CAPITOLO 53

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<<Oggi non vai a scuola, vero? Resti con me?>>
Mi supplica Aiden ancora mezzo addormentato, mentre io sono già pronta per uscire di casa.
<<Ma ... >>
Sto per obbiettare. Lui fa il broncio come un bambino e mi attira a sé in un abbraccio.
<<Dai, è il mio ultimo giorno qui, resta con me.>>

Oggi è il suo ultimo giorno e io so che è anche il nostro ultimo giorno. Oggi devo dirgli tutto, non ho altra scelta. Gabriel ha lasciato Angelica e ora io devo lasciare Aiden.
<<Va bene.>>
Acconsento. Voglio fargli passare l'ultimo giorno più bello di sempre.

Decido di portarlo nel parco del mio paese per fare un picnic, per ricordare quello che abbiamo fatto sulla spiaggia quest'estate. Voglio fargli capire che io voglio che lui mi ricordi come la dolce ragazza che ha conosciuto al mare, non come l'infedele che l'ha tradito e lasciato. Mi sento uno schifo per quello che sto per fare, eppure so che devo farlo. Lui non si merita di vivere una bugia e io so che non riuscirò a stare lontana da Gabriel, perché è la mia calamita.

Aiden ed io siamo sdraiati nel parco protetti da una coperta di pile e guardiamo le foglie degli alberi che cadono dai rami, improvvisando una triste danza intorno a noi.

<<Dove sei andata ieri sera?>>
Mi chiede, ad un tratto, Aiden. Io alzo la testa e lo guardo sorpresa.

<<Quando?>>
Chiedo. Oh Dio, fa che non mi abbia beccato con Gabriel.

<<Ieri sera mentre stavamo guardando il film e io mi sono addormentato, tu sei scomparsa.>>
Spiega lui, continuando a guardare il cielo.
E adesso?
<<No, ti stai sbagliando. Sono sempre stata con te.>>
Sorrido ma ho lo stomaco in una morsa d'acciaio. La voce mi trema. 

<<Sei sicura? Io mi sono svegliato e tu non c'eri. Dov'eri?>>
Chiede curioso. Sospetta qualcosa. Me lo sento. Me lo sento. Sono come una ladra con le spalle al muro, bloccata dalla polizia.
<<Ti sarai svegliato quando sono andata in bagno.>>
Rispondo cercando di essere convincente. Ma chi voglio convincere? Ho scritto in fronte la parola "bugiarda" e i miei occhi urlano "Ti ho tradito!". Non lo guardo e mi rimetto sdraiata accanto a lui. 

<<Hai il bagno fuori, per caso?>>
Il cuore vuole scoppiare e uscire dal mio petto. Sento che potrei vomitare tutti i panini al prosciutto che ho appena mangiato.
<<Come?>>
Chiedo con la bocca secca, senza neanche un rivolo di saliva.

<<Ti ho vista entrare in casa e chiudere la porta alle tue spalle.>>
Mi spiega lui, con estrema calma.
E ora cosa mi invento? Cazzo, ma lui stava dormendo, ho controllato.
<<No, non è possibile, sono solo andata in bagno.>>
Rido con una risata senza allegria. In questo momento vorrei solo piangere e credo che, prima o poi, lo farò.

<<Astrid, mi sono svegliato e non c'eri, poi sei rientrata, hai chiuso la porta e ti sei rimessa sul divano. Io stavo fingendo di dormire.>>
Fingeva! Il mascalzone stava solo fingendo! Oh mio Dio, sono stata una sciocca. Sono stata impulsiva. Ma da quando io non ragiono più prima di fare una cosa?
<<Mia mamma mi ha chiesto di chiudere le ante.>>
Spiego inventando una scusa banale sul momento.

<<Le ante erano già chiuse, le ho chiuse io prima di mettermi sul divano a vedere il film con te.>>
Ah. Non so più cosa rispondere. Mugugno qualcosa di incomprensibile con la speranza che lui cambi domanda.

<<Cosa mi stai nascondendo, Astrid?>>
Chiede lui.
Cosa ti sto nascondendo? Se tu sapessi tutti i miei segreti.

<<Ma niente Gabriel, non ti sto nascond ... >>
Mi accorgo troppo tardi di quello che ho detto. Cazzo. 

<<Gabriel? Mi hai chiamato Gabriel?>>
Mormora con voce ferita. Posso sentire il suo cuore frantumarsi in mille pezzetti. No, che cosa ho fatto?
<<Scusa, scusa! Aiden, volevo dire Aiden!>>
Ho le lacrime agli occhi. Mi metto seduta e lo guardo.
Ti prego, perdonami.
<<Mi hai chiamato Gabriel!>>
Afferma quasi urlando. Io mi copro gli occhi con le mani. Vorrei sotterrarmi. Vorrei sprofondare dalla vergogna.
<<Scusami, scusami, ho avuto un lapsus!>>
Si è messo seduto anche lui e mi guarda incredulo. La rabbia fuoriesce dai suoi occhi.
<<Un lapsus? Hai avuto un lapsus?>>
Ringhia. Io annuisco perché è talmente arrabbiato che ho paura ad aprire bocca.
<<Lo sai che cos'è un lapsus?>>
Chiede sempre più arrabbiato.
Io annuisco colpevole. 

<<Rispondimi!>>
Urla. Io inizio a piangere. Mi sta facendo paura.
<<Un lapsus è un atto mancato.>>
Rispondo con voce spezzata dal pianto.
<<E poi?>>
Chiede Aiden senza nessuna pietà.
<<E' la manifestazione di un desiderio inconscio.>>
Vado avanti, ripescando dalla memoria la definizione di lapsus freudiano.
<<Vai avanti, cara.>>
Mi intima Aiden con tono ironico. Io ingoio le lacrime che stanno combattendo per uscire e finisco di enunciare la definizione, guardandolo negli occhi. È una sfida.
<<E' un canale attraverso il quale trovano sfogo i pensieri che, altrimenti, resterebbero rimossi dalla censura.>>
Maledetto Freud e la sua psicanalisi. 

<<E questo non ti dice nulla?>>
Scuoto la testa e continuo a guardarlo negli occhi. Dillo tu.
<<Questo significa che tu vorresti essere qui con Gabriel e non con me.>>
Spiega lui.
"Hai ragione" vorrei dirgli, ma resto in silenzio e lo guardo, mentre le parole mi muoiono in gola.
Una goccia di pioggia cade sul mio viso e percorre la strada che hanno tracciato le lacrime.
Aiden sospira e guarda il cielo.
<<Sta iniziando a piovere, è meglio che raccogliamo tutto e ce ne andiamo o rischi di prenderti un brutto raffreddore.>>
Dichiara lui alzandosi in piedi e iniziando a raccogliere piatti e ciotole varie. 

Io piego la coperta e la ripongo nel cestino. Tutto in religioso silenzio. Usciamo dal parco, lui si offre di portare il cesto e inizia a camminare davanti a me. Non mi aspetta. Siamo distanti. Sia geograficamente che sentimentalmente.

I lapsus sono delle tremende spie.

"Il lapsus verbale diventa un mezzo di espressione mimico, e sovente invero per esprimere quel che non si voleva dire, diventa cioè un mezzo per tradire sé stesso."

Sigmund Freud – Psicopatologia della vita quotidiana

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