CAPITOLO UNO

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  Autunno, Saragozza, Spagna.
Forse credo di averla un po' di felicità nella mia vita: mio figlio Carlo. Un bambino di soli due anni che per fortuna riesce ancora a strapparmi un sorriso e a colorare queste maledette giornate grigie. Grigie, si. Non mi riferisco a delle nuvole colme di pioggia o a un cielo grigio da temporale, ma alla mia vita. Una vita infelice che non avevo mai sognato, i miei piani erano diversi, anche i miei sogni lo erano. Eppure ho imparato a capire che non è mai come te lo aspetti.
Esco di casa dopo aver messo un cardigan e preso la mia borsa visto che stamattina a Saragozza soffia un po' d'aria fresca. Prendo mio figlio in braccio e mi dirigo in macchina dopo aver messo il giubbotto anche a lui.
-Eccoci qui tesoro- lo adagio nel seggiolino posteriore e allaccio la sua cintura - somigli sempre di più a tuo padre... se solo sapesse che esisti. –
Con aria malinconica mi metto alla guida e vado verso l'asilo nido, il migliore della città solo perché c'è la maestra migliore: Consuelo. Parcheggio davanti alla porta colorata con l'insegna "Bienvenidos" e faccio scendere Carlo.
-Siamo arrivati tesoro, ti aspetta Consuelo!- accovacciandomi di fronte a lui
Mamma!- si volge verso di me con le sue piccole braccia aperte e con i suoi occhioni verdi che mi fissano pronto ad abbracciarmi.
-Piccolo mio! Su... andiamo.- lo prendo in braccio ed entro nell'edificio colorato, con mille disegni e con il dolce sottofondo degli schiamazzi degli altri bambini felici di giocare insieme. Mi sale il senso di colpa perché so che nonostante sia così piccolo mio figlio condivide insieme a me la mia via travagliata e malinconica, ecco perché cerco di portarlo sempre in posti belli,colorati insieme ai suoi coetanei. Dovrebbe stare insieme ai suoi genitori, insieme a suo padre, circondato d'amore e d'affetto e non con una madre depressa e un bastardo in casa. Si, vivo con un bastardo di nome Andreas. Ci siamo conosciuti anni fa quando ero ancora incinta di Carlo ed ero ancora una ragazzina con dei sogni e.. no, Andreas non è il padre di mio figlio.
Consuelo viene verso di me con un sorrisone e io ovviamente persa nei miei pensieri non ho nemmeno quasi fatto caso a lei.
-Marìa!- dice con voce allegra.
-Oh,scusa Consuelo, stavo pensando a tutto quello che dovevo fare oggi e non mi sono accorta che sei venuta. Ti ho portato Carlo, oggi lavoro tutto il giorno e non so a chi lasciarlo, sei l'unica di cui mi fido davvero.
-Non preoccuparti, qui starà benissimo! Non è vero?- prendendo Carlo in braccio.
-Si- Carlo annuisce sorridendo
Il mio bambino così bello, con i suoi occhioni verdi ed i suoi capelli castani è così piccolo e quasi indifeso, è tutto quello che ho. E' un bambino molto tranquillo e questo mi sorprende visto la sua vita complicata. Per adesso riesce solo a camminare,correre e dire qualche parola, dice solo "mamma", "si", "no", e a quel bastardo lo chiama "As", ho lottato tanto per non farglielo chiamare "papà", non ha senso visto che non è lui suo padre.
-Tieni piccolo, andiamo a giocare con gli altri bimbi?- Dice Consuelo porgendogli una lecca-lecca.
Lo lascia andare giù ed io lo abbraccio e lo bacio.
-Mamma torna stasera a prenderti, okay? Ciao amore- dico rassicurandolo.
Carlo annuisce e corre a giocare.
-Io vado Consuelo, il lavoro mi chiama. A stasera!-
-A stasera Marìa!-
-Per qualsiasi cosa, chiamami-
-Si, non preoccuparti.
La saluto ed esco dall'asilo. E' un luogo molto bello e particolare perché fa orario continuato, dalle 07.30 del mattino fino alle 20.30 di sera ma i bambini stanno benissimo lì, soprattutto se con loro c'è un angelo come Consuelo che li fa divertire. Quando l'ho conosciuta ero appena arrivata in Spagna e lei mi ha subito aperto il suo cuore, è una donna meravigliosa non solo perché ha dei lunghi capelli neri, degli occhi azzurri ed un fisico fantastico, ma perché ha una bontà dentro paragonabile a nessuno, è dolce e determinata, ha una forza incredibile vorrei tanto essere come lei. Ha passato dei momenti brutti perché purtroppo non può avere figli ed è per questo che ha deciso di aprire un asilo ed occuparsi dei bambini,si vede quanto li ama, è un amica meravigliosa. Consuelo non sa la mia storia, sa una bugia enorme ovvero che Andreas è il padre di Carlo mentre invece non lo è, non sa nemmeno che Carlo non porta il cognome di Andreas ma del suo vero padre. Ho insistito tanto a metterglielo perché gli appartiene. Un giorno avrò il coraggio di raccontarle tutto, d'altronde è l'unica persona che ho a parte mio figlio.
Salgo in macchina per dirigermi al mio umile lavoro: la donna delle pulizie. Non il massimo ma questo ho e questo devo tenermi, purtroppo. Nessuno sa chi sono davvero, mi limito semplicemente a dare le informazioni minime ed indispensabili.
Arrivo dalla signora Ramìrez, una vecchietta pettegola ma simpatica e buona, è sola al mondo ma lei dice che io sono la figlia che non ha mai avuto. E' una donna molto bella nonostante i suoi ottantatre anni, ha dei capelli grigi misti a delle ciocche bianche e li raccoglie sempre in uno chignon, veste sempre di nero perché le è morto il marito poco tempo fa e i suoi figli vivono a Madrid, è come se si fossero dimenticati di lei totalmente, povera donna. Suono il campanello, salgo le scale ed arrivata all'ultimo piano trovo la porta d'ingresso già aperta...
-Buongiorno signora Anita!-
-Buongiorno cara!- con aria annoiata viene verso di me prendendo il mio cardigan e la mia borsa –comincia pure dal salotto!
-D'accordo-
Prendo tutto il necessario per le pulizie e comincio a spazzare, a lavare e a spolverare. Con la pezzuola pulisco anche il vetro del balcone che da vista sulla strada, si vede un panorama meraviglioso e quasi tutta Saragozza. Mi piace fare le pulizie in questo salotto anche se può sembrare strano. Continuo a guardare il panorama con il desiderio di trasformarmi in un'aquila per volare lontano insieme a mio figlio e scappare da questo inferno per tornare finalmente nel mio paese: l'Italia. Si, sono italiana, per la precisione napoletana e quanto mi manca quella città, la mia famiglia e l'unico uomo che ho mai amato nella mia vita: il padre di mio figlio.
-A cosa pensi?- dice la signora Anita appoggiata sull'uscio della porta
-Dio!Mi ha spaventata signora..- dico io con il cuore in gola,accidenti.
-Calmati, sono dieci minuti che continui a pulire lo stesso punto, quel vetro è perfetto basta così-
-Mi scusi, ultimamente penso troppo-
-Troppo?Io credo che i tuoi non sono pensieri ma sofferenza, vorresti scappare non è vero?- guardandomi e sedendosi nella sua poltrona.
Come diamine ha fatto a leggermi il pensiero?Ha qualche potere magico?
-No,che dice! Mi piace molto Saragozza e voglio vivere qui. Non ho bisogno di andare altrove- continuando a pulire e cercando di non guardarla.
-Non mi inganni, sono vecchia ma pur sempre astuta. Sono mesi che lavori qui e mesi che ti vedo afflitta. Sei bella, giovane e trasparente come l'acqua. Chiunque capirebbe la tua sofferenza dai tuoi occhi.-
Mi fermo un attimo con lo sguardo basso, anche mia madre mi diceva che ero 'trasparente come l'acqua'. Dopo alcuni secondi di silenzio riprendo a pulire.
-Sarà lo stress, signora- sorrido per non dare troppo all'occhio più di quanto lei abbia già capito.
-Si, lo stress...- prende una rivista e la legge comoda sulla poltrona.  

Un'incredibile agoniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora