55 - Confessioni

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Albert's POV

Gli scossoni e le turbolenze c'erano, ma tutto sommato il viaggio era piacevole. Potevo vedere il meraviglioso tappeto di nuvole che si estendeva ovunque guardassi, interrotto qua e là di spazi dov'era possibile vedere la terra, le colline e le città, ormai ridotti a piccoli puntini. Vedevo Lionel conversare amichevolmente con Tim Baxter, mentre Gerald dormiva nella poltroncina del lato opposto, appoggiato con la testa tra la spalliera e la parete.

Nello stesso tempo, vedevo Demetra che parlava in modo amichevole con Angelica, e continuavo a ripensare che non poteva essere vero; non poteva essere possibile che un essere umano, da tempo digitalizzato, era stato riportato nella realtà; eppure ecco, la vedevo con i miei occhi, la potevo sentire con le mie orecchie, e l'avevo anche abbracciata. Il posto accanto a me era vuoto, ma ben presto, il mio flusso di pensieri venne interrotto, quando qualcuno si sedette con convinzione sul sedile di fianco a me. E per sedersi con convinzione, intendo buttarsi sulla poltroncina quasi come se si dovesse sfondare.

Mi girai e vidi Jeena, che mi osservava. Anche se aveva un bel sorriso, nei suoi occhi percepivo tristezza, rabbia, dolore. Come se avesse dei segreti che le consumavano l'anima. Mi girai, e vi dirò: fu la conversazione più profonda della mia vita.

"Allora... che si dice? Dai raccontami cosa è successo nel frattempo che tu eri nel gioco!"

Non avevo molta voglia di raccontare ciò che avevo vissuto lì dentro, specie nel frangente che precedette il loro ritorno. Poi cominciai come a leggere fra le righe, come se qualcosa mi fosse sempre stato taciuto e mai svelato. Perciò acconsentii alla sua richiesta.

Quindi dissi, tutto d'un fiato, cominciando a raccontare cosa ci eravamo detti, cosa avevo sentito, le sensazioni provate, tutto. Perfino i pensieri che avevo partorito, l'aiuto di Angelica, le memoria di Blacksmith... non risparmiai niente. E per ogni dettaglio enunciato, i suoi occhi, azzurri e sognanti, stavano stillando gioia... ma anche tristezza. E lacrime.

Mi fermai appena vidi che piangeva, e anche lì vidi che qualcosa non quadrava. Prese un fazzoletto di stoffa, si asciugò le lacrime, quindi cominciò a frugare nella tasca, fino a tirare fuori il suo Exphone.

"Sai Albert, ti devo chiedere scusa. So che dopo tutto quello che ti dirò mi odierai, e sarà più che giusta una reazione del genere... specie dopo che ti avrò svelato la grande burla".

"Di che stai parlando? La grande burla?" chiesi confuso. Eppure, non mi sentivo così confuso. Nella mia mente si stavano formando tanti possibili scenari, ma fra questi uno dominava prepotente, e stavo pregando ogni divinità possibile che non fosse ciò che stavo pensando.

"Io ti conosco già da un bel po'. Sono stata obbligata a un gioco che mi sarebbe costata la carriera scolastica. Conosci la presidentessa del consiglio studentesco?"

"Sì, e se non erro è imparentata alla lontana con Demetra" risposi.

"Davvero? Questo non lo sapevo, ma il punto è che la presidentessa, ovvero Clarissa Meltz, quella biondina tutta in tiro, insieme alle sue seguaci, mi ha minacciata di farmi espellere, di farmi abbassare tutti i voti, e peggio giocarmi qualche brutto tiro e far ricadere la colpa su di me. E per timore, ho chiesto di fare qualsiasi cosa, purché non mi causassero danni..."

"Quindi, mi dissero di scegliere una vittima fra le dieci designate su un quaderno. Così, senza nemmeno guardare, puntai il dito e uscì il tuo nome. Mi dissero che dovevo illuderti in una qualche maniera, e poi farti presentare a scuola e giocarti un brutto tiro. Ricordi il primo giorno sull'autobus quando ti dissero di voler rovinare la tua esistenza? In quell'istante mi ero pentita di esser scesa a compromessi, e ho giurato su me stessa che avrei trovato il modo di riscattarmi, di fargliela pagare a quel branco di ragazzine per avermi presa di mira..."

D.S.P. (Progetto sospeso)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora