Capitolo 35: Forse, finalmente, addio

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Eirlys non lasciò nemmeno che Ivar pronunciasse quel nome maledetto. In un attimo comprese tutto e, nello stesso istante, si sentì mancare e il suo viso divenne bianco come un cencio.

Blaine. Adesso ne era sicurissima.

<<Come hai potuto acconsentire a togliermi mio figlio?>> sbraitò, allontanandosi da Ivar. << Come hai potuto obbedirle? Quello che avete fatto è orribile, contro natura, troppo per chiunque!>>

Ivar cercò di riafferrarle le braccia, conscio che non avrebbe mai più potuto riconquistare la fiducia di sua moglie, ma Eirlys scivolò via, chiudendosi la porta alle spalle.

Ivar non era l'uomo che pensava. L'immagine dell' uomo buono, onesto, integerrimo era solamente un abbaglio. Aveva strappato un figlio ad una madre. Ivar non era meglio di lei. Agiva succube di una sola persona ed Eirlys sapeva perfettamente di chi si trattava.

Cominciò a correre. Si sentiva ancora debole dalla lotta con Catrina, i graffi sul viso e intorno al collo le bruciavano, ma la rabbia per il torto che aveva subito era troppo grande. Ignorò il dolore alle gambe e continuò a correre. In testa aveva una sola immagine: Eoghan. Le sue mani, le sue gambe, il suo bel visino, il suo pianto che le scioglieva il cuore. Non poteva pensare di non poterlo rivedere. Quella strega avrebbe fatto di tutto a quanto sembrava per strapparglielo tra le braccia. Perché però? Eirlys sapeva ben poco di quel che era successo in passato, nessuno le aveva raccontato nel dettaglio gli eventi che si erano susseguiti prima della sua nascita. Suo padre era un re, sua madre una regina, Meliodas e Blaine coloro che si erano impadroniti di un trono che non gli spettava. 

Si precipitò nella sua stanza, afferrò un mantello, e poche altre cose. Non sarebbe più stata prigioniera di quel posto, non avrebbe più aspettato che qualcuno le riportasse suo figlio. Era giunto il momento di correre a salvare il suo bambino.  Per la prima volta nella sua vita Eirlys si sentì in grado di affrontare il mondo esterno. Non era più una bambina, né una regina. Era una madre.

Sentì i passi di Ivar alle sue spalle. L'aveva seguita. Voleva intrappolarla ancora, convincerla che vivere senza suo figlio fosse la cosa migliore. Ma Eirlys non voleva ascoltare più tutte le sue bugie.

<< Lasciami andare!>> gridò subito, tenendolo a distanza con lo stiletto che aveva recuperato dalla sua cassapanca. << Voglio vedere mio figlio. Tu non me lo impedirai. Nè tu nè quella vecchia strega!>>

Ivar non tentò di toccarla. Rimase a distanza, le braccia lungo il corpo, e il suo viso assunse un'espressione carica di rimorso.

<< Eirlys, è mia madre.>> mormorò. << L'unica che abbia avuto e lei non può fidarsi di te. Di nessuno della tua stirpe.>>

Eirlys non voleva ascoltarlo, non voleva sentire giustificazioni. Blaine aveva oltrepassato ogni limite. Prigioniera, senza suo figlio. Eirlys si sentiva impazzire. Sembrava esattamente lo stesso destino toccato a sua madre. Quanto ci avrebbero messo a esiliarla a Scilly di nuovo? Una volta che fosse diventata vecchia, incapace di avere ancora figli, non sarebbe stata più un pericolo per il regno. Quale principe straniero avrebbe mai sposato una donna che non poteva avere eredi? Ma ad Eirlys tutto quello non interessava. Lei voleva solamente Eoghan.

<< Blaine non odia me. Blaine odia mia madre. Sai cosa? Anche io la odio con tutto il mio cuore. Tu non hai la minima di idea dell'inferno che ho dovuto passare. Lei non mi ha amato, mai.>>

Ivar le afferrò il braccio mentre tentava di oltrepassare la soglia della porta. Eirlys lo guardò con furia.

<< Ammettilo! Prima che Eoghan nascesse, hai creduto veramente che tutto questo ti appartenesse. La corona, il palazzo, il lusso. Pensavi di essere davvero l'erede legittimo e ci hai odiati tutti. Esattamente come ci odiava tua madre.>>

Eirlys lo strattonò e gli puntò il dito contro.

<< Io non lo credevo. Io l'ho sempre saputo. Tutto questo doveva essere mio. Ma ora non ha importanza. Ciò che voglio è mio figlio.>>

Fece per andarsene ma si immobilizzò quando Ivar parlò ancora.

<< Non ti fermerò.>> sospirò. << Prendi Eoghan, vai via di qui. Mi dimostrerai che avevo torto. Ciò che volevi era essere solamente una madre. Allora fallo. Rinuncia al tuo nome, rinuncia a qualsiasi rivendicazione su questo trono maledetto, e vivi una vita diversa da questa. Se lo farai, non rimpiangerò di aver perso mio figlio.>>

Eirlys voleva girarsi. Avrebbe voluto dirgli di andar via con lei, di vivere lontano da quel posto insieme, di crescere Eoghan come una vera famiglia. La rabbia però era troppa, la ferita ancora aperta. Ivar l'aveva rinchiusa, le aveva tolto tutto ciò che amava, le aveva mentito e l'aveva umiliata. Non meritava il suo perdono. Non meritava i sentimenti che forse aveva iniziato a provare per lui. Ivar non era meglio di lei e questa consapevolezza per Eirlys era quasi agghiacciante.

Riprese a correre, lo sguardo di Ivar ancora fisso sulla sua schiena, e non lo sentì. Non sentì ciò che Ivar le mormorò mentre la guardava fuggire via, finalmente libera, finalmente pronta ad amare e a rinunciare a tutti i doveri del suo nome e del suo passato.

<< Per quel vale, adesso lo so, sono innamorato di te.>>

Non sentì quella confessione che, forse, avrebbe potuto cambiare tutto. Se lo avesse sentito, probabilmente avrebbe dimenticato tutto. Tutti i torti, tutto l'odio, qualsiasi ferita si sarebbe rimarginata. Eirlys, alla fine, desiderava solamente qualcuno che la potesse amare per quello che era, dimenticando le atrocità che aveva compiuto. Esattamente come avrebbe fatto suo figlio Eoghan.

Ma non lo sentì. Fu altro quello che giunse alla sue orecchie, fu altro quello che vide. Dritto di fronte a sé, attraverso uno spiraglio della finestra, vide qualcosa cadere giù in picchiata, un'abbaglio di capelli biondi. Poi un tonfo. Grida, il nitrire di cavalli spaventati, il pianto di qualche bambino. 

Eirlys di precipitò ad affacciarsi al terrazzo più vicino, spaventata, dimentica per un attimo del suo obbiettivo. Così la vide e quell'immagine non la dimenticò più. C'era Catrina, il cranio sfondato, le gambe piegate in una posizione oscena, i biondi capelli intrisi di sangue, che fissava il cielo con gli occhi azzurri spalancati. 

Gridò, Eirlys, gridò per l'orrore di ciò che aveva fatto. Perché tutto quello era colpa sua. Catrina si era suicidata e lei ne era stata la causa. Tentò di girarsi, di tornare da Ivar, di cercare confronto tra le sue braccia. Ma non fece in tempo. 

Qualcuno le immobilizzò le braccia e le tappò la bocca. Poi una botte in testa le fece ronzare le orecchie e tutto divenne buio.


La dama rossaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora