28 | almost happy

12.4K 810 37
                                    

Dopo la brutta notizia che ho annunciato è calato il silenzio, forse perché Dean sta digerendo la cosa o forse perché sta dicendo addio al divano in pelle che gli sarà costato mille euro, poco ma sicuro. Mi sento stra in colpa, ma mi consolo con il fatto che non controlli io quello succede nel mio utero. Ad un tratto spiccica:"Aspetta che chiedo a mia sorella di portarti un assorbente."

"Con calma, tanto non mi muovo da qui!" la butto sul ridere, ma è talmente patetico quel che ho detto che non faccio ridere nemmeno ai polli. Dopo questa, mi farà sedere per terra, ne sono certa.
In seguito a ventisei minuti contati, ho perso la sensibilità dalle ginocchia in giù, essendo seduta sulla tazza da troppo, il formicolio fastidioso si è impossessato dei miei piedi che non riesco a muovere granché. Zoe entra con nonchalance e mi lancia un assorbente interno lungo almeno quanto il mio medio, uno normale che però sarebbe l'ideale solo per la notte e un salva-slip troppo piccolo.

"Stai acquistando punti, stronzetta." afferma e sebbene suoni quasi dolce, l'ultima parola rovina il tutto. La caccio via ringraziandola e opto per il pannolone blu di Lines è. Tiro lo scarico, apro la finestra e spruzzo il primo profumo trovato lì, per poi raggiungere Dean per chiedergli scusa, ma al vederlo abbracciare Zoe, decido di non interrompere quel momento intimo fraterno. Quando però si accorgono di me, la ragazza si stacca, stirandosi i vestiti attillati e asciugandosi una lacrima che le è sfuggita.

"Allora, stronzetta, ti accompagno io a casa dato che mio fratello deve buttare il divano e comprarne un altro." assento e prima di lasciare l'appartamento ripeto a Dean che sono mortificata, ma lui mi conforta dicendo che non è niente e i soldi non gli mancano per acquistarne uno nuovo. Entro nella Lamborghini di Zoe, la quale accende la radio per evitare di conversare. Quando tuttavia giungiamo nel mio vialetto, non posso non domandarle come fa a non essere ancora furiosa, o comunque offesa, con me per le cose che le ho sputato addosso in quel mio impeto d'ira.

"Stai soffrendo e ti sei sfogata con me, è comprensibile. Dopotutto, non hai detto cazzate, anzi, sono cose vere che sì, potevi esprimere in un altro modo, ma è così quindi che senso avrebbe tenerti il muso?"

"Ah." mi limito ad un monosillabo, ché sono allibita a causa sua.

"Ehm, grazie. Allora, entriamo a casa?" cambio discorso, togliendomi la cintura di sicurezza, ma lei mi mette subito a conoscenza del fatto che sua madre sia venuta a riportarla sotto il suo tetto proprio stamattina. Assento amareggiata e prima che me ne vada, aggiunge:"Ah, un'ultima cosa: non mi piace il fatto che tu trascorra così tanto tempo da mio fratello. Cristo, mi stai meno sul cazzo sì, ma non ti voglio come cognata."

"Considerami già tale." le strizzo un occhio e lei mi manda a quel paese, senza tralasciare il « stronzetta ».

Ridacchio e quando prorompo nella mia dimora, rimango di stucco al vedere i miei genitori insieme, seduti accanto all'altro senza essersi presi ancora a calci e a pugni. Li fisso entrambi, nell'attesa che uno dei due mi spieghi questo strano ritrovamento, soprattutto dopo che mio padre mi ha telefonata.

"Dobbiamo parlare."

E io li ho ascoltati naturalmente.

Al termine del loro discorso, durato ben un'ora e mezza e dilungato di un'altra in più per le mie obiezioni, inutile dirvi che ho fermato il primo autobus senza sapere nemmeno dove mi avrebbe portata. Sono stata un po' ovunque in questa minuscola città, quindi non mi preoccupo tanto della possibilità di perdermi.

EighteenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora