CAPITOLO TRENTATRE

36 2 0
                                    

  Febbraio, Napoli, Italia.
Il buio regna nella mia stanza, solo una lievissima 'luce' entra dalla finestra. Apro lentamente gli occhi ancora accoccolata al piumone caldo, intravedo delle goccioline sul vetro della mia finestra, sento un rumore di pioggia violenta e.... dei singhiozzi. Strofino gli occhi e cerco di svegliarmi del tutto, controllo l'orologio e vedo che sono le sei e mezzo del mattino. Mi alzo avvolgendomi alla vestaglia, e sposto un po' la tenda. Il mare è agitatissimo e le sue grandi onde sbattono sugli scoglietti emanando schizzi d'acqua salata un po' dappertutto, fiumiciattoli di acqua scorrono sulla strada e ancora pioggia.. e ancora singhiozzi. Apro la porta e sento che sono ancora più forti, è mia madre? Scendo velocemente le scale e la vedo seduta sul divano, immobile, lacrimante.
-Mamma, cos'è successo?- dico allarmata
Si alza velocemente e mi viene incontro abbracciandomi, singhiozza sulla mia spalla come io facevo quando ero piccola su di lei.
-Tesoro....- dice ancora singhiozzando e guardandomi. I suoi occhi sono rossi e gonfi, piange da tanto
-Mamma mi spaventi, che hai?- dico alzando un po' il tono di voce
-Carlo....- dice ancora tra un singhiozzo e l'altro- Carlo...è...-
-Carlo cosa?!- dico guardandola disperatamente
-Carlo è...è morto- dice piangendo più forte
Carlo? Ma che sta dicendo? Mio fratello? No, non può essere.
-Che...che stai dicendo?- dico sentendo un tremolio dentro di me, come se mi stessero per cadere le gambe
-E' vero...credimi tesoro...purtroppo è vero. Il nostro Carlo è andato via a causa di quella maledetta guerra- piange ancora, più forte, le lacrime scendono come la pioggia che scende sulle vetrate delle finestre.
-No...no...- indietreggio, il mio respiro si spezza, il mio cuore lo segue, sento rompersi dentro di me ogni parte, ogni cosa. Le mie vene si gelano, il sangue sembra non scorrermi più ed io sono ancora incredula. Mi appoggio sulla sedia e il mio viso si contorce, gli occhi si fanno lucidi e le lacrime cominciano a scendere. Mia madre viene verso di me e mi abbraccia, ditemi che è un incubo, che è tutto falso, che il mio fratellone è vivo. Suonano alla porta, mia madre mi lascia un attimo per andare ad aprire. Ci sono due uomini vestiti in militare.
-Signora, condoglianze per suo figlio Carlo...volevamo comunicarle che la salma verrà portata qui- dice un uomo stringendo il suo cappello tra le mani
Mia madre si limita ad annuire, io mi faccio avanti raggiungendola e poi ecco mio padre. Ha sentito tutto, è immobile dietro di noi con ancora addosso il suo pigiama a quadretti blu.
-Che assurdità è mai questa!?- esclama mio padre con il respiro spezzato
-Ci dispiace tanto signori Ferretti, ma è così...il nostro collega è deceduto dopo un'ora- dice uno dei due uomini con aria dispiaciuta
-Per favore, raccontateci tutto con esattezza- dico tra le lacrime
Si siedono sul divano ed io mi stringo a mia madre, che continua a piangere.
-Eravamo in missione in Libia, nel bel mezzo di una sparatoria contro un gruppo di militari africani. Purtroppo uno di quei soldati ha sparato vari colpi e..l'ha centrato in pieno sul petto- si ferma e cala di nuovo il silenzio in casa
-Non c'è stato nulla da fare, l'abbiamo subito soccorso ma il proiettile era troppo profondo ed aveva perso molto sangue- conclude l'altro
Non posso credere che la vita di mio fratello sia finita così, nel momento in cui stava salvando la vita ai suoi compagni. Ma perché? Perché lui?
Pochi secondi dopo altri due uomini in militare avanzano verso la porta, tenendo sulle loro spalle una bara. Una maledetta bara grigia, grigia come il cielo di questa orribile mattinata che mi sembra un incubo. Capisco allora che è tutta realtà, che il mio fratellone è volato via come un angelo. Mia madre continua a singhiozzare sempre più forte e le lacrime ininterrottamente scorrono sul mio viso, mio padre è con noi e ci stringe le braccia con forza,come per esprimere il suo dolore.

Lacrime, solo lacrime. Il mondo è crollato sulle mie spalle e il mio cuore si è spezzato in milioni di pezzi. Carlo, mio fratello, l'amore di una vita, il mio migliore amico, la persona più importante è volata via. Me l'ha portato via quel Dio a cui tanto credevo. Che ne sarà di me? Cosa sarà la mia vita senza di lui? Non potrò più rivedere il suo sorriso, non potrò più parlargli, né abbracciarlo, né sentire il suo calore. La vita è ingiusta, troppo ingiusta.
Sembrava stesse dormendo quando mia madre gli ha messo l'abito, il suo viso era ancora fresco e puro e gli ho dato un bacio. L'ultimo bacio sulla fronte, come lui faceva con me per darmi la buonanotte. Tutti sconvolti, anche Alessandro lo è, che nonostante siamo lontani mi è stato vicino tutta la giornata. Ma mai nessuno lo è quanto lo sono io.
E cammino, a malapena tenendomi in piedi, dietro questo macchinone nero come la pece e con dentro mio fratello. E continuo a camminare, stringendomi a mia madre e le lacrime non si sono mai fermate. Mio fratello doveva continuare a vivere, non stare dentro una bara. Mio fratello doveva passare del tempo con noi, nella nostra casa e non tre metri sotto terra. Non reggo, non posso. Vederlo calare dentro quel buco profondo, sigillare tutto e incidere il suo nome sulla lapide. No, non reggo. Non vedo più nulla, tutto buio, tristezza, voglio raggiungerti Carlo.   

Un'incredibile agoniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora