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Il mattino seguente, dopo non aver chiuso occhio per tutta la notte, mi alzai insieme a Dylan di buon mattino.
Era ancora l'alba, il sole stava solamente adesso sorgendo in tutto il suo caldo splendore, portando i primi raggi in città ed illuminando Detroit.

Aprii la portafinestra, uscendo sul terrazzo, appoggiandomi alla ringhiera.
L'aria era fresca, facendomi venire brividi lungo il mio corpo. Sentivo di non stare bene.
C'era qualcosa dentro di me che mi mancava, facendomi quasi faticare nel respirare.
E quel qualcosa era Ben.
La sua mancanza e la distanza che ci separava era una dolorosa agonia per me.
Oggi tutto questo avrebbe avuto una fine.
Oggi avrei riabbracciato il mio bambino, giurando a me stessa solennemente che non l'avrei mai più perso di vista.
Ero stata una madre orribile: mentre io ero a divertirmi con Dylan a chilometri di distanza da Detroit, Ben veniva rapito da dei malviventi senza scrupoli.

Pochi istanti dopo sentii Dylan dietro di me e senza dire nulla venne ad abbracciarmi dolcemente, sussurrandomi che avrebbe risolto tutto molto presto.
Non sapevo come avrei fatto senza di lui.
Rimasta sola, dopo la morte di mia madre, avevo capito di avere estremamente bisogno di qualcuno al mio fianco. In questo modo non mi sarei mai sentita sola ed avrei sempre avuto un grande sostegno accanto a me. Quel tipo di supporto che avevo bisogno da tanto tempo ma che non avevo mai chiesto o cercato per semplice paura.

Dylan dopo essersi vestito e preparato, uscii di casa, in modo tale da andare a recuperare al più presto tutto il prezioso materiale che possedeva, per poi andarlo a vendere a qualche collezionista o venditore presente in città.

Le ore successive furono strazianti.

Dylan ebbe qualche difficoltà a vendere tutto, poiché qui molti non avevano nemmeno i soldi per mangiare a causa della crisi che faceva aumentare la disperazione nei comuni cittadini di giorno in giorno.
Fortunatamente Dylan aveva degli "agganci" ovvero gente che aveva conosciuto nel corso di questi ultimi anni e che poteva permettersi questo e ben altro.

Una volta essere riuscito a recuperare l'intera somma, mi sentii un po' più tranquilla.
Se quella gentaglia ripugnante che aveva rapito il mio bambino voleva i soldi mirava sicuramente solo a quello e proprio per questo motivo avrebbero lasciando andare Ben senza intoppi.
Dovevo pensare positivo.
Sarebbe andato tutto bene. Doveva per forza essere così!

Le ore passarono in maniera quasi interminabile. Avevo il fiato corto dalla profonda agitazione che stavo provando.

Alle 19:00 io e Dylan salimmo in macchina diretti al luogo dell'incontro, arrivando con quasi un'ora di anticipo.
Dylan aveva cercato di convincermi in tutti i modi a rimanere a casa per tenermi al sicuro, ma qui e adesso c'era in pericolo la vita di mio figlio e non potevo di certo stare a guardare senza poter fare nulla, aspettando a casa con ansia il suo ritorno.
Dovevo e volevo essere qui presente di persona in questo luogo abbandonato da chissà quanto tempo, in modo tale da poter guardare negli occhi quei sudici psicopatici.

In attesa dell'arrivo di quegli "uomini", iniziai a guardarmi intorno, scrutando con attenzione ogni particolare di quel luogo così tenebroso.
Faceva quasi venire i brividi.
Eravamo circondati da un grande edificio a più piani, mal ridotto e costituito da materiale ormai completamente arrugginito.

-È un vecchio manicomio ormai abbandonato- mi informò Dylan appoggiato con la schiena alla sua auto.
Cercava di dimostrarsi rilassato come sempre, ma si notava che anche in lui vi era una certa tensione.

-Oh...capisco- risposi con ormai la pelle d'oca lungo tutto il corpo.

Puntuale come la morte, un auto nera simile ad una piccola limousine arrivò alle 20.00 in punto, fermandosi di fronte a noi.

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