CAPITOLO QUARANTANOVE

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  Ho la valigia pronta, ho salutato la signora Rocìo che è stata gentilissima con me e sono pronta per andare in aeroporto, ritornare e dire a tutti che dentro di me c'è una piccola creatura..soprattutto ad Alessandro.
-Sei testarda- dice Andreas mentre mi porta la valigia
-Sto facendo le cose come devono essere-
-E' rischioso-
-Non lo è-
Saluto Rocìo e Pablo, il padre di Andreas
-Buona fortuna cara-
-Grazie mille signora!-
Usciamo dalla porta e il taxi è già fuori ad aspettarci, saliamo e ci avviamo verso l'aeroporto.
-Quanto rimarrai qui?-
-Ormai per sempre Marìa, non credo di ritornare in Italia. Che senso ha?Vuoi viverti la tua vita- i suoi occhi sono malinconici e pieni di tristezza e mi dispiace, ma non posso fare a meno di questa partenza. Arriviamo dopo circa quindici minuti, scendiamo ed entriamo dentro l'aeroporto.
-Aah!- sento un'improvvisa fitta al ventre, che mi succede?
-Marìa che hai?- chiede Andreas preoccupato prendendomi la mano
La fitta si fa sempre più forte e dolorosa, non mi reggo in piedi e mi gira la testa.
-Mi fa male la pancia!- dico sofferente
-Dobbiamo andare in ospedale-
-No..!-
-Si, non si discute!- mi prende in braccio e rientriamo nel taxi, continuo a sentire questa fitta più forte di prima e mi contorco su me stessa. Arriviamo dopo un bel po', mi fanno sdraiare su una barella e sento Andreas spiegare al dottore la situazione. Il dolore continua e poi buio.
Mi risveglio con una flebo e Andreas accanto a me, parla con il dottore.
-Che è successo?- chiedo con un filo di voce
-Signorina, lei stava per perdere il bambino-
-Come?- non è possibile, come ho potuto essere così incosciente?
-Non può viaggiare, è rischioso perché sia lei che il bambino siete molto deboli. Le prescriverò delle gocce di ferro e acido folico, mi raccomando a riposo-
Stavo per mettere a rischio la vita del mio bambino, non posso essere così stupida. Vorrei tanto essere in Italia...ma se devo rimanere qui per mio figlio allora lo farò, è l'unica cosa che mi è rimasta di Alessandro.
-Adesso capisci perché non volevo farti partire?-
-Si...io..-
-Stellina devi rimanere qui, te l'ho detto affittiamo una casa e stiamo lì per tutto il tempo della gravidanza-
-Andreas io..-
-Lo so che è difficile ma non mettiamo a rischio la vita di questo bambino-
-Non mi rimane altra scelta...quindi okay-
Sorride, è felice lo so. Io non faccio altro che pensare a quello che mi aspetterà ora, a come sarà vivere con un ragazzo che non amo e come sarà la mia vita con lui.

La casa che ha affittato Andreas è piccolina ma accogliente, al primo piano di una palazzina vicino al centro. Un piccolo salotto, una camera da letto, un bagno, una cucina e una camera per gli ospiti. Non credo proprio di voler condividere il letto con lui, almeno non per adesso.
-Non mi sento di dormire con te...- dico mentre sistema le sue cose nell'armadio
-Perché?-
Scosto la testa come per cercare di fargli capire che non riesco a dormire con un altro se non Alessandro.
-Ho capito, va bene, non ti farò pressione-
-Preferisco stare nell'altra stanza-
Sistemo le mie cose nell'armadio e capisco che devo fare acquisti, mi servirà tutto il necessario.
-Andreas, come faremo a comprare le cose per il bambino?-
-Non preoccuparti, ho qualche risparmio da parte-
-Non voglio che usi i tuoi soldi per noi-
-Ormai siamo una famiglia Marìa, almeno per i primi tempi vorrei che mi lasciassi comportare da padre-
-...Scusa ma...-
-E' possibile che devi obiettare sempre?-
-No, volevo solo trovarmi un lavoro-
-Assolutamente no, rischi di finire come quel giorno all'aeroporto. Pensa a riposarti, sei debole-
-Non sono malata Andreas, reggo in piedi ora. Ho preso tutto quello che mi ha prescritto il medico senza lamenti, ora sto bene-
-Non significa che puoi lavorare, cosa vorresti fare poi?-
-Non so, niente di stancante-
-Lascia stare-
E' inutile insistere con lui, cercare di cambiare le cose è quasi impossibile. Mi ritrovo qui adesso, al terzo mese di gravidanza vivendo con un uomo che non amo, pensando ad una vita secondo i canoni di una terra che non mi appartiene nonostante mi piaccia. Si, adoro la Spagna, ma non sono abituata alle loro usanze, al loro ritmo di vita, al loro modo di pensare.
Si fa sera, Andreas va a comprare qualcosa da mangiare in modo che io possa cucinarla. Mi affaccio al balcone e osservo il panorama: auto in coda, luci accese, frenesia cittadina, aria diversa. Metto una mano sulla mia pancia e la accarezzo.
-Figlio mio, adesso siamo noi due. Ti prometto che il mio unico compito sarà rimanere con te per tutta la vita- dico ad alta voce, parlando con l'unica cosa che mi è rimasta di quell'amore folle.  

Un'incredibile agoniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora