1. Parker

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13 Novembre

18:33, e New York è completamente ricoperta di neve e illuminata dalle luci pre-natalizie; anche se siamo solo agli inizi di Novembre il natale è già nell'aria, le persone pensano già ad acquistare i regali mentre i bambini passano le giornate in giro cercando il così detto 'uomo mascherato', ovvero babbo natale fuori ogni negozio del centro. 

Mi stringo nel mio caldo pigiama scendendo le scale di casa facendo rumore con i piedi scalzi, gettandomi poi sul divano in soggiorno affianco a mio fratello minore che proprio non ne voleva sapere di smetterla di gridare davanti quella stupida play.
"Diventerai un idiota se non ti stacchi un po' da quell'affare" gli lancio un cuscino addosso per richiamare la sua attenzione, lui lo schiva per poi con una smorfia liquidarmi
Vi è mai capitato di guardare vostro fratello e pensare 'cavoli, da grande diventerà un figo pazzesco', perché a me succede praticamente sempre, ma poi appunto mi ricordo che è di mio fratello che sto parlando.

La porta d'ingresso viene aperta e intravedo dal divano la figura di mia madre entrare in salotto con varie buste della spesa e un atteggiamento annoiato.
Con fare goffo lascia tutto sul tavolo in cucina e sfila il cappotto borbottando qualcosa contro il tempo, poi semplicemente ci raggiunge sul divano mentre si lega i lunghi capelli biondi in uno chignon.
"Muori" grida mio fratello all'improvviso agitando le mani sul joystick
"Smettila di urlare, cazzo" alzo la voce a mia volta stufa
"Ragazzi, il linguaggio" ci riprende subito lei "ho cresciuto due mostri" mormora arrendevole 
"Oddio, potete fare silenzio? Sto cercando di parlare al cellulare" mia sorella maggiore, che se ne stava dall'altra parte del divano, sbuffa sonoramente con il suo solito fare teatrale per poi alzarsi e andare al piano di sopra, in camera sua.
Mia sorella maggiore, Jamiee, è la perfetta fotocopia di mia madre, alta con un fisico slanciato, bionda con occhi verdi e una carnagione chiara. Lei è la più grande dei tre figli, ha 21 anni e lavora per un'azienda di un giornale di moda nel suo piccolo studio nel centro della città. Non ho un gran rapporto con lei, spesso mi limito ad ignorarla, ma la maggior parte del tempo litighiamo praticamente su tutto, ma in compenso vado molto d'accordo con Marcus, il suo ragazzo.
Il piccolo Jason è l'unico ad aver ereditato i caratteri di entrambi i miei genitori; già perchè mentre mia sorella è la fotocopia vivente di nostra madre, io lo sono di nostro padre, Jonathan Parker, entrambi con gli occhi azzurri molto chiari e capelli castani con qualche lentiggine sparse sul volto.

"Cosa avete fatto tutto il tempo?" nostra madre si siede al mio fianco accarezzandomi i capelli con un gran sorriso 
"Sono arrivato al livello 37" ridacchia fiero mio fratello
"Ho  fatto una maratona dei primi film di Harry Potter" scrollo le spalle
"Jason devi ancora finire i compiti e Olivia, potevi almeno sistemare la tua stanza, sembra una discarica" borbotta autoritaria.
Alzo gli occhi al cielo per la sua risposta tanto scontata e mi alzo per andare al piano di sopra in camera mia per poterla riordinare prima di cena. Di solito la camera di una ragazza adolescente è ordinata, con un'armadio pieno di bei vestiti e un buon profumo floreale, invece la mia sembrava davvero una discarica: piena di vestiti stropicciati lanciati un po' ovunque, molti andrebbero in lavatrice ma a questo ci penserà poi mia madre, la scrivania è piena di lattine vuote e le lenzuola del letto ricoperte di briciole di cibo.
"Faccio davvero pena" borbotto tra me e me 

La vita di un'adolescente non è facile, soprattutto la mia. Ho da poco iniziato nuovamente il liceo, sono al quarto anno, la mia scuola è specializzata in psicologia, una cosa che mi ha sempre affascinata fin da bambina, anche se da qualche anno a questa parte ho perso l'interesse per praticamente ogni cosa, ed è questo che mi frega, ogni cosa che faccio la vivo senza voglia, come se non fosse una questione importante, e si sa, di solito per noi ragazzi è sempre tutto una questione di vita o di morte.

Passo il resto della serata davanti la tv con mio fratello che non la smette di ripetermi che il film che stavamo guardando era troppo stupido per i suoi gusti. 
Quando a cena raggiungemmo mamma in cucina notai subito mio padre seduto al suo solito posto con il suo solito giornale fra le mani 
"Ciao papà" 
"Hey tesoro, come ti senti oggi?" accenna un sorriso contagioso lasciando perdere quell'ammasso di fogli  
"Bene, un po' stanca ma bene" annuisco vaga
"Ma non hai fatto nulla tutto il giorno..." osserva Jason e in risposta Jamiee lo colpisce sotto il tavolo sul ginocchio 
"È ok, sarà per il tempo" li tranquillizzo forzando un sorriso 
"O perchè finalmente hai riordinato la camera" commenta la mamma sfilandosi il grembiule 

Quando la cena termina, mio padre è il primo a salutarci per poter andare a dormire, fa spesso le ore piccole essendo un primario nell'ospedale nel centro di New York, e a volte alle sette di pomeriggio già dormiva. L'ho sempre trovato molto simile a Derek di Grey's Anatomy, quando vado a trovarlo nel suo studio in ospedale sono esattamente quelle le vibes che emana con il camice il che mi porta ad avere una grande cotta per lui, anche se è mio padre. 
Mio padre ha frequentato una scuola fuori città dove studiava medicina insieme a mia madre, è lì che si sono conosciuti. Mio nonno lo aveva forzato per studiare medicina, ma lui ambiva ad altro, il suo sogno più grande era il basket, ed era proprio quella la strada che aveva intrapreso negli anni 2000, era uno dei migliori giocatori di tutta New York, se non del mondo. Aveva sempre vissuto per lo sport, poi si è sposato con mia madre, ovvero la figlia del suo coach della squadra dei New York Knicks, e ha avuto tre figli. Quando è nata Jamiee mio padre sperava di poterle trasmettere l'amore per lo sport, ma Jamie iniziò a prendersi cura dei suoi capelli a 9 anni e a 13 aveva già lo smalto diverso ogni settimana, e mentre Jason preferiva leggere i fumetti al basket, io ero cresciuta sul campo di pallacanestro con mio padre, mio nonno e costantemente con il pallone fra le mani. 

Ha deciso di smettere di giocare circa 2 anni e mezzo fa e dopo l'annuncio della sua ritirata sfruttò la sua laurea in medicina per diventare medico specializzato qui in un ospedale di New York.
I primi mesi dopo aver annunciato le sue dimissioni i giornalisti invasero la nostra vita cercando spiegazioni che però non arrivarono mai, neanche dopo tre anni. Mio padre prendeva molto seriamente il suo lavoro e aveva sempre tenuto lontano dai riflettori sia me che i miei fratelli, lui voleva farci condurre una vita normale e ci riuscì nascondendoci dai paparazzi. 

Ma passiamo alle presentazioni ufficiali: mi chiamo Olivia Parker, ma tutti mi chiamano Holly. La mia vita potrebbe definirsi un cumulo di macerie.
Due anni fa tutto nella mia vita è cambiato; la mia malattia ha frantumato i miei sogni, le mie speranze, tutto il mio mondo. Quando ho scoperto di avere il cancro mi sono sentita morire dentro. Ogni giorno lotto contro qualcosa più grande di me, qualcosa, che vincerà sempre perché sembra essere indistruttibile.
I medici mi hanno consigliato di vivere una vita felice e il più normale possibile finché ne avrei avuto l'occasione. Ecco perchè mio padre ha abbandonato il suo sogno per darsi alla medicina, lui era convinto di riuscire a curarmi e farmi vivere il più tempo possibile. Ma io ho smesso di sperarci tanto tempo fa, mi sono rassegnata e ormai la morte non mi spaventa più così tanto.

Così vi racconto la mia storia, nella speranza che, magari, qualcuno riesca a vedere in me ciò che io non vedo. 

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