7. Parker

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Quando Dylan mi aiuta a scendere dalla moto mi basta un secondo per pentirmi della mia richiesta. Aveva imboccato delle stradine della città disperse, non c'era nessuno se non qualche retro di qualche ristorante e qualche edificio in costruzione desolato.
"Vuoi uccidermi o cosa esattamente?" domando sfilando il casco
"Tranquilla, siamo in pieno centro, solo nel lato opposto" scrolla le spalle spegnendo la moto e inserendo il blocco alla ruota posteriore
"Rassicurante" mormoro ironica
Mi fa strada e lo seguo curiosa, alla fine ci ritroviamo in pieno centro e non capisco come mai ha deciso di parcheggiare la moto in quel postaccio. Raggiungiamo il Madison Square Garden e sorrido alla vista del maestoso stadio di basket. La città è stracolma di gente, i marciapiedi come al solito sono affollati e Dylan mi fa segno di seguirlo tra la folla, verso l'ingresso secondario sprovvisto di guardia al momento.
"Perchè entriamo da qui?" mi acciglio osservando il cancello chiuso
"A quest'ora le guardie sono tutte all'ingresso principale, è facile intrufolarsi da qui non ti vedrà nessuno" ridacchia come se avesse scoperto la genialità del secolo
Si arrampica lungo le sbarre di ferro con agilità per poi saltare all'interno, non erano poi tanto alte, ma conoscendo la mia agilità ci sarei rimasta secca a fare una cosa del genere.
"Scordatelo" scuoto la testa incrociando le braccia al petto
"Dai ragazzina, vivi un po'" sbuffa
Mi avvicino al cancello e lo spingo leggermente, e difatti quello cigola appena per poi aprirsi
"Sei un idiota" rido entrando divertita
"Se è aperto vuol dire che c'è ancora qualcuno nell'edificio" osserva con una smorfia
"Sono quasi le 5 di pomeriggio, chi vuoi che ci sia?" alzo un sopracciglio, non siamo neanche nel periodo dove si giocano partite, per questo solitamente lasciavano aperta la sezione ovest dove erano esposti i trofei e gli articoli per i turisti.
"Non so, un fantasma forse" scrolla le spalle
"Magari ti uccide e mi libera di te" borbotto entrando per prima
"Ti piacciono le cose macabre vedo" mi prende in giro chiudendosi la porta alle spalle

Attraversiamo l'ingresso secondario maestoso e i gran corridoi fino ad arrivare ad una delle palestre, che però era occupata, c'erano alcuni uomini sugli spalti vestiti di tutto punto e alcuni ragazzi in pantaloncini da basket in campo che palleggiavano sconnessamente. Alla fine troviamo una palestra libera, più piccola, probabilmente era per gli allenamenti privati dato che aveva solo due gradinate di spalti e non c'erano ne tabelloni ne nulla di particolare se non il campo.

Amavo questo posto da sempre, da quando da piccola mio padre e mio nonno mi portavano alle partite il sabato, o ad allenarmi con loro in settimana. Solo la palestra più grande per il giocatore migliore della città e del coach migliore di tutti i tempi. Mi piaceva gironzolare in giro con il pass legato al collo come se fosse il mio territorio. Ero in prima fila ad ogni loro allenamento, e ricordo che i giocatori e compagni di mio padre mi lasciavano giocare con loro, mi hanno insegnato tutto quello che so fare oggi, è merito di tutti loro se sono così brava.
"Devi amare tanto il basket" mormoro osservandolo recuperare un pallone in fondo alla stanza per poi iniziare a palleggiare
Dylan mi guarda con un sorriso euforico e noto un bagliore nei suoi occhi, scintillante, caldo e coinvolgente, come se quelle fossero le parole più autentiche che potesse mai pronunciare.
"È tutta la mia vita" annuisce tirando la palla verso la cesta, centrandola "Piace anche a te, no?" mi indica
"L'altra volta è stata solo fortuna" scuoto la testa
"Anche stamattina era solo fortuna?" resto interdetta alla sua domanda e assottiglio gli occhi
"Che fai mi spii adesso?" domando facendolo ridere "Come mai eri a scuola alle 7 del mattino?" provo a cambiare discorso
"Volevo allenarmi, ma qualcuno mi ha preceduto" esclama recuperando la palla per poter fare l'ennesimo canestro
"Mio padre era un giocatore negli anni 2000, il basket ha sempre fatto parte della mia vita, almeno fino a paio di anni fa" ammetto e subito me ne pento, ma che diavolo mi era saltato in mente? è come se la verità fosse uscita di forza contro il mio volere
"Hey, aspetta un attimo. Tuo padre un giocatore dei 2000? Scherzi?" Domanda boccheggiando
"Perché dovrei" scrollo le spalle sedendomi su una delle panchine incrociando le gambe
Dylan scoppia a ridere per poi lanciarmi la palla contro, che afferro con facilità.
"Questa era bella" annuisce divertito

In Another LifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora