1 | shameless

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"È bruttissimo questo vestito, hai ancora lo scontrino?" chiedo, scartando il regalo che mi ha fatto Ginevra, una mia compagna di classe, cui gusti d'abbigliamento sono davvero pessimi.

"Okay, Sofia, credo che sia giunta l'ora di riportarti a casa." si intromette Naìm, il mio ex ragazzo e attuale migliore amico, aiutandomi a camminare anche se con questi tacchi, serve a poco e a niente. Barcollo da un lato all'altro, ma mi sento comunque iperattiva e pronta a svagarmi ancora un po'. Tento dunque di provocarlo, dato che, in fondo, provo ancora qualcosa per lui e terminare la mia festa con una scopata, sarebbe il massimo. Mi tolgo i trampolini del circo che mi fanno sembrare quasi dell'altezza media femminile, e, speranzosa di non beccare qualche vetro, sasso o checchessia, incomincio a diminuire la distanza tra i nostri visi, ad accarezzare il suo petto e a guardarlo intensamente negli occhi. Noto che deglutisce a fatica e nell'esatto istante in cui le nostre labbra stanno per sfiorarsi, si scosta e io cado per terra.

"Sei più ubriaca di quel che credevo. Adesso chiamo Cheche così ti riaccompagna." e parlando del diavolo, ecco che spuntano le corna. Ci affianca con in mano un Angelo Azzurro gridando contro le auto che sono in coda e che suonano in continuazione il clacson.

"Cheche, quanto cazzo hai bevuto?" domanda Naìm, passandosi una mano sulla faccia, con fare esasperato.

"Mh... Uno, Sette, Quattro... Bicchieri!" conta focalizzandosi sulle sue dita e poi riprende a urlare:"Ma basta suonare quel clacson, razza di imbecille!"

Inveisce e termina l'alcolico mentre viene afferrata per il braccio dal guastafeste che è il mio migliore amico.

"Dai, ragazze, smettetela di ridere ed entrate in macchina che vi accompagno entrambe a casa." supplica e ubbidiamo senza fare altre storie, ma esattamente due secondi prima, il suono dell'ennesimo clacson, scatena la belva che è in Cheche, la quale non si fa scrupoli a sbraitare:"Adesso faccio dei tuoi testicoli dei portamonete!"

Schizza spedita verso l'auto in questione e inizia a importunare il conduttore, ma non riesco bene a capire se lo stia schiaffeggiando o altro. Naìm interviene prendendola di peso e mettendola finalmente nella sua decappottabile. Io, in tutto questo, rido come una ragazza posseduta.

"Sofia, entra pure tu."

"Aspetta, devo fare pipì." lo avviso, ma avendo la vescica talmente piena, non faccio in tempo a rientrare nel locale e mi ritrovo costretta ad abbassarmi e a farla sul marciapiede. Lui strabuzza gli occhi e abbranca immediatamente la sua felpa per coprirmi da sguardi indiscreti, mentre dalle mie labbra esce un sospiro di sollievo.

"Okay, ho finito." esulto e mi tiro su le mutande.

All'improvviso, qualcuno richiama la mia attenzione toccandomi una spalla e quando mi volto, mi ritrovo lo spogliarellista di cui mi ha accennato Cheche.

"Eh dai, ma non potevi cercare un altro costume? La divisa da poliziotto è troppo scontata." mi lamento e gli tocco i pantaloni con l'intento di strapparglieli, ma lui mi ferma e mi sbatte contro il primo muro che trova per poi ammanettarmi i polsi. Gemo per il dolore che mi ha causato al seno e sputo acida:"Sì, ma stai calmo. Volevo solo aiutarti a strapparti i vestiti."

"La dichiaro in arresto per aggressione." mi informa e prima che possa proseguire, lo interrompo:"Per aggressione? Se dovessi andare mai in prigione, verrei condannata per troppa bellezza, ma non per aggressione." scherzo, ma lui rimane impassibile e mi attira a sé per poi allontanare il mio migliore amico che è palesemente preoccupato.

"Mi scusi, ma perché la sta arrestando? Non ha fatto nulla!" obietta.

"Tranquillo, Naìm, è lo spogliarellista." lo rassicuro, anche se sono leggermente perplessa per i suoi atteggiamenti.

"Non penso, Sofia."

"Ma sì! Tu pensa a prendere i miei regali, inclusi quelli brutti che li dò in carità o li uso come mocci." gli ordino, ma non odo la sua risposta perché lo spogliarellista mi costringe a salire nell'auto della polizia, che è fottutamente vera e ciò vuol dire che sono stata realmente arrestata. Il panico prende il sopravvento e straparlo tentando di persuaderlo. Ripeto un miliardo di volte che non ho picchiato nessuno questa sera, ma non si smuove e rimane concentrato sulla strada.

Il tragitto è breve dato che la coda di poco fa si è dissolta miracolosamente.
Giunti al distretto, mi tolgono le manette e mi mettono al fresco, dopo avermi informata che ho diritto ad una telefonata e che potrò uscire solo quando avrò pagato la cauzione di non ricordo più quanto.
La cella è scialba, fredda e odiosamente piccola. Inoltre, ha una tazza attaccata al muro che, poco ma sicuro, è stata usata da mezzo mondo. Mi dispero, non sapendo minimamente cosa fare e chi chiamare, dal momento che non conosco nessuno dei miei contatti a memoria e con questi miei pensieri, finisco con l'addormentarmi.

Mi sveglio dopo non so esattamente quante ore e mi avvicino al cesso, avendo i conati. Vomito l'anima, e l'odore sprezzante dello schifo che ho ingerito, mi provoca una smorfia. Dalla festa perfetta, sono passata a scontare una notte in prigione a causa di quella rincoglionita della mia migliore amica, grandioso!

"Perché non ha le scarpe?" sento chiedere alle mie spalle.

"Non ne ho idea, l'ho trovata vicino ad una discoteca a picchiare un ragazzo mentre quest'ultimo stava al volante."

Mi giro e mi intrometto nella loro conversazione:"C'è stato un errore! Non ero io quella ragazza!"

"Ah, no? E chi allora?" mi sfida e mi zittisco, consapevole del fatto che non posso fare il nome di Karrueche.

"Senti, puoi darmi il cambio? Io devo fare altro." pone all'altro, che assente e lo sostituisce per controllarmi. Scruto da capo ai piedi quest'uomo, che avrà probabilmente sui ventisette anni, e constato che è fin troppo bello per questo posto. So che sente i miei occhi addosso, ma non ho proprio intenzione di smettere di contemplarlo; neanche se volessi, potrei farlo.

"Hey, modello di Abercrombie and Fitch!
Mi sto annoiando, parliamo o pomiciamo?" gli propongo, ma il suo roteare gli occhi al soffitto mi fa capire che non ne ha alcuna voglia.

Beh, io ci ho provato.

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