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-Dove stai andando?- mi domandò improvvisamente mia mamma, comparendo dalla sua camera da letto.

-Dovresti già essere a letto mamma, lo sai- risposi con un sospiro.

Dopo un attimo di silenzio continuai a parlare.

-Vado a lavoro poiché i soldi non cadono dal cielo- scherzai.

-Ti voglio bene- le sussurrai infine andandola ad abbracciare.

Ero in pensiero per lei.
Per tuo quello che avesse potuto fare.
Per non poterla controllare.
Da circa un'anno e mezzo era entrata in una fase depressiva da cui non riusciva a fuggire.

Per il momento, questa patologia psicologica, si presentava più o meno lieve, ma se fosse peggiorata non avevo idea di come poterla aiutare.

A Detroit non c'erano bravi medici e se esistevano erano di conseguenza troppo costosi per quello che potevo effettivamente permettermi.
Gli ospedali e le cliniche non garantivano assistenza sanitaria a tutti e le medicine costavano un patrimonio. Dover vedere ogni giorno mia madre in quelle condizioni mi spezzava totalmente il cuore.

La ricordavo ancora quando era giovane ed in salute.
Si era sempre dimostrata una donna forte e neanche dopo la morte di mio padre si era lasciata abbattere.
Era riuscita ad incanalare il dolore e a metterlo da parte, per cercare di darmi supporto e per continuare con le nostre vite, sebbene sapevamo che sarebbe stato molto difficile.

Ricordo di averla vista piangere solo una volta.

Al funerale di suo marito.

Il suo unico vero amore.
La sua roccia.
Il suo più fidato confidente.

C'era stata una lacrima. Solo una.
Quasi invisibile, impercettibile.
Ma io l'avevo vista e la ricordavo bene.
Non era riuscita a bloccarla dietro a quel dolore che sapevo la stava straziando.

Da quel momento in poi non versò mai più una singola lacrima.
Non capivo come facesse, ma non ne avevo mai voluto parlare con lei.
Sapevo solo che l'avrei ammirata per sempre come persona, come donna e come madre.

Prima di uscire ed essermi assicurata che andasse a letto, entrai nella mia stanza, per dare il bacio della buonanotte a Ben.

Mi fermai un momento sulla soglia della porta per poterlo ammirare.

Era tenerissimo il mio cucciolo.

Rannicchiato tra le coperte di quel lettone, dormiva sereno, con quei suoi bellissimi capelli scuri tendenti al ramato.

Li aveva presi da suo padre.

Quel bastardo di Dominic.

Ero stata proprio una stupida ad essermi innamorarmi di lui.
Ma cosa potevo aspettarmi da un tipo del genere?
Con quel suo carattere da ragazzo ribelle, i tatuaggi, i capelli folti e ramati...
Eppure erano state quelle le caratteristiche che mi avevano subito affascinata e fatta perdutamente innamorare di lui.
Ero solo una ragazzina.
Una stupida ragazzina ingenua.
Con il sogno che avrei potuto fare tutto quello che avessi voluto nella vita e con la convinzione che essa fosse semplice da vivere e da affrontare.
Quanto mi ero sbagliata!

-Sogni d'oro piccolo mio- sussurrai piano all'orecchio di Ben, dopo essermi nuovamente avvicinata a lui, dandogli un lieve bacio sulla fronte.

Uscii piano e a piccoli passi dalla stanza, prendendo dall'appendiabiti la giacca ed indossandola.

Iniziai ad incamminarmi verso il club con il viso chino, stringendomi nella giacca per proteggermi dal leggero vento che soffiava silenzioso lungo tutta Detroit.
Dovevo ammettere che ogni sera avevo moltissima paura.
Era da folli uscire la sera tardi, per lo più da sola e a piedi in questi quartieri.

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