capitolo diciotto

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I nostri passi echeggiavano nel vuoto e ampio corridoio che era scarsamente illuminato. I miei occhi viaggiavano per tutto il posto e, a volte, mi fermavo per guardare da vicino alcuni dettagli. Non ero mai stata nell'arena di Stonebridge e, nonostante non avessimo raggiunto ancora l'atrio principale, ero già affascinata all'edificio.

Probabilmente sarei stata anche più eccitata, ma, quando il mio sguardo cadde su Harry, che camminava davanti a me, sentii la tristezza scivolare su di me. Non potei fare a meno di notare le sue spalle ricurve e il modo in cui camminava. I suoi passi erano lenti e a malapena udibili, invece del solito scatto udibile. Non l'avevo visto in volto dopo ciò che era successo nel parcheggio, perchè l'aveva coperto col cappuccio appena si era allontanato dal mio abbraccio. Non avevamo detto una parola, entrambi consapevoli che le parole sarebbero state inutili in questa situazione. Sapevo che non avrei dovuto vedere ciò che era successo ad Harry, scommetto che nessuno aveva mai assistito prima a quel suo lato vulnerabile. Il modo in cui il suo corpo tremava e gli occhi verdi che riflettevano solo miseria mi avevano fatto stringere il cuore. Avevo visto un'anima rotta, non quella rude e spaventosa che usava per nascondere ciò che aveva dentro.

Accelerai il passo per raggiungere Harry e iniziai a camminare accanto a lui. Non sapevo in che parte dell'arena ci stessimo dirigendo, quindi potevo soltanto seguirlo. Nonostante Harry non avesse detto nulla, aveva, in qualche modo, risolto l'indizio con gli strani numeri e la lettera. Appena aveva fermato la macchina vicino l'arena di Stonebridge, capii che la lettera significasse capienza.

Dall'angolo dell'occhio vidi Harry fissarmi velocemente, poi riportò lo sguardo a terra. Il mio cuore fu pieno di tristezza ancora una volta e deglutii il nodo in gola. Dal momento in cui avevo stretto il suo corpo tremante nel mezzo del parcheggio e visto l'incredibile dolore nei suoi occhi, mi ero determinata a trovare un modo per aiutarlo. Mi rifutavo di credere che fosse già un caso senza speranza, doveva esserci un modo per aggiustarlo ed alleviare quel dolore dentro di lui. Non sapevo cosa l'avesse causato, sapevo solo che qualche ragazzo di nome Robert era, in qualche modo, coinvolto dato che Harry aveva gridato il suo nome mentre distruggeva la macchina. Se solo avessi saputo cosa avesse fatto cambiare Harry nella persona che era adesso così che potessi provare ad aiutarlo.

Meritava di essere guarito.

Guardai di nuovo Harry prima di prendere gentilemente la sua mano nella mia. Volevo che sapesse che ero al suo fianco e non avrebbe dovuto vergognarsi di mostrare il suo lato debole con me. Volevo che sapesse che non era solo. Il mio gesto sorprese Harry e i nostri occhi si incontrarono per un momento. Ma non allontanò la sua mano. Invece, intrecciò le nostre dita insieme e notai i suoi occhi verdi ammorbidirsi un po', assicurandomi che avevo fatto la cosa giusta.

Camminammo mano nella mano per un po'. L'arena non mi interessava più, potevo solo pensare ad Harry. Presto lo vidi girarsi e, quando sollevai lo sguardo, notai che avevamo raggiunto l'ingresso principale. Dozzine di filari erano a malapena in piedi nel buio, solo il palco era illuminato e, nel mezzo di esso, vidi un grande piano nero. Ricordai che ci fu un grande concerto con molti pianisti famosi per un paio di giorni. Era stato sui giornali pochi giorni prima. Sfotunatamente, tutti i biglietti erano già stati venduti, quindi non avevo avuto l'opportunità di andarci anche se avessi voluto.

Fissai il grande piano, chiedendomi come sarebbe stato suonarlo. Scommettevo che probabilmente fosse molto piò bello del mio vecchio piano nell'appartamento. Non ero neanche vicina ad essere il miglior pianista del mondo dato che l'avevo suonato solo per pochi anni, ma non potevo dire nemmeno che ero male.

Spostai gli occhi dal piano, sentendo il cuore dolere al fatto che non potessi provare a suonarlo. Avrei dovuto cercare il prossimo indizio, non avrei dovuto distrarmi. Iniziai a camminare tra i filari, lasciando vagare lo sguardo in diverse direzioni mentre cercavo la scatola. Harry era già lontano e, la volta successiva che lo guardai, era salito sul palco.

Feci alcuni passi in avanti, gli occhi focalizzati su di lui. Lo vidi camminare lentamente verso il grande pianoforte e accarezzare il coperchio nero lucido. Iniziai a camminare verso il palco senza distogliere lo sguardo dal viso di Harry, che sembrava stranamente calmo. La penombra illuminava direttamente il grande pianoforte e, prima che potessi battere gli occhi, Harry si sedette sul sedile e aprì il coperchio del piano. Per un momento accarezzò i tasti bianchi e neri e sentii il mio respiro bloccarsi in gola quando pensai che stesse davvero per suonare quel magnifico stumento.

Non avrei mai pensato che Harry sapesse suonare il pianoforte.

Non avevo neanche notato che mi fossi avvicinata al palco, e ora potevo vedere meglio il viso di Harry. Il piede si mosse leggermente mentre lo posizionava sul pedale e, dopo aver preso un paio di respiri, iniziò a suonare una melodia che non avevo mai sentito prima.

Dire che la melodia era bellissima sarebbe stata un'attenuazione. Era molto più di quello. Il modo in cui Harry lasciava vagare le dita sui tasti e il modo in cui era completamente perso nella musica avevano già detto che la melodia significava molto per lui. Non stava solamente suonando e ascoltando, la sentiva. Sembrava come se fosse in un mondo suo dove la musica era capace di dire tutte le sue emozioni senza l'uso delle parole. Aveva un'espressione calma ma triste sul volto e, mentre suonava, chiuse gli occhi un paio di volte come se avesse lasciato alle note riempire ogni cellula dentro di sè. La penombra si formò intorno a lui come un'aureola e, per un momento, credetti di star guardando un angelo.

Un angelo distrutto.

Le ultime note echeggiarono nell'atrio vuoto, poi il silenzio mi circondò. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da Harry, le cui dita stavano ancora sui tasti, prima che le lasciasse scivolare lentamente mentre tornava alla realtà. C'era così tanta calma che potevo sentire il mio cuore battere in petto. Sembrava che tutto il mondo avesse trattenuto il respiro mentre ascoltava Harry suonare, ed ora c'era solo silenzio.

Harry lentamente si alzò e abbassò il coperchio del grande pianoforte. Le sue mani tremavano leggermente e il cappuccio era scivolato dalla testa, rivelando i suoi ricci scuri. I suoi luminosi occhi verdi brillavano nella penombra, sembrando più tristi di prima. Qualcosa brillò sulla sua guancia, ma ebbi a malapena il tempo di notarlo che si girò, sollevando la mano per nascondere il volto. Comunque, ebbi il tempo di vederlo.

Stava piangendo.

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E' in assoluto il capitolo più triste e commovente che abbia tradotto fin ad ora di questa storia.

Mi ha proprio immersa nei loro panni, specialmente in quelli di Harry. E me lo immaginavo proprio lì, nel buio, circondato da una tenue luce e immerso nelle note, come se il mondo fosse scomparso o ai suoi piedi.

Piango, piango, piango.

Corretto.

24 Hours [h.s. - italian translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora