CAPITOLO 35

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Mi accoccolo sul sedile e sento il braccio di Monica che si fa strada sulla mia spalla e cerca di abbracciarmi.
<<E' tutto okay.>>
Mormoro con le lacrime che ancora campeggiano sul mio viso.
<<Sfogati pure, sono qui per questo.>>
Sussurra lei.

Ginevra capisce che ho bisogno di riempire quel silenzio imbarazzante e pieno di ricordi che mi stanno facendo morire, allora accende la radio e alza il volume.

Io mi appoggio al finestrino, chiudo gli occhi e mi stringo forte al cuore il suo ultimo biglietto, che porta ancora il profumo di Aiden. Poi mi addormento mentre il cuore annega.

Mi sveglio quando Monica mi scuote dicendomi che siamo di fronte a casa mia. Allora mi tiro su, cerco di ricompormi perché i miei genitori sono fuori in giardino e mi stanno aspettando. Hanno un sorriso a trentadue denti ciascuno e sprizzano felicità da tutti i pori. 

Non gliel'ho detto. Loro non sanno ancora nulla di Aiden. Non ho avuto il coraggio di affrontare l'argomento. Fingo un sorriso che appartiene solo alle labbra, prendo le valigie, saluto le mie amiche e corro incontro alla mia famiglia, che mi accoglie a braccia aperte. 

Solo adesso, sentendo l'abbraccio caldo di mia madre e le carezze affettuose di mio padre, capisco che mi sono mancati tantissimo e che ho bisogno di sfogarmi con qualcuno. E così, di punto in bianco, tra le loro braccia, ricomincio di nuovo a piangere. Mi accascio per terra perché le braccia di mia mamma non sono abbastanza forti da sorreggere il peso di tutta la tristezza che mi gonfia il cuore. Piango come una bambina, come quando, al supermercato, mi buttavo per terra facendo i capricci perché desideravo un gioco. Ora, più di dieci anni dopo, si ripete la stessa storia: sto facendo i capricci e piango buttandomi a terra per il ragazzo che, ormai, non potrò avere fisicamente accanto a me.

Sento i miei genitori che mi chiedono cos'è successo, se ho litigato con qualcuno o se mi hanno fatto del male. A ogni loro domanda io rispondo scuotendo la testa. Percepisco la loro preoccupazione e li posso capire: lo sarei anche io se mia figlia si fosse buttata a terra a piangere come una fontana.

Mia mamma mi fa sedere sulla poltrona in salotto, mentre mio padre va a prendere un bicchiere d'acqua.
<<Cosa c'è, amore?>>
Chiede lei con la preoccupazione negli occhi.
<<E' successo qualcosa di brutto?>>
Chiede mio papà con i lineamenti distorti dal dolore.

Dillo Astrid, dillo. È il momento giusto. Dì loro cosa stai provando. Dì loro cosa hai provato per due anni e mezzo. Dì loro cosa hai dovuto sopportare per settimane. Diglielo. 

Parla loro di Gabriel. Di come ti ha fatto soffrire. Di come è felice con un'altra. Dì loro del tuo cuore ferito e poi guarito. 

Raccontagli di Aiden. Racconta di come ti ha salvata. Racconta di quanto ti sei divertita. Di quanto ti ha fatto bene il suo amore. Diglielo Astrid, diglielo. Parla con loro. Parla Astrid, parla. 

Non tenerti tutto dentro. Prima o poi esploderai. Sii fiume. Sii mare. Sii tempesta. Trova il coraggio di esprimere i tuoi sentimenti. Non l'hai mai fatto, fino ad ora. E' il momento giusto di imparare. Sii coraggiosa come quando hai cantato davanti a tutti. 

Sii coraggiosa come Michele e Salvatore. Sii coraggiosa come Aiden. Sii coraggiosa come lui ti ha insegnato. Rendilo fiero. Fa che il vostro amore non sia stato vano. Dai Astrid, è il tuo momento. Parla. Vola.

E, così, ho spiegato le ali e, con i miei genitori, ho percorso, per tutta la notte, il viaggio della mia vita, partendo da Sole, attraversando Gabriel e approdando su Aiden.
I miei genitori mi ascoltano meravigliati. Mia mamma ha gli occhi lucidi, mentre mio papà gironzola per la stanza con fare nervoso. L'amore è nell'aria, stasera. 

Parliamo fino al mattino. È come se avessero impiantato dentro di me una molla che mi impedisce di stare zitta. Devo parlare con loro. Ho bisogno di sapere se tutte le decisioni che ho preso, sono state corrette. Ho bisogno di capire se loro sono dalla mia parte. Ho bisogno di loro. Ho bisogno del loro affetto. Della loro comprensione. Della loro spalla su cui piangere. Del loro amore.

<<Astrid ... perché non ci hai detto nulla?>>
Perché non ti ho detto nulla, mamma? Perché le persone indossano sempre una maschera. Perché hanno paura del giudizio degli altri. Perché hanno paura di essere ritenuti degli "sfigati" se non si vestono, pensano o si comportano come la massa. Perché le persone hanno paura di essere giudicate deboli se mostrano i loro veri sentimenti. Ecco perché, mamma. 

<<Non ho detto nulla per paura del vostro giudizio. Del giudizio degli altri in generale.>>
Mia mamma mi bacia la fronte e mio papà mi abbraccia.
<<Noi saremo sempre con te, lo sai?>>
<<Lo so.>>
<<Ma tu devi raccontarci sempre tutto. Non vogliamo che finisca come è finita stasera: di te che crolli a piangere in giardino perché hai dovuto sopportare tanto e non ne hai parlato con nessuno.>>
<<D'ora in poi cercherò di parlare di più.>>
Mia mamma mi sorride e mi accarezza le mani come solo una mamma sa fare.

Mio papà, invece, si alza dalla poltrona sulla quale era seduto, si schiarisce la voce e inizia ad aprire la porta. Mia mamma ed io lo guardiamo basite.
<<Dove credi di andare?>>
Chiede mia mamma.
<<Vado a spaccare la faccia a quel deficiente di Gabriel che ha fatto tanto soffrire la mia bambina. E poi vado a conoscere quel perditempo di Aiden per capire se è un bravo ragazzo. Non posso dare mia figlia nelle mani del primo che passa.>>

<<Non fare lo scemo e vieni qui!>>
Dice mia mamma ridendo. Io riesco a sorridere debolmente e accolgo, nelle mie braccia, tutta la mia famiglia. Tutto ciò di cui ho veramente bisogno.
Grazie mamma. Grazie pa'.

"Io sono qui, dai non piangere. Stringiti a me più che puoi. Io ti proteggerò, non temere, non piangere, sono qua."

Tarzan – Sei dentro me

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