Annabeth

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Fin da quando era entrata ad Hogwarts, Annabeth era rimasta ad osservare la struttura magnifica dell'imponente castello.

Avrebbe voluto fare mille domande, e chiedere la storia che si celava dietro quell'edificio, ma non ne aveva avuto il tempo.

Dopo esser stata smistata in una di quelle "4 case" o come le chiamavano gli studenti di quel luogo sinistro, Annabeth aveva assistito addolorata alla scena di Percy con il cappello.

Lei e il ragazzo non parlavano molto di quelle cose, appena provava a toccare l'argomento, Percy si intristiva e tentava di sviare la conversazione e quindi, man mano che il tempo passava, la ragazza aveva imparato a parlargli solo nei momenti più tranquilli, e solo se strettamente necessario.

E ora la ragazza era costretta a vedere enorme sala, che se non fosse stata in quella situazione avrebbe ammirato con interesse, anche se l'unica cosa che voleva fare in quel momento era andarsene il più lontano possibile da quel posto.

Una ragazza bionda, con una voce soave stava parlando della casa, si chiamava luna: i lunghi e ondulati capelli chiari gli ricadevano sulle spalle oltre le scapole, la carnagione lattea le metteva i risalto gli occhi intensi.

Aveva una corporatura minuta: il busto era fasciato da una camicia scura e al collo era legata rigorosamente una cravatta tendente al blu-viola; portava una gonna a balze nera e delle scarpe lucide nere.

Dopo circa 20 minuti, Annabeth riuscì a sgattaiolare di lato e iniziò a cercare il suo ragazzo; i lati dei corridoi erano ornati da candelabri o da quadri dai vari soggetti, che si muovevano o meno.

Il cuore le balzava nel petto ad una velocità impressionante e sentiva il sudore, nonostante il freddo, scivolarle giù per la schiena, poi, quando sentì delle voci provenire da un balcone, si avvicinò e lo vide.

Percy stava parlando con un ragazzo, Harry, il quale, quando la vide se ne andò gentilmente, lasciando da soli i due ragazzi.

Percy non incrociava lo sguardo di Annabeth, se ne stava lì a guardare l'orizzonte e la mano, appoggiata sul bancone del terrazzo, gli tremava leggermente; Annabeth si accorse del tremolio e il ragazzo ritrasse la mano, stringendola in un pungo.

La figlia di Atena si avvicinò lentamente e Percy, dopo aver fatto un sospiro, disse "quel ragazzo sembra forte, abbiamo più cose in comune di quanto pensassi"

Annabeth rimase lì ad osservarlo: solitamente non era uno di quei ragazzi che si rifiutava di parlare dei suoi sentimenti eppure, ultimamente, non si rivolgeva a le come faceva una volta.

Al campo tentava di comportarsi il più normale possibile, a casa studiava o dormiva e, quando la ragazza provava ad avvicinarlo, lui tentava di trovare un argomento diverso su cui discutere.

Solitamente il ragazzo aveva uno sguardo vispo e felice, ma adesso quello sguardo non lo vedeva più: era cupo e triste.

"non è colpa tua" disse la ragazza

"già, lo dicono tutti ultimamente" Percy aveva un tono di voce che faceva trasparire quanto fosse frustrato; una cosa che amava di lui era che, nonostante tentasse di nasconderlo, il ragazzo era un libro a cielo aperto.

"ma io non sono tutti, io sono Annabeth" disse "non puoi portarti dietro tutto questo fardello da solo, hai fatto quello che dovevi fare.

Hai salvato il mondo e lo so che alcune persone se ne sono andate" Annabeth ricacciò indietro un singhiozzo "ma se devi sentirti in colpa allora io mi sentirò in colpa con te"

Percy si girò a guardarla, era bellissimo, anche quando era triste: la mascella serrata che gli faceva risaltare la vena del collo; il colore degli occhi che passava dal verde chiaro, a quello più scuro che ricordava il mare impetuoso; i lineamenti del viso rigidi e le labbra sempre incespicate in un sorrisetto furbo, che adesso vedeva soltanto di rado.

"tutte quelle persone..."la voce di Percy si strozzò.

"ehi, lo so, lo so..." Annabeth si avvicinò a Percy: gli prese il viso tra le mani e lo guardò dritto negli occhi, tutta quella tristezza provocò alla figlia di Atena un dolore al petto che le fece mancare il respiro.

Lui, dopo averla guardata per qualche secondo, le cinse un braccio alla vita e uno sulla schiena, sfregandolo avanti e indietro; affondò il viso nell'incavo del collo e lasciò che il corpo caldo della ragazza lo cullasse.

Fu un abbraccio confortante: Annabeth sentì come se il muro di ghiaccio che Percy avesse creato fino a quel momento si fosse sciolto momentaneamente, come se quando fosse con lei, lui potesse mostrarsi per quello che era.

Quando Percy si scostò, stringendogli entrambe le mani sulla vita e spingendola a guardarlo negli occhi, Annabeth ne rimase sorpresa e iniziò a osservare ogni minimo centimetro della pelle scoperta del ragazzo.

Il figlio del mare si avvicinò al suo orecchio, un brivido percosse la schiena della ragazza, e le disse dolcemente "ti amo"

Lei appoggiò le braccia sulle spalle di Percy, mentre il ragazzo strinse la presa delle mani sulla vita, attirandola a sé, e la baciò.

Fu uno di quei momenti che Annabeth avrebbe voluto rivivere per sempre, uno di quei momenti che la faceva sentire speciale e al sicuro; come se potesse, solo per qualche istante, dimenticarsi di tutto e godersi il sapore delle labbra del ragazzo ormai così famigliare.

Solo quando si staccarono, Annabeth si rese conto di star piangendo, anche Percy se ne accorse e con un gesto delicato le asciugò le lacrime.

Rimasero lì per qualche secondo, fronte contro fronte, entrambi con gli occhi chiusi: i loro nasi si sfioravano.

"andrà tutto bene" disse Percy con fare dolce.

Poi il ragazzo si scostò e le porse un mano: lei l'afferrò e si incamminarono verso le stanze.

Prima di andarsene però, Annabeth si fermò facendo fermare di conseguenza Percy.

"anch'io ti amo" disse la ragazza tutto d'un fiato.

Il ragazzo sorrise e la baciò ancora, ancora e poi ancora.

magic of demigodsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora