Capitolo 36: Una sola parola

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Eirlys sbatté le palpebre ma il buio non si dissolveva. La testa le doleva e istintivamente si portò una mano lì dove qualcosa l'aveva colpita. Tastò con cautela, mugugnando per il dolore, e scoprì sotto al sangue rappreso un grosso rigonfiamento. Nello stesso istante cominciò ad avere paura.

Dove si trovava? Cos'era quel buio? E chi l'aveva portata lì?

Cercò di mettersi seduta, ignorando i giramenti di testa ed il senso di vomito, ma anche i lividi della lotta contro Catrina presero a torturarla. Toccò il pavimento con le mani e sentì la pietra fredda mentre un odore disgustoso, di urina e sudore, l'assalì provocandole un altro conato di vomito.

Che posto era mai quello?

Non sentiva rumore, non vedeva alcunché, l'unico segno di vita era quella puzza insopportabile. Doveva alzarsi, doveva necessariamente trovare una via d'uscita, o sarebbe impazzita. Si issò con tutte le sue forze in piedi, la testa che girava vorticosamente, e mosse pochi passi sul pavimento freddo. Scoprì così di essere scalza ed il freddo l'assalì di colpo, mozzandole il respiro, e lasciandola ancora più stordita.

Cercò di calmarsi ma il panico l'assaliva. Disperatamente cominciò a cercare le pareti di quella stanza nel buio più assoluto e scoprì di essere in un ambiente quasi quadrato, lungo non più di tre passi per lato, con un pesante portone di ferro che bloccava l'unico accesso. La nausea l'assalì di nuovo, insieme al panico, e vomitò in un angolo di quel bugigattolo.

Cercò disperatamente di ricordare cosa poteva essere accaduto. Rivide l'immagine di Catrina, il cranio sfondato ai piedi delle mura del castello, le urla della folla che l'aveva vista precipitare giù. Ricordava come si era sentita, così tremendamente in colpa, e poi infine c'era stato solo dolore e nero.

Si avventò allora contro il portone di ferro e cominciò a colpirlo con tutte le sue forze. Era chiuso da fuori, solo una piccola feritoia permetteva di far passare aria dall'esterno, ma nessun rumore né luce proveniva dal di fuori. Eirlys si sentì sconfitta, spaventata, esausta. Cominciò a colpire il portone con la spalla, mettendoci tutta la forza che possedeva, ma ogni suo tentativo si rivelò vano. Le lacrime l'assalirono immediatamente, lasciandola senza fiato, senza forze, senza più nessuna speranza.

<< Aiuto!>> urlò con tutto il fiato che le rimaneva. << Aiutatemi!>> e continuò, infinite volte, finché anche la voce non l'abbandonò e si ritrovò seduta contro il portone di ferro, il viso tra le mani.

Aveva sbagliato tutto, fin dal primo giorno che aveva trascorso in quel palazzo. Aveva iniziato una guerra che non le riguardava, aveva desiderato un trono che non le era mai appartenuto, aveva odiato un uomo che l'avrebbe potuta invece rendere finalmente felice. Era accaduto tutto così velocemente, ogni evento le era scivolato di mano, fin dalla morte di Angus. Ogni suo passo si era concretizzato con facilità, ogni azione era sembrata già predefinita, il suo percorso sembrava già tracciato. Poi era arrivato Eoghan e tutto si era infranto in mille pezzi.

<< Eoghan!>> piagnucolò Eirlys, portandosi le ginocchia al petto.

Suo figlio non era con lei. Probabilmente non lo avrebbe rivisto mai più. Quel pensiero le fece talmente male che per un attimo pensò di non riuscire a sopravvivere. Poi tornò la rabbia. Ancora una volta altri avevano deciso che lei non sarebbe mai potuta essere una buona madre e le avevano strappato via la sua gioia, lasciandole una voragine nel petto.

Eirly quasi urlò quando sentì il tonfo contro il portone e il ferro alle sue spalle tremare. Si alzò di scatto, la testa che continuava a girarle convulsamente, e si precipitò contro la feritoia attraverso cui fluiva la flebile luce di una fiamma accesa.

La dama rossaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora