CAPITOLO CINQUANTADUE

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  Sono trascorsi due giorni dall'arrivo di Carlo, il dottore è passato varie volte per le visite ed io mi sto riprendendo a poco a poco. Il mio piccolo mangia ed è sano come un pesce.
-Signorina può tranquillamente ritornare a casa-
-Grazie mille dottore- esce dalla stanza e mi rialzo finalmente da questo letto
Indosso una felpa e dei jeans poi vesto Carlo: tutina blu notte, giaccone e coperta. Lo prendo in braccio ed esco dalla stanza, cerco Andreas che ormai non si fa vedere da quella sera, sperando che possa venire a prendermi se no...beh prenderò un taxi, anche se non è il massimo con un bambino neonato. Giro i vari corridoi dell'ospedale fino a che non lo vedo arrivare, si avvicina e prende il borsone.
-Ciao-
-Ciao- dice freddamente
Usciamo dall'ospedale ed un pallido sole illumina la città, entriamo in macchina mentre Carlo dorme beatamente. Andreas invece guida infastidito, è come se la nostra presenza fosse un peso.
-Tutto bene?- oso chiedere
-Si-
-Pensavo non venissi-
-E' mio dovere-
-Dovrò andare a registrare Carlo all'anagrafe, ci andrò oggi stesso-
-Vengo anche io, ci vogliono due persone-
-Se eravamo sposati si, ma non lo siamo-
-Sono pur sempre il suo tutore, porterà il mio cognome-
-No-mi schiarisco la voce sperando che stavolta non si arrabbi sul serio
-Come?-
-Mio figlio porterà il cognome di Alessandro-
-Stai scherzando?Vuoi farmi una cosa simile?-
-Andreas non penserai sul serio che io voglia mettere il tuo cognome a mio figlio-
-Cazzo Marìa, va bene che accetto il fatto di non essere il suo padre biologico ma non puoi impedirmi di mettergli il mio cognome-
-Si che posso!Smettila con questa idea di voler essere anche il suo padre legale!-
-Cosa diavolo sarò per lui?-
-Ti ho detto che quando crescerà un altro po' me ne tornerò in Italia e non ci sarà niente ad impedirmelo-
-Quanto deve crescere, anni?-
-Assolutamente no, farò passare circa sei mesi dalla sua nascita e poi potrò andare via-
-E' rischioso viaggiare con un neonato, ti ha dato di volta il cervello?-
-Senti, è mio figlio e faccio come diamine voglio!-
-Io non ti capisco-
-Sono io che non capisco te. Andreas è stato un errore venire qui, è stato un errore aver fatto nascere mio figlio in un altro paese e soprattutto sono stata io un'idiota a non averlo scoperto prima-
-Cos'avresti potuto fare se lo avessi scoperto prima? Niente-
-E invece sarei rimasta in Italia, con l'aiuto della mia famiglia e delle persone che mi vogliono bene-
-Stai insinuando che io non ci tengo a te?-
-Non ho mai detto questo....ma...- mi interrompe senza nemmeno farmi finire la frase
-Ma continui ad amare quel coglione e volevi stare con lui!-
-Beh si!-
Accelera ed io stringo forte Carlo, tenendomi stretta alla maniglia della portiera.
-Vuoi guidare più piano?-
-Siamo arrivati a questo maledetto anagrafe, scendi e fa come ti pare. Sappi che da questo momento in poi non mi farò più carico di questo bambino-
-Fa quello che vuoi imbecille-
Apro la portiera e scendo subito con Carlo in braccio. Entro e chiedo informazioni, poi mi dirigo davanti alla porta di una specie di piccolo ufficio.
-Salve, desidera?- un uomo di mezz'età dai capelli brizzolati e gli occhi come la pece guarda me e il mio bambino, seduto alla scrivania
-Salve, dovrei registrare mio figlio-
-Prego,si accomodi- mi siedo cercando di non svegliare Carlo
-Io sono italiana ed il padre del bambino anche, ma è in Italia, posso registrarlo comunque?-
-Si, si può fare-
-Potrò in futuro viaggiare per tornare in Italia?-
-Si, signora-
-Perfetto allora-
Tra carte e documenti passa una mezzora abbondante e possibilmente Andreas mi avrà lasciata qui, soprattutto dopo la discussione che abbiamo avuto.
-Quindi il bambino si chiama Carlo Casillo?-
A solo sentirlo mi vengono i brividi in tutta la schiena.
-Si...-
-Perfetto, tutto è andato a buon fine. Arrivederci-
-Arrivederci- lo saluto con educazione ed esco dal piccolo ufficio, percorro un lungo corridoio ed esco dall'edificio coprendo bene Carlo. Sono sorpresa, Andreas sta ancora aspettando in macchina davanti all'anagrafe, ha il finestrino aperto e sta fumando una sigaretta. Tiene lo sguardo fisso davanti a lui e quando mi vede arrivare butta la sigaretta. Rientro in macchina e senza dire nulla rimette in moto.
Arrivati a casa nessuna parola, io ne approfitto per allattare Carlo così vado nella mia stanza. Lo poggio per un attimo dentro la culletta in vimini che avevamo ordinato e tolgo il giubotto, dopodiché lo riprendo in braccio e comincia a strizzare gli occhi, li apre e sbattendo le sue piccole palpebre mi guarda.
-Ciao amore mio- gli lascio un piccolo bacio sulla fronte e mi siedo sul letto. Tolgo la maglietta e abbasso una coppa del reggiseno, lo avvicino al mio petto e subito si attacca. Essere mamma è una sensazione così bella che non avrei mai capito se non l'avessi provato. Lo amo così tanto, dal momento in cui ho scoperto la sua esistenza dentro me e a maggior ragione perché è anche figlio del più grande amore della mia vita. Il mio unico compito in questa vita è proteggerlo, amarlo e prendermi cura di lui fino all'ultimo respiro.   

Un'incredibile agoniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora