23 - Mondo Cenere - In fiamme

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Un debole rumore, simile al muggito di un toro, si percepiva tra le rocciose mura del labirinto. Non volevo certo affrontare un oscenità ispirata a un opera letteraria come quella di Teseo e il Minotauro. Provai a salire da lì, per venire sbalzato indietro da quella che sembrava una una barriera invisibile.

Provai a girarmi indietro, e un muro di fuoco si alzò dalla lava. Se ancora non era chiaro, si poteva andare solo avanti, senza evadere dal labirinto, e senza la possibilità di tornare indietro. Ci guardammo tutti e cinque, deglutendo, e decidemmo di andare avanti. Non avevamo altra scelta.

Ancora quel muggire che imperversava tra le gallerie. Sembrava di sentire un canto di rassegnazione di un prigioniero che, per ingannare il tempo e l'avverso, crudele destino, sembrava invocasse un canto a metà tra l'abbandono della speranza e l'aiuto a porre fine alla prigionia in modo definitivo. Se mi chiedete come facevo a saperlo, basta che vi dica che quel canto, così mesto e cupo, trasmetteva le stesse sensazioni che provavo nella vita reale. Anch'io sentivo di voler terminare la vita che vivevo, così monotona e scontata, ma di certo non con un suicidio.

Questo gioco ERA da suicidio. Cercando di non far troppo macello, ci muovevamo con i nostri mezzi a una velocità tale da poter fare strada, ma senza farci scoprire. Jeena si rizzò in piedi, tenendosi alla barra del veicolo, mentre a gesti ci indicò la strada. Voleva correre il rischio di scoprire chi era l'individuo, o qualunque cosa fosse, a generare quel canto così triste e cupo. Tanto di cose strane c'è n'erano state, ne avevamo affrontate parecchie. Che differenza ci sarebbe stata tra una in più o meno? Io avrei preferito non avventurarmi oltre, e mi stavo pentendo amaramente per non aver effettuato la disconnessione dal gioco.

Il labirinto non dava indizi o segnali chiari per avere un percorso preciso da seguire, quando notai che c'erano delle bruciature segnate tra le rocce. Avvicinandomi, notai che quelle non erano bruciature.

Sangue. Come se fosse stato sparso sotto forma di vernice, e il calore, o una fiammata, avesse bruciato quella traccia. Arrivammo in quella che poteva sembrare una piazza, per la prima volta c'era terreno calpestabile, per poi proseguire nella lava con almeno tre diverse vie per proseguire. Provai a fare una cosa che avevo imparato in un libro dei boy-scout: presi tre sassi da terra, e li lanciai in ciascun percorso, per poi ascoltare con attenzione. Tutti e tre avevano lo stesso tono, segno che i passaggi erano profondi e non dei vicoli ciechi. A un certo punto, quattro muri di fuoco e lava chiusero l'accesso davanti e dietro di noi. Stavano arrivando i guai, e non si sarebbero fatti attendere.

Comparvero dal nulla, quasi come se fossero stati generati, diversi esemplari di Exhuma, coperti di lava. Sicuro come la morte: se li toccavamo con attacchi corpo a corpo ne avremmo subito le conseguenze. "Ragazzi, solo attacchi a distanza, non toccateli!" urlai loro.

Demetra, che non era ancora scesa dal suo veicolo, cominciò a lanciare le sue spade nello stesso modo fatto con il Gelotroll di Ran'tzorm, eliminando almeno una quindicina di unità. Per Jeena non ci sarebbero stati problemi, dato che brandiva le sue spezzatuoni, mentre Gerald e Riccardo, in coppia, lanciavano attacchi a distanza, il tutto cercando di evitare con accuratezza il loro contatto fisico. Tra queste creature, però, comparve un Exhuma dal comportamento imprevedibile. Mi puntò, esattamente come un predatore che insegue la preda ambita, e mi saltò addosso, immobilizzandomi a terra. Il contatto fisico toglieva due punti vita ogni cinque secondi. Sembrava poco, ma ne sentivo gli effetti, come se mi avessero messo dei ferri bollenti appena tolti dal fuoco sui vestiti. E aveva una faccia familiare... non avrei creduto di incontrare quella pazza di mia sorella Annie; non sapevo cosa fare, così per la prima volta agii per istinto. Cominciai a cantare. Mi presero per folle quelli della mia squadra, credendo che ci fosse qualche effetto secondario nei danni che stavo subendo. Io, nel frattempo, stavo cantando una canzone degli Honeylove, uno di quei gruppacci che mia sorella ascoltava con il volume a palla. Vidi che la sua espressione cambiava, e continuai a cantare, mentre con lo sguardo, dissi ai miei compagni di finire l'orda di Exhuma rimasti, mentre avrei, nel frattempo, cercato di recuperare la sanità mentale di Annie. Mi stavo davvero pentendo per questo azzardo. Non era nei miei standard cantare canzoni smielate, ma ero convinto che mi avrebbe permesso di salvarla. Solo che in quel momento, dimenticai l'ultima frase dell'ultima strofa; ero nel panico, e la sua espressione stava tornando a quella di un mostro in preda alla fame. "Ma certo!" esclamai a voce. 'Io avrò bisogno di te...'.

Annie, come se si fosse svegliata dall'ipnosi di cui era vittima, disse: "Sc...emo... n-non si ca...n...ta cos..ì..." per poi vedere le che si metteva le mani tra i capelli, urlando talmente ad alta voce da far tremare tutte le mura, comprese quelle di lava. "Alla faccia della voce!" esclamò Gerald, tappandosi le orecchie, come il resto della squadra. Si alzò di sopra a me, corse verso il muro, e con un forte scatto sfondò la parete. Era diventata totalmente pazza? Si sarà rammaricata di avermi colpito? Io ero convinto nel modo più assoluto che avessi rovinato la sua canzone preferita, e forse questa terapia d'urto era servita a farla rinsavire. Avevo riportato 580 punti danno dalle bruciature. Ora, oltre ai normali Exhuma, ne avevamo affrontati alcuni di tipo elementare. Almeno ora, ero sicuro che all'appello mancavano Nick... e Munch, il mio amato cane.

Altre tracce di sangue bruciato a terra. Le tre mura di fuoco si dissolsero, lasciandoci di nuovo la possibilità di proseguire. Mi girai nuovamente verso il varco creato da quella matta di mia sorella, per scorgere qualcosa di luminoso al suo interno... Senza attirare l'attenzione degli altri, che nel frattempo si stavano fasciando le ferite riportate, andai a controllare, per scoprire qualcosa di inaspettato. Una pergamena, ma stranamente, era di colore nero. Pessimo presagio. Tuttavia, decisi di inserirla nell'inventario, e per maggior sicurezza, la misi nella quindicesima pagina, nell'ultimo slot disponibile, lontano dalla vista degli altri. Non volevo avere segreti con gli altri, ma temevo all'idea di quello che ci fosse sigillato al suo interno.

Avevo già rischiato una volta quando avevo imparato la tecnica del mutacorpo, quindi non avrei corso nuovamente lo stesso rischio. Alla fine decidemmo che, visto che eravamo in quattro, e le strade soltanto tre, di dividerci. Io e Jeena, essendo sullo stesso veicolo, andammo verso destra, mentre Demetra, presa probabilmente dalla gelosia, e senza proferire parola, prese il suo mezzo e si gettò nel viale di sinistra. Gerald e Riccardo, seppure non andavano molto d'accordo, fecero un tentativo di collaborazione ed entrarono nel corridoio di centro. Ci saremmo tenuti in contatto con la chat di squadra, funzione che non avevamo ancora adoperato. Nel mentre che stavamo viaggiando, continuavamo a sentire il canto della bestia, che invocava il perdono per aver agito da belva, e pregava che qualcuno lo punisse...

Ora me la stavo facendo veramente sotto, e questa sensazione era moltiplicata per mille.

Ero stanco di questa oscenità digitale. Pregavo che un miracolo, di qualunque forma essa fosse, avvenisse.... 

D.S.P. (Progetto sospeso)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora