Poco a poco tornai vigile dalla botta ma non vi nascondo la paura che stava soggiogando ogni millimetro del mio corpo. Sentivo il rombo di un camion e il freddo acciaio del veicolo sulla mia faccia. Non potevo vedere né tantomeno muovermi, poiché mi avevano legato le mani e i piedi, oltre ad avermi messo una benda sugli occhi. Avevo un male terribile alla testa. Non so quanto tempo sia stato inconscio, ma ero certo di esser stato portato via. Il tipo girato di spalle parlava di averne presi cinque per la 'missione'. Di che accidenti stava parlando?
Sento una forte frenata, che mi sbalza verso qualcosa di morbido e duro allo stesso tempo. Con le mani, seppur legate, provai a tastare l'ostacolo ritraendola all'istante. Per un attimo, avevo temuto di aver toccato il seno di una ragazza. Sentii dei mugolii leggeri di qualcuno che si stava svegliando, temendo di aver fatto qualcosa di imperdonabile.
Rumore di passi, che si avvicinano sempre più verso la porta. Sentii aprire e, in pochi secondi, rumore di passi di più persone, seguito dal sollevamento del mio corpo. Dove accidenti mi stavano portando? Cercai di tastare l'aria, non dissimile a quella che si respira in un istituto mentale, misto a quella di un ospedale; era talmente nauseante che quasi mi fece rovesciare. Venni sbattuto su una sedia, facendomi scappare un lamento di dolore. Mi venne strappata via benda dagli occhi e, per un paio di minuti, rimasi accecato e immobile.
"Ragazzino" mi sentii dire "Tu afere goduto qvesto viaggetto?"
"Ho viaggiato su compagnie migliori" risposi, rendendomi conto di aver usato del sarcasmo. Non era certo da me rispondere in quel modo.
"Ah ah ah, molto zpiritose qvesto ragazzino".
Appena i miei occhi si abituarono alla luce, vidi che c'era una signora alta, scarna, con due occhiali neri sul viso. Aveva dei capelli di colore fulvo, quasi spento e tendente al nero. Sbatté un pugno sul tavolo facendolo tremare.
Poi sentii dei passi e vidi la porta, posta sul lato sinistro dello stanzino aprirsi, dal quale comparve un elemento ben distinto. Fece due cenni con il capo e la donna si allontanò, uscendo. Mi guardò e poi disse:
"Spero che Grethel non ti abbia spaventato, giovane...".
"Spaventato? No" risposi. "Ho avuto a che fare con elementi peggiori di lei. Piuttosto, il viaggio non è stato dei migliori" puntualizzai.
"Per il viaggio devo chiedere scusa a tutti voi... Ma siamo stati costretti ad agire in questo modo..." Uscendo dalla zona d'ombra dello stanzino, disse: "Io mi chiamo Acid. Sono un esponente del gruppo di protezione digitale, sconosciuto alla maggioranza del mondo".
"E in quale missione sareste impegnati?" risposi, cercando di dimostrare che non ero l'ultimo arrivato.
Notai la reazione del suo volto, un misto tra preoccupazione e rabbia, quasi come se qualche informazione fosse trapelata in una qualche maniera. Nel giro di pochi istanti si ricompose e disse: "Sei sveglio ragazzo. Mi piaci". Fece poi cenno verso una delle finestre, facendo comparire due uomini, dando loro l'ordine di slegarmi. "Seguimi, devo informarti del motivo per cui sei qui e della missione che ti aspetta".
Uscendo dallo stanzino, attraversammo un corridoio bianco e immacolato. Raggiunta la porta, Acid la aprì con uno strano gesto della mano. Nella passerella che seguiva, sospesa a quasi una cinquantina di metri da terra, rimasi profondamente meravigliato dallo strano congegno posto sul fondo della stanza. Sembrava un gigantesco occhio elettronico di colore azzurro acceso
"Hai già notato HyNeLi, vero?" rispose Acid, dandomi sempre le spalle e continuando a camminare.
Mi sfuggì uno stupidissimo "HyNeLi?", al che mi rispose: "È un nome in codice. Sta per Hyper Neural Link. È il supercomputer per eccellenza e, al confronto, quelli in dotazione del governo sono delle lumache. Siamo in grado di accedere a tutti i livelli digitali di internet; proprio per la sua capacità, manteniamo le sue attività al di sotto del 12%. Questo fino al..."
"Al giorno delle scomparse planetari?" risposi, come per completare il discorso.
"Esattamente. HyNeLi si è attivato al 55% delle sue funzioni proprio nei successivi due giorni dal lancio di D.S.P. ... E credo che questo 'videogioco' sia strettamente correlato alle sparizioni planetari..."
Arrivato a una porta, posta dall'altra parte della struttura dove giaceva quell'occhio dall'aria poco rassicurante, l'aprì con un gesto ampio del braccio. Appena si dischiuse mi fece cenno di entrare. Non avevo molte opzioni, così varcai la soglia. Feci giusto due passi, quando Acid chiuse la porta dietro di me senza preavviso, lasciandomi al buio."E così, un altro è stato preso?" Una voce che non mi era nuova.
"Sarà il solito nerd di turno..." Un'altra voce di mia conoscenza.
"Quando la finirete? Ci hanno catturato perché sappiamo troppe cose..." Anche questa voce conosco.
"Ma quale sapere troppo! Hey tu, nuovo arrivato... perché non parli?"
"Non parlo perché non sapevo chi c'era nella stanza... Gerald".
"Ahaa, qualcuno si è fatto riconoscere qui, vero?" rispose la seconda voce.
"Perché, tu non ti sei fatto riconoscere, Riccardo?" risposi.
"E come fa a riconoscerci tutti? Aspetta, non sarai mica..." disse la terza voce.
"Si, signor Baxter, sono Albert Strauss..."
"Quindi devo far squadra con quello sfigato laggiù?" disse la voce femminile.
"A meno che non ci siano problemi, Demetra, puoi sempre chiedere di andartene da qui" risposi a tono.
Le luci si accesero di colpo e potei confermare che erano realmente loro quelli che avevo sentito. Ma cosa ci facevano in una struttura del genere? E cosa c'entravamo con la sparizione planetaria dell'umanità? Potei vedere tutti loro. Gerald era il mio compagno di classe delle elementari, un ragazzo serio ma dal cuore buono, con il suo immancabile ciuffo biondo separato dai capelli bruni. Poi fissai Riccardo, il mio compagno di videomail. Non avevamo mai avuto occasione di vederci di persona, visto che viveva in Italia; tuttavia, avendomi spedito delle foto avevo in mente chi era e qual'era il suo timbro di voce. Poi guardai il signor Tim Baxter, proprietario del supermercato che era a due isolati da casa nostra. Aveva passato un periodo difficile, a seguito della misteriosa scomparsa della signora Licia Baxter, ed era sprofondato nella strana ossessione dei videogiochi; in fondo, era un uomo dall'animo mite.
E poi lei. Demetra Helm. La primadonna della scuola, nonché eletta per due anni di fila capo del consiglio studentesco. E come ci si aspetta da una ragazzina altezzosa indossava tacchi, minigonna e uno stupidissimo top.
"Ma perché siamo stati radunati qui?" chiesi a gran voce.
"Ziete stat reglamat qvi perché voi ezere unici ezeri umane che pozono zalvare umanità!"
"Grethel, perché non ci date una spiegazione valida a questa storia? Che senso aveva essere presi di forza dalle nostre vite, per esser trascinati in questo posto dimenticato da Dio?" esclamo.
"Tu, piccole racazzine inzolente! Tu pacare care qvesta tua sfacciatacine!" Urlò Grethel dall'interfono.
'Maledizione' pensai, 'possibile che dovessi finire a far squadra con questa gente? A eccezione di Demetra, gli altri mi andrebbero anche bene, ma lei?' Poi mi ricordai con cosa ero entrato in contatto sul camion e subito divenni rosso come un pomodoro per la vergogna. Come facevo a saperlo? Semplice. La stanza era completamente ricoperta di finestre a specchio. Quelli che erano all'interno, insieme a me potevano vedersi riflessi, ma la domanda che tutti si erano fatti era: "Chi c'era dall'altra parte ad osservarci?"
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D.S.P. (Progetto sospeso)
Science FictionCosa potrebbe succedere se un ragazzo, che prova avversione per il mondo digitale, fosse costretto ad avvalersene, per risolvere il mistero delle numerose scomparse dal suo paese e del mondo? Amici, parenti... Persino suo fratello, sua sorella, i su...