capitolo diciassette

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Harry's P.O.V.

Qualcosa di duro mi colpì sul fianco, facendomi scuotere tutto il corpo, ma il colpo non fu abbastanza forte da farmi aprire gli occhi. L'oscurità mi circondò e mi inghiottì così velocemente che mi sentii parte di essa, fuso nel colore nero come la pece. Non sapevo se fossi incosciente o sveglio, se fossi vivo o morto, se fossi ancora nel mio corpo o da qualche parte fuori da esso. Non sentivo nulla, non provavo nulla, non vedevo altro che nero.

Ma, da qualche parte in fondo alla mia coscienza, realizzai che ci ero già passato. Una volta, tanto tempo fa.

Nel giorno in cui tutto nella mia vita andò a pezzi.

E, mentre tutti i piccoli dettagli balenavano nella mia mente, vidi l'oscurità scomparire lentamente come una tenda, rivelando qualcosa che avevo cercato di non ricordare. Qualcosa che avevo voluto dimenticare, eliminare dalla mia mente. Pregai di ritornare nell'oscurità, volevo urlare e lottare, volevo anche aprire gli occhi sulla realtà. Ma fui forzato a guardare quel momento della mia infanzia che la tenda scura aveva rivelato.

Riuscivo a vedermi. Un ragazzo di 12 anni con i capelli ricci e un gran sorriso che correva a casa dopo scuola. In quel periodo non ero ancora diventato un criminale pericoloso che voleva distruggere tutto ciò che gli era intorno. Ero un ragazzo innocente che prendeva bei voti a scuola e aveva un sacco di amici. Un ragazzo che sorrideva e rideva molto, che era amichevole con tutti e voleva cambiare il mondo in un posto migliore.

Prima che tutto precipitasse.

Guardavo come dall'alto e vedevo me stesso correre lungo le strade con un'espressione eccitata sul volto. C'era un regalo avvolto scherzosamente in una mano e continuavo a fissarlo con occhi scintillanti. Era un regalo per mia madre dato che era il suo compleanno. Piccolo, ma un bellissimo modello di nave che avevo fatto io stesso. Avevo fatto del mio meglio, in modo tale che fosse il più perfetto possibile, e il risultato era stato assolutamente spettacolare. Ero ansioso di darlo a mia madre.

Il piccolo me aveva già raggiunto la strada dove era presente la nostra casa celeste. Volevo raggiungere me stesso per farlo smettere di correre, per fare qualcosa per impedire che entrassi in casa. Aprii la bocca per urlare ma non uscì nessun suono e fui ancora forzato a vedere la piccola versione di me raggiungere casa.

E improvvisamente non stavo più guardando gli eventi dall'alto. Ora ero dentro me stesso e vedevo tutto attraverso gli occhi di un dodicenne. Ero in piedi davanti la porta e presi le chiavi dalla tasca prima di aprire la porta. Corsi dentro, gettai lo zaino a terra e, tenendo ancora il regalo tra le mie piccole mani, esclamai eccitato:

"Mamma!"

Non ebbi risposte, invece sentii un suono smorzato provenire dalla cucina. Corsi non sospettando qualcosa di brutto e la vista che incontrai mi fece congelare dallo shock. Il regalo cadde dalle mie mani e colpì il pavimento, causando un forte tonfo che ferì le mie orecchie. In qualche modo sapevo che ero nei miei ricordi e in realtà il mio regalo caduto non aveva fatto nessun rumore, ma ora, mentre rivivevo quel momento, tutti i suoni erano due volte più forti. Le urla di mia madre, il mio cuore che sembrava rallentare, il botto di una finestra al piano di sopra a causa del vento.

Fissai la terribile vista davanti a me e vivetti di nuovo quei terribili secondi, sentendo il terrore calare su di me. Vidi le braccia di mia madre piene di profondi tagli sanguinanti, il suo bel viso ora era gonfio, i suoi occhi grigi pieni di lacrime, il suo vestito stropicciato. Poi il mio sguardo cadde su quello che stava tenendo un coltello contro la gola di mia madre. Si chiamava Robert.

Lui e mia madre erano stati insieme per circa sei mesi. All'inizio sembrava essere una persona molto carina e, dato che non avevo mai avuto un vero padre, avevo pensato che Robert potesse essere il mio patrigno se avesse sposato mia madre.

24 Hours [h.s. - italian translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora