CAPITOLO 2

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Sto correndo per andare a prendere il pullman, perché, essendomi rintanata in bagno, ho fatto tardi e rischio di dover tornare a casa a piedi. Muovo le gambe abbastanza velocemente e, intanto, penso a quello che è successo. Non riesco a togliermi dalla testa le ultime immagini che ho di Lui e il fatto che se ne sia andato senza salutare nessuno. Mi chiedo come abbia potuto perché, dopotutto, siamo sempre i suoi compagni di classe e ci conosciamo da quattro anni. Nella mia testa, l'odio, inizia a prendere a gomitate l'amore per farsi spazio e così inizio a maledirlo e a insultarlo: "Che maleducato, i suoi genitori non gli hanno insegnato che si salutano le persone che conosci? Non ce l'ha un cuore? E una coscienza? Un cervello? Ragiona con cosa? Eh, lo so io con che cosa ragiona! Perché non ha salutato nessuno?! Che stron..."

SBAM!

Vado a sbattere contro qualcuno. Sento due braccia che mi allontanano dall'ostacolo che mi ha bloccato la strada e sento una voce:
<<Tutto bene?>>
Sbarro gli occhi e il cuore inizia a palpitare come un forsennato. Non ho più fiato, come se avessi appena finito di correre. Lo conosco questo effetto. L'amore rientra esultando nel mio cervello e l'odio si nasconde, piccolo, piccolo, in un angolo.
<<Sei tu Astrid?>>
Lo sapevo. Conoscerei questa voce anche in mezzo al rumore di un concerto rock. Alzo lo sguardo, guardo per un secondo colui che mi sta di fronte e, senza pensarci neanche per un secondo, allaccio le mie braccia intorno al suo collo e lo stringo forte a me.

Il suo profumo mi pizzica le narici. Profumo di Gabriel. Profumo di casa. Lui mi stringe ancora di più e affonda il naso tra i miei capelli. I miei occhi si riempiono nuovamente di lacrime, mentre mi stringo a lui con tutta la forza che ho nel corpo. Lo abbraccio così forte che posso sentire il suo cuore che batte e sento la pressione del suo corpo sul mio.

Esistiamo solo noi due e per la prima volta, me ne frego del giudizio degli altri. I passanti ci guardano incuriositi. I bambini ci guardano spalancando le bocche. Gli anziani si allontanano da noi borbottando qualcosa di incomprensibile sotto voce. I ragazzini ci indicano e sghignazzano, mentre le ragazzine ci guardano sognanti. Gli adulti ci passano a fianco e sorridono, ricordando, forse, i tempi passati, quando anche loro, insieme alle loro anime gemelle, potevano permettersi di mostrare il loro amore al mondo intero. Loro non sanno, però, che, anche se lui è l'altra mia metà, io non sono la sua.

Platone sosteneva che, in origine, gli uomini fossero esseri perfetti, senza distinzione tra uomini e donne ed erano felici così. Completi. Un giorno, però, Zeus, invidioso di tale perfezione, li spaccò in due: da allora, gli uomini, sono in continua ricerca della loro altra metà, della loro metà mancante, perché, senza di essa, sono incompleti e sono infelici. Ma Platone non si è mai posto una domanda fondamentale: cosa accade se tu trovi la tua altra metà ma tu non sei la sua? Esiste una cura a questo genere di dolore?

Non vorrei mai lasciarlo andare, ma ho fatto una promessa, quindi mi stacco a malincuore. Sento il suo sguardo fisso su di me, come è capitato tante volte ma io, questa volta, non ho il coraggio di rispondere e tengo gli occhi fissi sull'asfalto. Lui si è accorto che sto piangendo e mi asciuga una lacrima dalla guancia.
<<Cos'è successo Astrid?>>
Mi domanda seriamente preoccupato.
Il cuore mi spinge a raccontargli tutto, ma il cervello scende e gli tappa la bocca, così mento.
<<Nulla Gabriel. Non ci eravamo salutati e volevo solo augurarti buone vacanze.>>
Mi sforzo di sorridere, anche se so di sembrare più una ragazza che ha appena subito una plastica facciale che una ragazza felice ed entusiasta durante il suo ultimo giorno di scuola. Se lui non mi ha creduto, non lo da a vedere e si beve ciò che gli ho risposto.
<<Oh grazie. Buone vacanze anche a te allora. Ciao, e fai la brava.>>
Mi sorride ammiccando. Il cuore si scioglie.
<<Certo.>>
"E cosa mai potrei fare senza di te?"
<<Allora ciao.>>
<<Ciao.>>
<<Ci sentiamo, okay?>>
<<Okay.>>
<<Ciao.>>
<<Ciao.>>
Ci guardiamo un'ultima volta e poi ci incamminiamo, ognuno in una direzione diversa, pronti a ricominciare da soli.
<<Ti amo.>>
Sussurro, consapevole che non lo sentirà mai. Sperando solo in un soffio di vento che porti il mio messaggio a lui. Improvvisamente Gabriel si ferma, si volta e mi guarda. Io, allora, ricomincio a camminare e lui fa lo stesso.
Addio.

Mi appoggio al finestrino dell'autobus, con le cuffie nelle orecchie, mentre guardo fuori. E' una bella giornata, c'è il sole, fa cado e tutti sono a divertirsi. Sospiro. E allora perché io sento un gran freddo dentro l'anima?

Non voglio più pensarci. E' arrivata l'estate e mi devo divertire. Tolgo le cuffie dalle orecchie e ripongo l'ipod nello zaino, ma mi accorgo troppo tardi della canzone che sta passando in radio.

<<...Summer has come and passed the innocent can never last Wake me up when September ends...>>
La nostra canzone. Wake me up when september ends è la prima canzone che abbiamo ascoltato insieme e, da quel giorno, la considero nostra. Alzo gli occhi al cielo. Oggi non è giornata. Mi sporgo verso l'autista e gli chiedo se, per favore, può spegnere la radio.
<<No, ragazzina. La radio mi aiuta a concentrarmi e distoglie le mie orecchie dai vostri pettegolezzi infantili.>>
<<Potrebbe allora cambiare canzone o stazione?>>
Lui emette una risata di scherno e fa cenno di no con il dito.
<<No no no!>>
<<La prego, è importante!>>
<<Non se ne parla nemmeno, è la mia canzone preferita!>>
Io, spazientita, alzo la voce più del dovuto e tutto il pullman si zittisce. Non c'è mai stato così silenzio, nemmeno alle 8.00 del lunedì mattina.
<<Ma senta, ha l'età di mio nonno e ascolta i Green Day?>>
L'autista non mi risponde ma, per ripicca, alza il volume al massimo e inizia a canticchiare con il suo vocione stonato. Non si è accorto dei miei occhi rossi? Non si è accorto del respiro mozzato? Non si è accorto che il mio cuore batte a metà? Pure un cieco lo avrebbe notato. Pure un sordo se ne sarebbe accorto.

Le orecchie sono piene di quel ritmo e i ricordi iniziano a volarmi in mente. Per bloccarli gli strappo le ali, mi ficco nuovamente le cuffie nelle orecchie e alzo il volume al massimo. Mi siedo a braccia conserte e mi riappoggio al finestrino.

"Destino infame, smettila! Non lo capisci? Devo stargli lontano! Basta! Non puoi farmelo incontrare tutti i giorni, nei luoghi più impensabili! Finiscila! Non voglio più ascoltare alla radio le stesse canzoni che ascoltavo con Lui! Deve starmi lontano! Deve imparare ad odiarmi ... Devo imparare ad odiarlo ... Deve uscire per sempre dalla mia mente, e dal mio cuore, e dai miei pensieri, dal mio tutto. E questo è impossibile se ti interponi continuamente alla mia volontà, stanne fuori! Non sono fatti tuoi! Così non mi aiuti ... io lo devo fare e tu continui a impedirmelo. Per favore, smettila ..."

Non vedo l'ora di imbozzolarmi nel mio letto e mettere a tacere i pensieri fino al mattino, dopotutto, domani è un altro giorno.



"A mano a mano 
Mi perdi e ti perdo 
E quello che è stato
Mi sembra più assurdo"  

Riccardo Cocciante - A mano a mano

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