Capitolo 23: Improbabili alleanze

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Ivar respirava a fatica. Il suo petto si alzava e si riabbassava ed ogni tentativo di inalare ossigeno comportava un tormento infinito.

Eirlys, seduta lì in silenzio sulla sponda del letto, poteva osservare il suo viso contrarsi in una smorfia di dolore ogni qualvolta i suoi polmoni tentavano di aspirare aria. In quell'occasione il filo che cuciva la sua orribile ferita gli lacerava la pelle e, in più di una occasione, aveva ripreso a sanguinare copiosamente. Ma Ivar non riusciva ad essere mai, nemmeno in quelle occasioni, sveglio. La febbre lo stava dilaniando e lo rendeva incosciente ormai da diversi giorni.

Eirlys fece scorrere il suo sguardo sul corpo esanime di suo marito, il grande guerriero di Lyonesse, e notò il perenne strato di sudore che ricopriva il suo corpo, il volto pallido e smagrito, le palpebre che si muovevano convulsamente, riprova di come i suoi sogni da incosciente fossero movimentati, magari dei veri e proprio incubi dilaniati dal dolore delle sue ferite e dall'ottenebramento della sua mente dovuto alla febbre eccessivamente alta.

Gli avevano tagliato i lunghi capelli biondi, probabilmente per facilitare il lavoro della guaritrice, e la sua barba era meticolosamente curata. Eirlys sapeva che sarebbe dovuto essere un suo compito quello di lavare suo marito, tagliargli amorevolmente la barba, essere giorno e notte al suo fianco e piangere il triste destino che stava strappando un marito e un padre dalla sua famiglia. Ma Eirlys non riusciva a fingere che per lei fosse un tormento la sorte toccata al suo consorte e tutti, in quella corte di vipere e rospi, sapevano che la principessa dimenticata non provava alcuna pietà per l'uomo che l'aveva violentata i tutti quei mesi.

Il rintocco delle campane della cattedrale avvisò Eirlys che dovevano ormai essere le dieci di sera e la giovane principessa sospirò pesantemente. Ormai Tristan doveva già essere in procinto di unirsi a sua moglie e lei non avrebbe potuto impedirglielo in alcun modo. L'idea della rivolta, che avrebbe dovuto permetterle di eliminare due nemici in un colpo solo, era stata quasi un completo fallimento. Se Ivar fosse sopravvissuto, Eirlys si sarebbe ritrovata con nulla in mano. Se Tristan non si fosse perdutamente innamorato di lei, ogni suo piano si sarebbe infranto.

La ragazza si alzò faticosamente, gravata dal peso del suo ventre gravido, e avvertì di nuovo i fastidiosi calcetti della sua creatura. Erano ore che era lì da suo marito, fin dal momento in cui aveva sentito il mostriciattolo muoversi dentro di lei. Era stata attratta dalla stanza di quell'uomo morente come se fosse stato desiderio del bambino, e non il suo, quello di trascorrere del tempo al capezzale del padre.

In quelle tetre ore pomeridiane, seduta accanto al fuoco, pensando e ripensando al fallimento della sua missione, si era anche chiesta quale sarebbe stato il destino di quel bambino che presto avrebbe messo al mondo. Sarebbe diventato adulto? L'unico modo in cui quella creatura avrebbe potuto aiutarla dipendeva dal suo sesso: se fosse stato un maschio la sua posizione in quella corte sarebbe stata intoccabile. Sempre che Catrina non rimanesse nuovamente incinta.

Eirlys prese a camminare avanti e indietro lungo il perimetro della stanza, nella speranza di quietare i movimenti del suo bambino, e nel frattempo continuava ad osservare il respiro affannoso di suo marito.

Fu in quel momento che sentì la porta d'ingresso della camera cigolare. Si bloccò a un passo di distanza dal capezzale di Ivar e rimase in attesa di osservare il nuovo visitatore. In un primo momento immaginò si trattasse della guaritrice, venuta per controllare la putrida ferita del morente, ma con sua grande sorpresa vide comparire sulla soglia della fumosa camera un capo biondo abbellito da un piccolo diadema dorato.

<< Vostra Maestà!>> salutò, tentando una riverenza ostacolata dal suo pancione. << Non mi aspettavo di vedervi qui.>> ed Eirlys era veramente stupita di quella visita.

La dama rossaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora