apuana S. V. Kelly


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