Capitolo 29: Lettere e lacrime

1.8K 147 11
                                    

Ivar accartocciò la lettera nel pugno della mano e la gettò tra le fiamme del caminetto acceso.

<< Dannazione!>> sbraitò alzandosi di colpo e colpendo con un calcio la sedia che aveva appena abbandonato.

<< Dannata donna!>> urlò ancora, poggiando entrambi i palmi delle mani sul muro affianco al caminetto.

Si sentiva esausto. Tutto il suo aspetto ed il suo comportamento mostrava i segni di quell'esaurimento che da tre settimane continuava a consumarlo. Esattamente dal momento in cui aveva abbandonato Eirlys a Carlyon senza rivolgerle la parola.

L'immagine di lei stesa nel loro letto gli offuscò per un momento la vista. Riusciva ad avvertire il calore del suo corpo, la morbidezza della sua pelle, sentiva al tatto le piccole cicatrici che costellavano la sua schiena, regalo d'infanzia della verga di sua madre. Quella dannata donna lo aveva stregato. Non poteva esserci nessun'altra spiegazione, era soggiogato da un incantesimo potentissimo. Altrimenti perché continuava a desiderare di tornare da lei nonostante quel terribile tradimento? Perché non riusciva a vederla per quello che era?

<< Dillo Ivar!>> si ripeté, scongiurando l'impulso che da settimane lo induceva a montare a cavallo e tornare da lei. << Dillo!>> e batté il palmo su quel muro. << È una sgualdrina! Ti sta tradendo! Ti sta usando!>>

Ma per quanto continuasse a ripeterlo, non riusciva a crederci fino in fondo. Era cambiata dopo la nascita di Eoghan, lui ci aveva creduto veramente e non poteva accettare di essersi sbagliato. Eirlys non aveva finto l'amore sconfinato che provava per il loro bambino. E quelle lettere, dannate lettere, lo dimostravano.

Afferrò il plico all'interno della sua bisaccia e cominciò a rileggerle, una ad una.

Marito mio,

in che modo vi ho offesa per dover patire una tale sofferenza? Mi avete abbandonata qui senza una parola, strappandomi mio figlio dalle braccia, rinchiudendomi come una reietta nella mia stanza. Continuano a drogarmi, mi costringono a credere di essere malata. Io non lo sono. Rivoglio solo il mio bambino. Vi prego tornate da me.

Marito,

questa è una crudeltà. Volete darmi delle spiegazioni? Volete tornare qui ed avere il coraggio di affrontarmi? Avevate promesso di rendermi felice, di portarmi lontano da questa corte, cosa è cambiato? In che modo vi ho offeso?

Marito,

mi sento morire. Mi state condannando ad una morte lenta e dolorosa. Ho paura che non mi farete rivedere mai più il mio bambino, il mio dolce angelo. Come potete strappare un figlio dalle braccia di sua madre? Lui starà soffrendo, lui sentirà la mia mancanza. Che uomo crudele siete diventato?

Erano tutte su quel tono. Vergate in maniera incerta, mosse dalla disperazione di una madre. Spesso l'inchiostro era sbiadito, forse dalle lacrime copiose di Eirlys, forse dalla rabbia di aver perso la cosa più preziosa della sua esistenza.

Ivar non le aveva mai risposto. Leggeva la lettera, la ripiegava e la infilava nel suo plico. A volte, di sera, mentre Eoghan piangeva disperato, ne rileggeva qualcuna e si chiedeva con quale coraggio stesse condannando quella donna ad una tale sofferenza. Una donna che aveva sofferto per tutta la sua esistenza. In quei momenti pensava di tornare a palazzo e di tener fede a tutte le promesse fatte.

Ma adesso era arrivata quella lettera ed Ivar non aveva potuto tenerla con sé. Quella lettera era la prova di tutta la cattiveria, la perfidia e l'insolenza di quella dannata donna che era stata costretto a sposare. Quella lettera dimostrava che il sangue non mente e che Eirlys non era poi diversa da quel mostro di suo madre Caitlin. Non poteva cambiare e lui non poteva amare un essere del genere.

Marito mio,

forse lo so perché siete andato via. Quel bacio dannato, quel bacio non voluto. Forse ne siete venuto a conoscenza, non so come, non so da chi. Ma vi giuro, marito mio, che io non ho cercato né incoraggiato vostro fratello. Non ho perpetrato io un tradimento tanto ignominioso, non ho cercato io un'intimità tanto disdicevole. È lui, marito mio, è lui che ha cercato ancora una volta di blandirmi. Non ho ceduto alle sue suppliche, non ho peccato nei vostri confronti né in quelli di Nostro Signore. Sono una moglie devota, una madre disperata, e vi chiedo di tornare e confrontarvi con me e nessun altro.

Ivar si era infuriato. Aveva avuto la tentazione di spaccare tutto ciò che lo circondasse, di scatenare la sua rabbia su qualsiasi cosa fosse a portata di mano. Come poteva Eirlys pensare di ingannarlo in quel modo? Pensava fosse uno stupido ragazzino innamorato? Aveva giocato con i suoi sentimenti, aveva approfittato una volta di troppo della sua bontà e della sua onestà. Lo sapeva che sua moglie non aveva fatto altro che entrare nelle grazie di suo fratello, sapeva perfettamente che lo aveva corteggiato per mesi e che quello sciocco si era invaghito di lei. Aveva creduto però che con la nascita di Eoghan le cose fossero cambiate, che quel bambino avesse cambiato il suo punto di vista, ma si era sbagliato. Si era sentito disonorato, ferito, devastato quando gli era stata raccontata la verità.

Si era trattato solo di un commento, una frase buttata lì con assoluta indifferenza, ma che celava una verità disarmante.

<< Sembra che la nostra dama rossa voglia essere la nuova Rut Mcclean.>>

Ed Ivar aveva sentito il terreno tremare. Poi aveva scoperto tutto. Le passeggiate, l'intimità, gli sguardi, il bacio e poi chissà cos'altro. Ivar non poteva e non voleva immaginarlo. Il solo pensiero di Tristan che stringeva fra le braccia sua moglie, che la spogliava e la possedeva gli dava l'impulso di correre ad ucciderlo con le sue mani.

Ora però lei ammetteva tutto e cercava di scrollarsi di dosso le sue colpe. Voleva rivedere Eoghan? O voleva semplicemente uscire dalla sua prigione? Ivar non ne era sicuro.

<< Dalach!>> urlò, spalancando la porta della locanda in cui aveva alloggiato quella notte ed uscendo nella fredda mattina.

La carovana era già pronta, i cavalli sellati, aspettavano solamente Trevelyan.

Un uomo basso, tozzo, già in groppa al suo destriero rispose al richiamo di Ivar.

<< Ordini, signore.>>

Ivar gettò uno sguardo alla portantina dove la balia e suo figlio viaggiavano.

<< Io e altri due uomini torniamo a Carlyon.>> asserì con decisione, indicando de giovani soldati. << Voi accompagnerete mio figlio a Scilly, lasciandolo alle cure di Tara Douglas, e rimarrete lì di guardia. Mi scriverete ogni settimana informandomi della situazione.>>

Dalach annuì e corse ad informare il resto della carovana.

Ivar montò con un balzo sul suo stallone e lanciò uno sguardo carico d'amore al figlio che dormiva beatamente. Avrebbe risolto tutta quella situazione. Eoghan sarebbe stato al sicuro.


La dama rossaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora