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DYLAN'S POV

Dopo aver fatto un pranzo veloce al "Los Angeles Restaurant", ordinando una bistecca da 135$ (che era la specialità del locale e il piatto che l'aveva reso maggiormente famoso) con l'accompagnamento di un buon bicchiere di vino rosso e dell'insalata leggera ma ben condita; trascorsi tutto il resto del pomeriggio a risolvere e chiarire questioni con i miei soci, in merito a delle esportazioni di pezzi d'auto di lusso, in Messico.
Ovviamente tutto in maniera illegale.

Ormai l'illegalità era diventato pane per i miei denti.
Era da tutta la vita che ci convivevo e sarebbe sempre stato parte di me.

Non avevo una famiglia.

I miei soci con il tempo lo erano diventati.

La fiducia era alla base di tutto. "Tradiscila una sola volta e ne pagherai le conseguenze..."
Questo era il nostro motto.
Ciò che tutti rispettavano con estremo orgoglio.
La lealtà era un qualcosa che negli ultimi tempi veniva rispettata molto poco. Sia tra famigliari, amici, soci...

Era stato mio padre ad insermi fin da ragazzino in questo giro. Nel suo giro.
Lui era il capo e come ogni mafia tradizionale che si rispetti, il suo posto, una volta defunto, spettava a me. Il suo unico figlio...in vita.

Avevo una sorella più piccola di me.
Si chiamava Celeste, proprio come il cielo, ma lei era molto più bella di esso.
Con i suoi capelli lunghi e castani, la carnagione chiara, quasi pallida ed i sui grandi occhi color nocciola che scrutavano il mondo sempre affascinati da qualunque cosa vedessero.
Era la mia sorellina.
Avevo 17 anni quando me la portarono via e lei ne aveva solo 12.
Tra poco più di un mese ne avrebbe compiuti 13.
Stava crescendo così in fretta.
A vista d'occhio!
E loro...erano riusciti a portarmela via.

In quel periodo stavamo avendo vari e continui problemi con alcune persone appartenenti alla mafia russa.
"Mai scherzare con loro" mi ripetevo di continuo. E avevo ragione.
Per fare un torto a mio padre ed ottenere ciò che volevano, avevano rapito mia sorella all'uscita da scuola, chiedendone subito dopo il riscatto.
Che vigliacchi! Prendersela con una bambina...era inconcepibile, ma sapevo bene che chi faceva parte della mafia russa non aveva molti scrupoli.

Dopo che mio padre ebbe ricevuto la fatidica telefonata, in cui i rapinatori chiedevano un riscatto in denaro a sei zeri, io ero andato completamente nel panico.

Avevo paura per la vita della mia sorellina.

Avevo paura per quello che le avrebbero potuto fare.

Invece mio padre, a contrario di me, era rimasto impassibile e autoritario come sempre.
Non capivo e ancora adesso non riesco a concepire questo suo glaciale comportamento.
Dannazione, si stava parlando della vita della sua bambina!
Eppure lui, sebbene non avesse particolari problemi a dare ai russi ciò che volevano, continuava a dire di aspettare; che se fosse sceso a patti con loro sarebbe stato peggio e che prima o poi avrebbero capito chi "comandava" e l'avrebbero finalmente lasciata andare.

Lui e il suo stupido orgoglio!
Non aveva proprio capito con chi stava giocando.

Esattamente cinque giorni dopo, trovammo il corpo senza vita di mia sorella buttato come se fosse immondizia davanti la porta di casa.
Era bianca in viso, con gli occhi chiusi e mezza nuda. Si potevano vedere i tanti lividi ed ematomi perfino da vari metri in lontananza.
Di fianco al suo corpo trovai un cd ed un foglio macchiato.

"Questo è ciò che vi meritate.

Proshchayte ublyudki!"
(addio bastardi)

Mio padre non mi permise mai di vedere il contenuto di quel cd, ma qualcosa mi diceva che si trattava di un video amatoriale che riprendeva mia sorella..mentre brutalmente veniva stuprata.

Quei bastardi.

Avrei tanto voluto ucciderli con le mie stesse mani, ma sapevo che in fondo non ne sarei mai stato capace.
Avevo seguito le orme di mio padre, ma non sarei mai diventato come lui: un'assassino senza rimorsi.
Quindi, mi ero sempre ripromesso di non uccidere mai nessuno.
Sapevo però, che sebbene il lavoro sporco lo facessero i miei soci, avevo molte anime sulla coscienza e questa cosa non me la sarei mai perdonata.

Dopo questi cupi pensieri, la mia mente iniziò a vagare tra i ricordi di quel viso che la notte non mi lasciava dormire e che di giorno non mi dava alcuna tregua.

Quella donna, senza nemmeno averla mai toccata, mi aveva stregato.
Stregato in un modo che fino ad adesso pensavo assurdo ed impossibile.
Ma purtroppo dovevo ricredermi.
Era proprio diventata un'ossessione.

Speravo per lei che sua madre potesse guarire o per lo meno stabilizzarsi.
In poco tempo avevo compreso quanto fosse importante per Natalie il suo sostegno.
Aveva bisogno in fondo di una persona al suo fianco.
Pur volendo, non poteva fare tutto da sola.
Non poteva affrontare i dispiaceri che la vita ci pone di fronte quanto meno ce lo aspettiamo, sopratutto con a carico un bambino piccolo.

Avrei continuato ad aiutarla.
Non sapevo bene nemmeno io perché lo facessi.
Ma ne sentivo semplicemente il desiderio.
Mi sembrava giusto.
Tutto qui.

Stavo diventando tenero e debole?
Certo che no!
Il mio obbiettivo di portarla a letto era ancora lì, ben presente.
Ed il traguardo non era molto lontano.

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