CAPITOLO CINQUANTUNO

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  L'inizio del mio primo anno in Spagna così come il mio primo compleanno,incinta di un ragazzo per me indimenticabile. Ho compiuto vent'anni il mese scorso, lontano dalla mia famiglia e dalla mia terra. Andreas ha voluto festeggiare con me semplicemente, tra una torta e un paio di orecchini. Il Natale in Spagna,così come il Capodanno e il mio compleanno sono stati monotoni, tra nostalgie e paure. Sto sistemando le ultime cose indispensabili nel borsone che porterò in ospedale quando arriverà il momento del parto, osservo una tutina blu notte e ci immagino Carlo. Non vedo l'ora di vedere il suo viso, le sue manine e i suoi occhi, se assomiglieranno a quelli di Alessandro e quindi saranno di un verde profondo e meraviglioso o ai miei, marroni come la terra. Dopo qualche minuto trascorso alle fantasie e alle immaginazioni, la ripiego con cura e la ripongo nel cassetto della mia stanza.
-Tutto bene?- mi chiede Andreas entrando nella stanza
-Si, stavo sistemando qualcosa-
Improvvisamente sento una fortissima fitta e mi piego su me stessa.
-Ehi, che ti prende?-
-Mi fa malissimo la pancia!-
-Marìa!Guarda il pavimento!- indica il suolo con il suo indice e il mio sguardo si abbassa, sono su una pozza d'acqua.
-Si sono rotte le acque!- dico sconvolta
-Cosa?-
-Per favore prendi il borsone e aiutami!-
Andreas è confuso, non sa cosa fare ed io sto entrando nel panico mentre le contrazioni continuano facendosi più forti. Prende il borsone e prende in braccio anche me, mi porta in macchina e quando sale subito mette in moto.
-Tutto okay?- mi chiede preoccupato
-No- dico con la fronte corrucciata e le mani sulla pancia
Arriviamo poco dopo e subito i medici mi fanno distendere su una barella. Mi portano in ginecologia ma Andreas rimane fuori, un'ostetrica mi aiuta con il borsone e tutto il resto mentre un medico mi controlla.
-Signorina è entrata in travaglio-
Lo sapevo, lo immaginavo. Sento contrazioni sempre più forti al basso ventre che mi lacerano dal dolore. Ho paura, ho bisogno di mia madre. Mamma dove sei? L'ostetrica cerca di rasserenarmi mentre il medico parla con gli infermieri per preparare la sala parto.
-Vuoi che chiami il tuo fidanzato?-
-No...io...- respiro affannosamente-voglio stare sola-
-Come vuole-
-Posso sapere a quanti centimetri sono?-
-Ancora a tre, bisogna arrivare a dieci-
-Come?Non ce la farò mai!-
-Ce la farà, non si preoccupi-
Continuo a dimenarmi, sto impazzendo e al solo pensiero che ancora non è ora mi gira forte la testa. Le contrazioni aumentano lasciandomi un dolore forte e acuto,il cuore mi batte fortissimo e sudo fredda. Mi sento mancare e ad un certo punto il buio si impossessa di me.

Sono trascorse due ore, sono ancora nella stessa stanza di prima. Attorno a me c'è un letto, qualche sedia e una finestra. Sarà pomeriggio inoltrato ed io continuo a sentire dolore, più forte di prima.
-Adesso vedo se si è ripresa, dopo di che se ha ancora dolore, le faremo l'epidurale- sento una voce avvicinarsi alla stanza, sono coperta da un lenzuolo bianco e ho freddo. La porta si apre ed ecco che ritorna l'ostetrica e il medico
-Come si sente?- mi chiede l'ostetrica
-Continuano i dolori e ho un gran mal di testa-
-Si calmi e respiri, prima è svenuta. Mantenga la calma, per calmare i dolori potremmo farle un'epidurale, è d'accordo?-
Tutto pur di calmare questi dolori atroci, annuisco e cerco di fare respiri profondi.
-E' a sei centimetri, non conviene farla adesso. Portiamola in sala parto- afferma il dottore
Cosa?Mi sto lacerando e non mi fanno l'epidurale? Mi sento rompere dentro. Oh piccolino mio, quanta fretta hai di venire al mondo! Due infermieri spostano la barella ed esco dalla stanza, guardo il soffitto con le mani ferme sul mio pancione. Leggo le varie scritte in spagnolo passando tra i vari reparti e non capisco quanto dista la sala parto. Entriamo dentro un grande ascensore per salire al piano superiore, non ho idea di dove sia Andreas ma mi ha lasciata qui nonostante io non voglia nessuno. Credevo venisse e insistesse a stare con me per incoraggiarmi e invece l'unica cosa che sa fare è dirmi continuamente di dimenticare Alessandro. Amore mio...come vorrei fossi qui, sta per nascere tuo figlio, nostro figlio. Arriviamo al piano superiore e qualcuno mi fissa mentre passo con la barella, ad un certo punto entro dentro una sala mediamente grande, qui intuisco che sono finalmente arrivata.
-Signorina dobbiamo metterla sul lettino- dice uno degli infermieri
-Si, okay-
Mi aiutano a passare nel lettino al centro della sala parto e poi escono entrambi dalla sala con la barella. Sono completamente sola, qui dentro non c'è nessuno, ho freddo, ho paura, siamo io e il mio bambino da soli. Prego mio fratello, sperando che possa portarmi lui un po' di coraggio e forza per affrontare tutto. Pochi secondi dopo ecco che arriva il medico, l'ostetrica e un'altra infermiera.
-Come si sente?- mi chiede il medico
-Male, ho troppo dolore-
-E' normale signorina, adesso controlliamo a che punto è-
Continuo a fare respiri profondi uno dopo l'altro, l'ostetrica viene verso di me e mi tiene la mano.
-Posso sapere perché sei sola? Sei molto giovane...quanti anni hai?-
-Venti- dico tra una contrazione e l'altra e con un filo di voce
-Tua madre non c'è? Il tuo fidanzato?-
-Sono italiana, mia madre è in Italia- una lacrima mi scende e vorrei piangere senza mai fermarmi ma devo essere forte
-Il tuo fidanzato è quello che aspetta sotto? Vuoi che lo faccia salire per assisterti?-
-No io...sto bene così-
-Come desideri, io ti terrò la mano comunque- mi sorride
-Grazie-
-Ci siamo!- dice il medico-quando le do il via,spinga forte-
-Si, va bene!-
-Nel frattempo respiri e stia tranquilla- mi dice l'ostetrica afferrandomi la mano
-Forza, vada!-
Spingo con tutta la forza che ho gridando e stritolando la mano della povera ostetrica, respiro e poi riprendo a spingere.
-Vedo la testa, spinga!-
Faccio come dice il medico e spingo, una, due, tre volte ma mi sento morire, mi manca l'aria ed il dolore è inspiegabile.
-Un ultima volta!-
Spingo ancora e sfinita poggio la testa sullo schienale, mollando la mano all'ostetrica. Il pianto di mio figlio fa sorridere il medico, l'ostetrica e l'infermiera e...anche me. L'infermiera lo avvolge in una stoffa bianca e il mio piccolino continua a piangere, lo asciugano e lo poggiano sul mio petto. Tesoro mio, eccoti finalmente! Piango dalla felicità e accarezzo lievemente il suo viso così piccolo, continua a piangere ma poi apre gli occhi e mi guarda.
-Ciao piccolino mio- le lacrime mi scendono senza sosta e lui ormai calmo mi guarda, i suoi occhi sono un misto tra castano e verde e il suo nasino proprio come il mio. Ha tanti capelli color miele e le sue manine si stringono in pugnetti.
Il medico taglia il cordone ombelicale, quello che ci ha tenuti legati per nove mesi, quello che avrebbe dovuto tagliare Alessandro.
-Me lo dia, così possiamo lavarlo- dice l'infermiera
-Okay- porgo il mio bambino all'infermiera mentre il medico mi da i punti

Mi hanno sistemata in una piccola stanza e adesso mi trovo su un letto sotto le coperte, mi sento stanca e noto che ormai è scesa la sera. Ed è così che oggi, dieci febbraio, in una sera in cui il cielo è colmo di stelle, nasce il mio Carlo. Osservo nei dintorni, un armadio, un comodino accanto al letto e una porticina che da sul bagno. Anche in questa stanza sola, senza nessuno.
-Mamma...come vorrei fossi qui- dico ad alta voce
La porta si apre ed entra l'infermiera insieme al medico, con una culletta mobile trasparente. Ecco il mio piccolino.
-Come sta?- mi chiede il medico
-Dolorante, ma bene-
L'infermiera prende Carlo e me lo porge, ha gli occhi socchiusi e appena lo poggio al mio seno lo cerca e mi stringe una ciocca di capelli.
-Marìa!- Andreas entra nella stanza e si precipita da me, mi da un bacio sulla fronte e poi si blocca ad osservare Carlo
-Non è bellissimo?- dico sorridendo e accarezzando la sua testolina
-Si..è pazzesco..-
-Congratulazioni- dice il medico sorridendo- ha già dato un nome al bambino?-
-Si, Carlo-
-Come tuo fratello?- mi chiede Andreas
-Esattamente-
-Mi congratulo anche con lei, ha fatto un capolavoro- dice il medico riferendosi ad Andreas
Subito il mio sorriso svanisce mentre Andreas lo ringrazia, come può dire una cosa del genere?
-Non è lui il padre- affermo
-Ah, allora mi scusi-
-Non si preoccupi-
Andreas mi guarda male ma io continuo ad ammirare la bellezza di mio figlio.
-Passerò domattina per i vari controlli, adesso provi ad allattarlo- il medico esce dalla stanza mentre Andreas mi guarda. La prima poppata, il primo contatto diretto tra me e il mio tesoro. Non vedo l'ora di allattarlo, di osservarlo e capire ogni suo movimento.
-Perché hai detto al dottore che Carlo non è mio figlio?-
-Perché è la verità Andreas, non farmelo ripetere altre mille volte-
-Hai rovinato tutto-
-Ho rovinato tutto?E' un giorno che sono sola! In travaglio e nella sala parto-
-Anche se fossi venuto con te mi avresti lasciato assistere? Non credo proprio-
-Avrei avuto un conforto lo stesso, si capisce soprattutto da questo che non sei suo padre-
-BASTA!- alza la voce e Carlo dimenandosi tra le mie braccia piange
-Non alzare la voce, lo spaventi. Adesso per favore lasciami sola, come hai fatto oggi, devo allattarlo-
-Non posso neanche rimanere a guardarti, zero. D'accordo Marìa. Ci vediamo quando uscirai di qui- si alza dalla sedia ed esce sbattendo la porta. Sono stanca di sopportare la sua presunzione, le cose stanno così e non possono essere in nessun altro modo. Sollevo leggermente Carlo e scopro il mio seno, lo avvicino e subito il mio piccolo si attacca mettendo la sua piccola manina su di me. Lo stringo a me e continuo ad accarezzare la sua testolina, sorridendo.
-Piccolo mio, ti amo tanto. Sono sicura che anche tuo padre di amerà , lo conoscerai e staremo insieme per sempre te lo prometto-  

Un'incredibile agoniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora