CAPITOLO 12

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TOC, TOC, TOC.
Qualcuno bussa alla porta ma nessuna di noi ha intenzione di alzarsi per aprire. Ginevra è spaparanzata sul lettone a fare zapping con il telecomando in mano. Lara è sdraiata sul suo letto, che è il letto in basso del letto a castello, ad ascoltare la musica con le cuffie (spesso ha bisogno di alcuni momenti in cui rimanere da sola e non parlare con nessuno ... e ora è proprio in uno di quei momenti).
Monica è seduta con me sul mio letto, chiacchieriamo e giochiamo a carte.

TOC, TOC, TOC.
Di nuovo. Alzo gli occhi dalle carte e vedo che né Ginevra né Monica si sono mosse di un millimetro: la prima sembra imbambolata in uno stato catalettico di fronte alla TV, mentre la seconda sta sistemando le sue carte, con la punta della lingua fuori dalla bocca, per concentrarsi meglio. 

<<Gin, vai tu?>>
Lei non mi guarda neanche e mormora qualcosa in aramaico antico, probabilmente.
<<Moni?>>
La mia amica mi guarda intensamente negli occhi e fa cenno di no con la testa.
<<Assolutamente no, potresti sbirciarmi le carte! Vai tu!>>
Io le faccio un mezzo sorriso.
<<Ma tu potresti sbirciare le mie.>>
<<Ma io sono una brava persona.>>
So che non potrei vincere con lei perché ha sempre la battuta e la lingua pronta. 

Mi sporgo dal mio letto in alto, verso il letto di Lara che è esattamente sotto al mio, ma capisco che non ha neanche sentito la porta.

TOC, TOC, TOC.
Sbuffo e scendo dal letto.
<<Siete delle brutte persone!>>
Mormoro alle mie amiche e mi dirigo verso la porta. 

TOC, TOC, TOC.
<<Arrivo!>>
Ma state un po' calmi, signori, chi sarà che ha una così fretta di entrare nella nostra camera?
Appena apro la porta rimango a bocca aperta, incantata. Davanti a me si trova un ragazzo sorridente. Dovrebbe avere più o meno la mia età, ma è più alto di me di circa quindici centimetri. Ha i capelli scuri che gli incorniciano il viso bellissimo e perfetto e due occhi nerissimi che sono insistentemente piantati nei miei banalissimi occhi marroni. Il suo fisico è asciutto ed è coperto dalla divisa bianca e rossa dell'hotel.

<<Ciao, io sono Aiden.>>
Si libera la mano destra, lasciando cadere la valigia che teneva in mano, e me la porge. Io la guardo e, dopo qualche secondo, gliela stringo. La sua presa è forte e decisa e inizio ad arrossire. 

<<E tu ce l'hai un nome?>>
Mi guarda sorridendo, mentre cerca di sfilare la sua mano dalla mia, che, nel frattempo, è diventata appiccicaticcia e sudata. Quando capisco cosa sta cercando di fare, mollo la presa asciugandomi la mano nella maglietta. 

<<Sì, io sono ... sono ... io mi chiamo Astrid.>>
Sorrido guardando il pavimento, come faccio sempre quando sono in imbarazzo.
<<Bel nome. Strano ma bello.>>
Io mi stringo nelle spalle e lo ringrazio.
<<Bene, sono venuto a portarvi le valige.>>
Io mi appoggio alla porta. Aiden continua a guardarmi e io continuo ad arrossire sempre di più. Non capisco perché continui a fissarmi. Forse ho qualcosa sulla faccia? Inizio a toccarmi il viso per togliere qualsiasi cosa ci sia che mi renda orrenda davanti ai suoi occhi, ma il ragazzo continua a guardarmi. Forse ho i capelli spettinati? Cerco di lisciarli meglio che posso, ma Lui è ancora lì e mi guarda. Mi mordo il labbro e mi guardo intorno, come se potessi, in questo modo, diminuire l'imbarazzo della situazione.

<<Mi fai entrare?>>
Chiede. Io corruccio lo sguardo e non capisco perché voglia entrare. Oh mio Dio, questo ragazzo mi ha già spappolato il cervello e non riesco più a pensare intelligentemente. Sto già per dirgli di no ma lui alza le mani e prende la parola prima di me.

<<No no, hai frainteso. Devo entrare per portare le valige>>
Mi sorride scoprendo i denti perfetti. Mi sento una sciocca e inizio a sudare come faccio sempre dopo aver fatto una bruttissima figura, iniziando a pensare: chissà cosa cavolo sta pensando di me. "Astrid, sei una sciocca. Una piccola ragazzina sciocca e senza cervello!" Perché non ci ho pensato prima? Ma perché sono così cretina?

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