Capitolo 38: Un silenzio carico di odio

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Eirlys si accorse immediatamente della luce rossastra che proveniva dallo spioncino della porta della sua cella. Era accoccolata sul pagliericcio sporco, avvolta ancora intorno al mantello di suo marito, e dormicchiava ripensando ad ogni parola della conversazione con Ivar.

Lui non aveva creduto ad una sola delle sue parole. Eirlys lo aveva capito dal suo sguardo severo e dal modo in cui l'aveva lasciata di nuovo in quella cella, sola. Ivar era rimasto ferito, si era sentito tradito dalle sue azioni. Per un attimo Eirlys aveva pensato di rivelargli tutta la verità, di ammettere tutti i suoi crimini, e cercare poi di spiegargli che ora era tutto diverso. Ora l'unica cosa che desiderava era una famiglia, riabbracciare il suo bambino e scappare lontano da quell'isola. Poi però aveva desistito. Meglio una bugia, si era detta. Meglio una bugia, piuttosto che perdere per sempre qualsiasi possibilità di sopravvivere. Ma Ivar non le aveva creduto.

Eirlys spalancò gli occhi, attratta da quella luce, e si alzò con difficoltà dal suo giaciglio. Una speranza si riaccese per un attimo in lei. Era Ivar? Voleva aiutarla? Le aveva creduto? Eirlys affrettò il passo e cercò di osservare cosa accadeva fuori dalla sua cella. Non sembrava esserci nessuno, solamente quel fascio di luce rossa. Poi un odore nauseabondo le stuzzicò le narici ed Eirlys fu colta da un conato di vomito.

<< Ho assistito a un'esecuzione, tanti anni fa.>>

Una voce gracchiante, una voce che Eirlys riconobbe immediatamente, provenne dall'altro lato della porta. La ragazza poteva sentire la sua presenza, quel campanello che trillava in continuazione, il puzzo nauseabondo, l'orrore dell'aspetto di quell'uomo che di umano non aveva ormai più nulla.

<< Il patibolo era stato eretto al centro della piazza del mercato, la folla era assiepata da ore in attesa che il condannato giungesse dalle prigioni del castello. C'era una gran confusione, un gridare di uomini e di bambini, e tutti erano indifferenti al gran freddo che faceva.>> Eirlys non parlò, lasciò che lui proseguisse, la voce seria, profonda, tremante. << Poi l'uomo giunse. Indossava solo una lunga tunica bianca lacera, sporca delle sue feci e della sua urina, ed era scalzo. Lo trascinavano come una bestia, una corda legata attorno al collo. Aveva il viso tumefatto, il naso rotto, i capelli, un tempo biondi rossicci, sporchi di fango e sangue.>> Conall fece una pausa. Sembrava provato, come se il ricordo di quel momento lo tormentasse. << Sulla folla scese il silenzio quando lui cominciò ad avanzare verso il patibolo. Non era un silenzio reverenziale, né un segno di rispetto. Gli sguardi che gli rivolgevano erano pieni di odio. Era un silenzio carico di disprezzo. Un silenzio che nessun uomo vorrebbe mai che lo circondasse.>>

Eirlys poggiò la schiena contro l'uscio, ancora in silenzio, colpita profondamente da quel racconto.

<< L'uomo cominciò a piangere quando, con l'unico occhio sano, vide il patibolo di fronte a sé. Nessuno ebbe pietà di lui. Quel silenzio perdurò, anche quando lui salì le scale per raggiungere il boia, anche quando si inginocchiò e poggiò il capo sul ceppo che lo attendeva. Lui continuò a piangere. Nessuna preghiera venne recitata, nessuna estrema unzione venne impartita. I crimini di quell'uomo erano stati troppo atroci per poter essere perdonati da Nostro Signore.>> Conall si lasciò sfuggire una risata e il suo tono divenne tagliente. << Poi l'ascia cadde sul suo bel collo e fu una morte atroce. Servirono ben più di due colpi per recidere completamente la testa. Il sangue intanto schizzava, l'agonia di quell'uomo venne accolta sempre nel silenzio più totale. Tranne per un unico grido carico di un dolore indescrivibile. Un urlo che squarciò il silenzio irreale di quell'esecuzione. Poi la testa cadde giù, nel cesto che l'attendeva, e tutto finì esattamente com'era iniziato.>>

Eirlys sospirò, il corpo tremante per quel racconto brutale, ma continuò a rimanere in silenzio.

<< Anche voi sarete accolta nel silenzio.>> proseguì il giullare. << Anche voi avete compiuto dei crimini terribili. Anche la vostra testa rotolerà in un cesto, anche il vostro sangue bagnerà quel ceppo. Morirete presto.>>

Eirlys si asciugò le lacrime.

<< Mi avevate avvertita. I segreti non possono rimanere nascosti per sempre.>>

Non si sentiva infuriata, non era arrabbiata per le parole di quel mostro. Lo sapeva da giorni ormai. Ad attenderla c'era quel patibolo. Presto sarebbe morta.

<< Vostra madre forse aveva ragione. Siete solo una grande delusione.>> proseguì il giullare ma Eirlys continuò a non reagire. << Vi attende la stessa fine di vostro padre. Era lui sapete? L'uomo dell'esecuzione. È morto da poveraccio dopo aver perso tutto ciò che possedeva. L'urlo era quello di vostra madre, incinta di voi, che si doveva finalmente riconoscere sconfitta.>> il giullare rise. << Ma era solo un burattino vostro padre, esattamente come voi. È straordinario il modo in cui vostra madre sia riuscita a controllarvi anche dalla tomba.>>

<< Perché continuate a parlare di mia madre? Cosa volete da me?>> Eirlys prese a pugni l'uscio chiuso, ora carica di rabbia.

<< Vostra madre era una prostituta ed una strega.>> confessò infine il giullare. << Ha dissanguato queste terre, ha compiuto delle nefandezze così atroci da non poter essere nemmeno raccontate. Ed è morta in un letto, non bruciata viva come meritava! Suo marito, quello sciocco di vostro padre, si è lasciato imbrigliare dalle sue bugie e dai suoi incantesimi. Ma voi la verità non la conoscete giusto? Voi non sapete nulla della vera storia di questo regno?>>

Eirlys annaspò. Cosa diavolo blaterava?

<< Ora morirete come meritate. E vostro figlio vi seguirà, non temete. La regina non lo lascerà mai diventare un uomo.>>

Eirlys ripensò al suo bambino, così piccolo, così indifeso, e prese a tirare pugni sempre più forti contro l'uscio chiuso. Il giullare nel frattempo rideva, una risata che sembrava sempre più lontana, così come il fascio rossastro di luce. La ragazza prese a colpire la porta con tutto il peso del suo corpo, incapace di fare qualsiasi cosa, mentre continuava a piangere a dirotto ed urlare. Doveva rivedere suo figlio, doveva salvarlo, doveva stringerlo tra le braccia. Al diavolo sua madre, al diavolo suo padre, al diavolo quell'eredità così pesante e così confusa che si portava sulle spalle. Lei non voleva essere più una Ffelig, non voleva più rincorrere un trono che non sentiva suo, non voleva sapere la storia di quel regno. Voleva semplicemente essere una madre per suo figlio.

Continuò a prendere la  porta a pugni e a spallate. Non fece caso al sangue che le sporcò la tunica, non fece caso all'insensibilità della spalla. Continuò a colpire e a piangere. Continuò a gridare e a grattere con le unghie insanguinate quella porta che non voleva più aprirsi.

Quando le guardie giunsero finalmente a controllare, si trovarono di fronte uno spettacolo orrendo. Eirlys era sporca di sangue, gli occhi spiritati, il viso pallidissimo. Si avventò immediatamente su di loro, cercò di graffiarli, cercò di morderli, cercò di fuggire via per riprendersi il suo bambino. Sembrava una belva impazzita e gli uomini ebbero paura di lei.

<< Afferrala! Bloccala!>> gridò il maggiore di grado tra i due.

Una delle sue guardie l'afferrò per i lunghi capelli rossi e la bloccò contro il muro, costringendole le braccia dietro la schiena. Le legarono stretti polsi e la costrinsero sul suo pagliericcio.

Eirlys prese a singhiozzare, distrutta.

<< Mio figlio! Riportatemi il mio Eoghan!>>

Ma nessuno dei due volle ascoltarla.

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