Capitolo 15: Un cavallo rubato

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Ivar si risvegliò ancora con la sensazione del piacere che aveva provato la notte precedente. Il suo corpo vibrava al ricordo della pelle di Eirlys, del suo sapore, delle forme rotonde dei suoi seni. Avevano fatto l'amore ancora e ancora, senza stancarsi mai, senza bisogno di nessuna pausa, come se quel bisogno di perdersi l'uno nell'altro fosse una necessità imprescindibile. Ivar si era sorretto a lei come un bambino, perso e disperato in una passione e in un amore che non riusciva a dominare. Eirlys era sua, Eirlys lo amava, nulla e nessuno avrebbe più potuto separarli.

Sonnecchiando ancora la cercò al suo fianco, stesa sul pagliericcio, magra e fragile come sempre. Spalancò gli occhi quando si accorse che al suo fianco non c'era nessuno. Si rizzò immediatamente a sedere e osservò la semioscurità della stalla.

Era mattina ma fuori continuava a piovere incessantemente. Le galline chiocciavano e la capra rumoreggiava alle sue spalle ma di Eirlys non c'era nessuna traccia. Ivar sentì la paura attanagliarlo. Con un balzo fu in piedi e si rivestì in fretta e furia. Forse sua moglie era già a far colazione e non aveva voluto svegliarlo.

Uscì dalla stalla e immerse i piedi nel fango. L'intero cortile si era ridotto ad un pantano e la pioggia cadeva talmente fitta che era difficile riconoscere anche il piccolo profilo della casa dei contadini. Ivar si precipitò dai suoi ospiti, spalancò la porta e fu accolto dal magro calore del fuocherello che scoppiettava nel focolare. Alcuni bambini, i più piccoli della famiglia, dormivano ancora avvolti negli stracci mentre la matrona sbrigava in gran fretta le sue faccende. Si girò di colpo al suo ingresso, gli occhi sgranati per la paura, e si inchinò immediatamente.

<< Mio signore ...>> esclamò. << Mi avete spaventata.>>

Ivar setacciò con gli occhi la casa, l'inquietudine che cresceva e gli toglieva il fiato, e infine riservò alla donna uno sguardo gelido.

<< Dov'è mia moglie?>> urlò quasi, impaurito. Di lei in quel posto non c'era traccia.

La matrona cominciò a tremare, lo sguardo terreo.

<< Pensavo fosse con voi ...>> mormorò. << Qui non l'abbiamo vista da ieri sera a cena.>>
Ivar ansimò. Non era possibile. Non poteva averla persa ancora una volta.

Corse fuori dalla casa verso il punto dove aveva lasciato il suo cavallo. Di lui non c'era traccia. Né la sella, né i finimenti, non c'era nemmeno la sua spada. Ivar sentì il cuore spezzarsi e la disperazione lo assalì. Eirlys era andata via, era fuggita e lo aveva lasciato lì da solo. Perché? Quella domanda lo logorava.

Cadde in ginocchio nel fango, incapace di reagire a quell'ennesimo tradimento. Perché? Aveva confessato di amarlo, aveva fatto l'amore con lui come non era mai accaduto in quegli anni di matrimonio. Lo aveva ingannato ancora una volta? Lo aveva sfruttato per tornare a Carlyon e riprendere la sua corona? Ivar non voleva crederci, lei era sembrata in tutto e per tutto sincera.

Ritornò infuriato nella casa della contadina.

<< Dove posso trovare un cavallo?>> l'aggredì.

La donna era visibilmente spaventata e i bambini, svegliati dal frastuono, cominciarono a piangere per la paura.

Gli disse un nome, gli indicò la strada. Ivar gli lasciò altre monete sul tavolo e corse via senza nemmeno un saluto. La pioggia intanto era sempre più fitta, il cielo sempre più nero, ad ogni passo affondava fin quasi al ginocchio nel fango. Trovò la casa, non tentò nemmeno di mercanteggiare per il cavallo, diede al proprietario, un vecchio contadino, il quadruplo del valore di quell'animale debole e spelacchiato e si mise immediatamente in viaggio. Avrebbe raggiunto Eirlys e questa volta le avrebbe chiesto cosa le passava per la testa. Non lo aveva tradito, Ivar ne era certo. C'era un motivo a tutto ciò che stava succedendo.

Prese la strada maestra, la via più veloce. Non riusciva a ragionare, ogni pensiero era fossilizzato su sua moglie, suo figlio e su quella vita con loro che desiderava a tal punto da soffrire. Sarebbe morto pur di vederli vivi e felici. E poi non riusciva a dimenticare la notte precedente, le parole di amore che Eirlys gli aveva sussurrato all'orecchio. Gli aveva mentito? Lo aveva manipolato?

<< No!>> urlò al vento e alla pioggia che lo tormentavano. << Lei mi ama davvero.>> e le lacrime non riuscì a frenarle. Un guerriero che piangeva solo lungo una strada fredda e fangosa. Un po' si vergognò di sé stesso, di quella passione ingovernabile, di quella debolezza che avrebbe finito per sopraffarlo. Ma ormai era tardi per tornare indietro: le aveva ceduto il suo cuore e il suo futuro. Eirlys era tutto ciò che aveva e tutto ciò che desiderava.

Costrinse il suo cavallo al galoppo, lo avrebbe spremuto il più possibile per arrivare a Carlyon. Cominciò a percorrere la strada come un cieco, la mente invasa di pensieri e di immagini contrastanti, le guance rigate di lacrime. Fu così che non si accorse di nulla. Non si accorse degli occhi che lo osservavano, degli zoccoli alle sue spalle, delle corde degli archi che venivano tese. Una freccia lo colpì alla spalla destra, un'altra al polpaccio sinistro, un'altra ancora si infilzò nel collo del suo cavallo. La bestia si impennò e nitrì. Ivar tentò di aggrapparsi ma il dolore alla spalla era troppo forte, perse la presa sulle redini e rotolò giù dall'animale, nel fango, urlando di dolore. Poi delle ombre lo raggiunsero e un calcio tremendo sul volto e nello stomaco gli impedirono di ribellarsi. Era prigioniero ed Eirlys completamente sola.


La dama rossaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora