Percy

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Il pullman ormai aveva imboccato l'autostrada e si stava dirigendo verso il Lazio: la vettura non era proprio il massimo, tenendo conto che erano in 13 ragazzi a dover dormire lì dentro, ma di sicuro era meglio della cella in cui avevano passato gli ultimi giorni.

Leo e Grover si trovavano nei due sedili davanti, era il loro turno di guida, dopo sarebbe toccato a Frank ed Hazel.

I ragazzi avevano deciso che, oltre al guidatore, ci sarebbe dovuta essere un'altra persona, per evitare incidenti nel caso qualcuno si fosse addormentato o nel caso che qualche mostro decidesse di fare un salto sul pullman dei boy-scout dei mezzosangue.

Ora Percy ed Annabeth si trovavano in uno dei piccoli letti in fondo al pullman, abbracciati e finalmente un po' più sollevati e felici.

Il figlio di Poseidone però non riusciva a togliersi dalla mente un pensiero, uno di quelli che ti fanno venire il mal di testa a forza di cercare una soluzione, e il ragazzo era stufo di avere la mente occupata da preoccupazioni, eppure, non sembrava fare altro.

Annabeth, molto probabilmente, si accorse della sua espressione pensierosa, perché si girò verso di lui e, guardandolo intensamente, chiese "qual è il problema?"

Percy fece un profondo respiro, facendo sobbalzare leggermente la ragazza, che era appoggiata al suo petto "vedi..." esitò "io credo che Luke ci abbia lasciato andare"

"che intendi?" chiese la ragazza assumendo uno sguardo serio e un po' preoccupato, tirandosi a sedere con i gomiti.

"dico solo che è stato troppo facile fuggire, è stato tutto troppo facile: nel suo covo, dove ci teneva intrappolati, era pieno di mostri che stavano ai suoi piedi e..."

"Percy, qual è il punto?"

"il punto è che credo che Luke ci abbia lasciato andare perché lui voleva così..."

La ragazza rimase in silenzio per qualche secondo, come se dovesse metabolizzare il tutto prima di parlare "Luke, prima che arrivassi, ci ha detto una cosa..."

"cosa?"

"ha detto che unendo il potere delle armi dei tre pezzi grossi, creerebbe l'arma più potente mai esistita"

"ma Luke non le può usare, come tutti i suoi scagnozzi" disse Percy tentando di assumere un tono sicuro, anche se dentro di lui c'era solo incertezza e un filo di speranza, che tentava disperatamente di non affogare tra tutti i brutti pensieri.

"io non so cosa abbia in mente Luke..." continuò Annabeth "ma è pericoloso, e la profezia non ci aiuta di sicuro"

Poi la ragazza recitò i versi, mentre faceva dei cerchi concentrici con il dito sul palmo della mano di lui con fare svogliato "semidei e maghi il loro potere uniranno

e le barriere innalzate nell'antichità tra i due mondi ceder faranno

una profezia deviata, aggiustata verrà

perdite, distruzione e l'ultimo fiato di un eroe con se porterà

le imprese passate e superate i giovani unirà

e la caduta dei nemici nelle antiche terre da essi dipenderà

una battaglia finale il destino determinerà

Insomma, una profezia deviata? L'ultimo fiato di un eroe..."

Tutti i pensieri e le teorie formulate da Percy iniziarono a roteargli in testa, alla fine però, il sonno prevalse su tutto.

"beh...Adesso non pensiamoci, riposiamoci per quel poco tempo che ci è permesso"

L'espressione sul volto di Annabeth si addolcì: incurvò le labbra in un sorriso e prese il viso di Percy tra le mani, avvicinandosi lentamente.

Quando la baciò, tutte le preoccupazioni e gli incubi sembrarono svanire, come se avessero spiccato il volo verso luoghi più miti e calmi rispetto alla sua mente che, in quel momento, sembrava nel mezzo tra due eserciti prossimi a combattere.

La ragazza si staccò e si sedette sulle gambe di Percy, gli cinse le braccia al collo, e appoggiò il viso nell'incavo della sua spalla, sospirando.

Il figlio di Poseidone si stupiva ogni volta della sua bellezza: il suo sguardo così intenso, che riusciva ad ipnotizzarlo ogni volta; i suoi lineamenti così rigidi, ma allo stesso tempo armoniosi e perfetti nel loro insieme; le sue labbra, sottili e attraenti, quelle labbra che Percy avrebbe voluto baciare per sempre e di cui non si sarebbe mai stancato; la sua carnagione abbronzata, che ogni volta ricordava al ragazzo il sole che picchiava sulle calde spiagge della California; il suo fisico, magro e slanciato.

Ma la cosa che il figlio del mare amava della ragazza non era solo il suo aspetto, che costituiva solo una piccola e misera parte di lei, quello che l'aveva fatto innamorare di lei era stato il suo carattere, i suoi difetti e i suoi pregi.

Molte volte era scontrosa e tendeva a voler avere il controllo di tutto ad ogni costo; a molti ragazzi faceva quasi paura e nessuno osava non avere rispetto nei suoi confronti.

Ma era una ragazza leale nei confronti dei suoi amici, amorevole e disposta ad aiutare chiunque, intelligente e premurosa; capace di amare Percy con tanta intensità da spaventarlo.

Molte volte Percy avrebbe voluto urlarle fino a perdere la voce per dirle che la amava, che aveva un disperato bisogno di lei; che, dopo tutto quello che avevano passato, non riusciva a pensare ad una vita senza di lei, perchè era l'unica in grado di amarlo come lui voleva, l'unica che poteva curarlo dai suoi incubi.

Percy la amava così tanto da non riuscire ad esprimersi con delle parole: era come una costante sensazione di calore nel petto; ogni volta che stava con lei, gli tremavano le gambe e aveva le farfalle nello stomaco, più delle farfalle, sembrava una tempesta in piena regola.

Quando si svegliava, sapere che al mondo c'era una persona che amava e che lo amava così tanto lo faceva sentire bene, lo faceva sentire vivo e gli dava la forza di andare avanti; senza, non avrebbe retto.

"che c'è?" chiese lei, alzando lo sguardo per incontrare quello del ragazzo e soffermandosi a guardare le labbra di Percy, con un certo desiderio negli occhi.

"niente" il ragazzo baciò la fronte di Annabeth e le sussurrò "ti amo"

Poi le prese il viso tra le mani e la baciò, un bacio lungo e dolce: uno di quelli che non erano alla ricerca del sapore dell'uno e dell'altro, ma più che altro uno di quelli che trasmetteva tutto il desiderio di stare fianco a fianco per tutta la vita, il desiderio di amarsi per sempre.

Improvvisamente una voce li interruppe, facendoli separare istintivamente dal loro dolce bacio: Jason stava correndo verso Leo con il fiatone, urlando "Leo, dobbiamo andare...Devi girare verso..."

Il ragazzo sembrava in preda ad un vero e proprio attacco di panico: i capelli erano spettinati e la voce era ancora impastata dal sonno; i vestiti che indossava erano stropicciati e gli occhi erano ancora socchiusi.

Piper presto lo raggiunse, la quale indossava dei pantaloni della tuta ed una maglietta: doveva essersi appena svegliata, aveva i capelli spettinati e gli occhi socchiusi.

Gli appoggiò le mani sul petto, arrestando la sua corsa frenetica verso il parabrezza "Jason, calmati...Respira e spiega cos'è successo"

"sì superman, calmati" commentò Leo ancora con lo sguardo fisso sulla strada.

Il figlio di Giove prese dei profondi respiri e si passò una mano sulla fronte madida di sudore "dobbiamo fare una deviazione, dobbiamo andare a Roma"

magic of demigodsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora