capitolo trentuno

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Harry's P.O.V.

Quando Carissa scomparve nell'ospedale psichiatrico, immediatamente mi pentii di averla lasciata andare da sola. Sarei dovuto andare con lei, non importava quali fossero state le conseguenze, invece avevo agito come un codardo. Sapevo che non mi avrebbe detto mai di no se le avessi chiesto di fare qualcosa per me, almeno non ora che ci eravamo così avvicinati. Era sempre pronta a correre il rischio per me e mi odiavo che l'avessi usato come un tornaconto.

"Cazzo." imprecai tra i denti prima di aggiustarmi il cappuccio per comprirmi il volto mentre le due infermiere, che avevo visto uscire dall'edificio, si avvicinavano. Le guardai attentamente, ma fortunatamente non sembrarono prestarmi attenzione. Una di loro stava parlando al telefono e l'altra le camminava semplicemente accanto, canticchiando qualche canzone. Presto, entrambe si voltarono e si incamminarono verso le porte principali dell'edificio.

Presi un profondo respiro e, dopo essermi guardato intorno, mi avvicinai al cancello. Il mio sguardo scivolò sulle infermiere che stavano appena entrando nell'edificio. Appena la doppia porta si chiuse dietro di loro, sospirai prima di riportare lo sguardo sul cancello. Non esitai più, invece iniziai a scavalcare e, pochi secondi dopo, ero già dall'altra parte del cancello.

Appena mi sollevai interamente, il pensiero che avevo provato a scacciare via ritornò in mente, facendomi sentire come lacerato in due direzioni diverse. Sapevo che dovevo piuttosto rimanere vicino la macchina, entrare nell'ospedale era un grosso rischio, ma c'era Carissa lì e se le fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato. Inoltre c'era ancora una possibilità che sarei riuscito ad entrare e ad uscire dall'edificio senza essere visto dalla persona che non mi era permesso vedere.

Il vento freddo soffiava sul mio volto mentre mi dirigevo con determinazione verso la doppia porta. Continuavo a guardarmi intorno, specialmente le finestre dell'edificio, ma molte di esse avevano ancora le tende che privavano della vista esterna. Dietro una di quelle finestre c'era la sua stanza e immediatamente, appena il pensiero mi attraversò la mente, sentii una forte stretta al cuore.

Avrei dovuto proteggerla, sarei dovuto stare al suo fianco.

Non avrei mai dovuto lasciarla sola quella notte.

Era colpa mia se ora era in manicomio e non riuscivo nemmeno a trovare un modo per farla uscire da lì. Sapevo che non era mentalmente malata, non c'era niente di sbagliato in lei, ma doveva comunque vivere in un posto dove erano mandate le persone pazze.

Con le mani chiuse a pugno, feci gli ultimi passi che mi distanziavano dalla doppia porta e, prima che potessi fermarmi, sollevai il braccio destro e sbattei il pugno contro la porta. Potevo sentire la rabbia ribollire dentro di me e, questa volta, era rabbia nei miei confronti, per essere un fottuto casino che non faceva nient'altro che distruggere tutto ciò che lo circondava.

Stavo per colpire la porta di nuovo, solo per far fuoriuscire la mia rabbia, quando improvvisamente si aprì rivelando una persona che non mi aspettavo di vedere in questo posto.

Per un momento ci guardammo solamente, i suoi occhi castani sempre luminosi pieni di lacrime mentre i miei erano spalancati dalla sorpresa. Lentamente feci cadere il braccio lungo il fianco e lasciai uscire un breve sospiro, studiando ancora il suo volto che non vedevo da molto tempo. Sembrava quasi la stessa, solo che aveva più rughe sotto gli occhi, probabilmente per tutto lo stress e le preoccupazioni che subiva. Anche i capelli non me li ricordavo così grigi, precedentemente avevano anche qualche sfumatura castana.

Notai che aveva aperto la bocca per parlare, ma la interruppi prima potesse dire qualcosa.

"Non devi dire nulla Mary. Sono qui per Carissa. Portala qui così possiamo andarcene da questo posto il più velocemente possibile."

24 Hours [h.s. - italian translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora