30 - Alle porte di Infynia

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Di punto in bianco sentivo il mio corpo come se lo avessero legato a sacchi da cento chili. Mi risultava più difficile persino battere le palpebre. E ancora, sempre meno intermittente, la vista diventava rossa. Solo che vedevo anche delle bestioline, simili a vermi, che sgusciavano ovunque. Come se stavano nuotando nei miei occhi. Mi ero ripromesso che non avrei mai guardato quei documentari sulle malattie sconosciute. Cominciavo a comportarmi a metà tra l'ipocondria e la germofobia. Temevo che i vermi stessero nuotando nel mio cervello, dentro i miei occhi. Vi giuro che sto facendo fatica a raccontarvi questo dettaglio.

Comunque. Credevo di essere solo io che si sentiva fuori posto. In un secondo mi dovetti ricredere. Riccardo e Gerald erano spalle contro spalle, e stavano colpendo con diverse mosse qualcosa che stava davanti a loro. Ma non c'era nessuno. Demetra si teneva gli occhi coperti, e come li apriva, urlava e, richiudendo gli occhi, si girava dall'altra parte.

Jeena fu quella che mi stupì. Camminava e passeggiava tranquillamente, come se fosse esente dall'attacco della malattia del gioco. Si avvicinò a me, e senza proferir parola, mi tese la mano, invitandomi ad alzarmi e a seguirla. Non sapevo cosa stavo facendo, ma stavo agendo. Mi portò davanti a una porta, e la cosa mi suscitò stranezza. L'aprì davanti a me, e mi fece cenno di seguirla.

Incoscientemente, stavo camminando, seguendola con cieca obbedienza. Se non fosse che qualcuno mi abbracciò da dietro e poi mi sentii trascinare con forza e poi venir sbattuto a terra. Qualcuno si pose sopra di me. Sapete chi era? Era Jeena. Non ci stavo capendo nulla. La visione in malattia sparì, facendomi di nuovo godere la visione a colori.

"Dove stai andando?!"

"Io dovrei chiederti dove mi stavi portando!" ribattei.

"Tu stavi cadendo nella trappola di un Camaleonte. Prendono la forma che desiderano, per poi ingannare chi sta loro intorno, ipnotizzando i malcapitati e trascinandoli prigionieri attraverso porte di colore scuro. Per fortuna che ti ho fermato appena in tempo".

Quindi estrasse al volo una delle sue Spezzatuoni, e centrò all'istante il Camaleonte. Comparve anche un nome, poco prima di sparire. Aegis98 disconnesso. 

Avevo davvero visto quello che era successo? Un Camaleonte, in realtà era un giocatore? Ma non erano gli Exhuma a possedere un nickname? Non ci stavo capendo più nulla, e Jeena lo aveva capito all'istante. 

Vidi che gli altri si stavano avvicinando, segno che avevano smesso di agire follemente per colpa del virus. Un lieve tremore del terreno ci mise in guardia. 

Scesero dal cielo cinque sfere lucenti, dei colori dello spettro. Sembrava che in esse vi era imprigionato un arcobaleno. Erano belle da vedere. Gerald si protese verso una di quelle sfere, ma lo trattenemmo. Temevamo che fosse un'altra trappola di questo inferno. Ma poi, quei colori erano attraenti per tutti. Ci facemmo coraggio, e appena fummo pronti, le toccammo tutti insieme, a ciascuno una sfera. 

Come se avesse ricevuto un comando, la sfera liberò una luce potente, incredibile, carica di energia vibrante e ristoratrice. Stava entrando in ognuno di noi, e stava letteralmente caricando la nostra forza a livelli estremi, livelli inimmaginabili. Calore, potere, come se scosse di energia entravano in noi e ci stavano caricando come batterie. Poi silenzio.

Riprese in modo ancora più spettacolare a caricarci tutti assieme, sollevandoci in aria e facendoci vedere dall'alto il Mondo Argento. L'infernadeadalus, il mar Diamante (che non riuscimmo a esplorare), le foreste sante, i rilievi di Clor'chun, adiacenti a Ran'tzorm e alla zanna del puma, per poi vedere la cittadella in lontananza, brillante come un gioiello incastonato nelle rocce eburnee che la circondavano. Sotto di noi, l'energia sprigionata dalle sfere continuava a salire, e queste ultime si stavano ritirando. Alla fine pensai che non era altro che il passaggio al livello successivo. Stavamo andando al terzo, e si sperava, ultimo piano dell'albero di Yggdrasil. 

Infynia: poteva significare qualunque cosa, qualunque pericolo, creatura, sfida. Poteva anche significare nulla, dato che non avevamo alcun indizio su cosa avremmo incontrato. Guardammo verso l'alto, e qualcosa si stava stagliando in cielo: una sorta di apertura, opportunamente nascosta, per non permettere l'accesso a chiunque. Forse era una sezione dedicata a pochi, a coloro che avrebbero mostrato la loro abilità, la loro resistenza. Creature alate ci vennero incontro, osservandoci e allontanandosi. Cosa mancava adesso, che stessimo andando al cospetto degli angeli? Erano molto simili agli umani, con ali dai colori più strani, e i loro vestiari non erano certo da meno.

Eravamo prossimi ad attraversare il velo di luce, velo che brillava di luce pura e intensa. Con il cuore che palpitava veloce, simile a quando correvo per sfuggire ai bulli, avevo l'adrenalina a mille. 

Aria fresca, come se fossimo stati portati all'esterno. Tenevamo gli occhi chiusi, anche perché la luce era troppo per noi. Se era digitale ormai non aveva più importanza. Avevo iniziato ad esplorare nuovi mondi semplicemente usando la mente. Stavo per rivalutare la mia idea sui videogiochi, se non fosse per quello che accadde di seguito.

Provai timidamente ad aprire gli occhi. Eravamo in circolo tutti e cinque, in piedi. Il bianco dominava in modo assoluto, almeno, nella stanza dov'eravamo. Avvisai i ragazzi senza emettere un fiato, semplicemente toccandoli. Anche loro avevano capito il gioco. Si guardarono attorno, e non vedevano altro che bianco, solo, forse, di qualche gradazione più bassa. A terra c'era una sorta di cerchio. Semplice, di color oro, e altri cinque cerchi, argentati, grandi quanto le sfere che avevamo toccato in precedenza. Ci allontanammo da quel cerchio, per esaminare al meglio il nuovo spazio di gioco.

Era come essere in un cubo, senza ingressi, senza spifferi, senza niente. Pareti immacolate. Claustrofobia in arrivo.

Sì, sono un ragazzo problematico, specie se vengo messo in situazioni e contesti disagevoli.

Sentii il suono di uno scatto a pochi passi da me. Gerald stava camminando come un gambero, cioè all'indietro, e qualcosa si era abbassato. Una sorta di mattonella, ma nella mia concezione del pericolo immaginavo le peggiori trappole che potessero esistere.

Altri scatti, che imperversavano nella stanza, il tutto ci fece preoccupare. Poi una voce elettronica, dal timbro molto potente, quasi celestiale, disse:

"Voi siete la dodicesima ed ultima squadra che ha avuto il potere e la possibilità di poter entrare a Infynia. Lode a voi. È giunto il momento di percorrere le nove case, sconfiggere i guardiani digitali, a capo di immensi eserciti, e raggiungere la decima casa, dove giace in grande attesa colui che aspetta la liberazione... Lode a voi! Possiate sconfiggere il morbo che imperversa le nostre terre!"

Il cubo, come se fosse diventato instabile, si distrusse in migliaia di pezzetti minuscoli, svelando un nuovo paesaggio. Il bianco dominava incontrastato, mentre oro, argento e altri materiali preziosi si intrecciavano nelle strade, nelle costruzioni, nelle colonne e in tutto ciò che esisteva ad Infynia. 

Era giunto il momento di affrontare gli ultimi nemici, e uscire dal mondo di D.S.P....

D.S.P. (Progetto sospeso)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora