29 | make up

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Arrivo a scuola in ritardo e il motivo è la multa che mi ha dato generosamente il controllore stempiato, il quale inoltre mi ha obbligata a scendere, percorrere a piedi l'ultimo tratto di strada e mi ha fatto addirittura la ramanzina, perché ho provato a spacciarmi per una francese – mezza verità perché le mie origini sono quelle – che non comprende l'italiano e l'avrei anche convinto, se non fosse per la parola tedesca rifilatagli per sbaglio, seguita da una mia imprecazione, ossia cazzo. In quel momento è saltata tutta la mia copertura ed ecco cinquanta euro da chiedere a mia madre. Entro in aula, scusandomi per il ritardo e la professoressa di storia, mi domanda – com'è giusto – il perché.

"Ho preso l'autobus e c'era traffico." mento per non dovere portare la giustifica domani e lei annuisce, mandandomi a sedere. Cheche è al nostro solito posto e, senza il timore di reggere il suo sguardo, mi siedo. Al cambio dell'ora, le avrei parlato e chiarito, ma ora la mia voglia e capacità di intraprendere una conversazione seria, è letteralmente pari a zero. Prendo appunti sino a non avere più sensibilità alla mano e scrivendo abbreviazioni che sono certa non capirò quando li revisionerò.

"Tran! Potresti ripetermi quel che vi ho esplicato?" richiama la mia compagna di banco, che nemmeno ha sentito, essendo troppo presa dallo sbavare sul quaderno; esatto, sta dormendo.
Le do una gomitata e si sveglia di soprassalto, asciugandosi la bava.

"Stavi dormendo?"

"No no, riposavo gli occhi." precisa la bella addormentata, pur sapendo che così peggiori solo la situazione.

"Alla prossima lezione, ti interrogo."

"Scheiße*." borbotta in tedesco per non essere ripresa ulteriormente e ridacchio, cosa che nota. Le sue labbra si piegano in un sorriso, ma non quello malizioso e malvagio che ha sempre sul viso, bensì malinconico. Le mimo che avremmo discusso dopo e lei assente con un improvviso scintillio negli occhi.

Dopo un'eternità, supero la prima, la seconda e la terza ora, giungendo quasi morente all'intervallo. Stranamente, oggi i professori non ci hanno impiegando molto per balzare da un'aula all'altra, come sono soliti fare e pertanto, quando aprivo bocca per affrontare una volta per tutte la questione tra me e la mia migliore amica, non sono mai riuscita a terminare una parola. Io e Cheche attendiamo che la classe esca per fare a gara alle macchinette moderne che stonano in questo edificio decadente.

"Sei una troia per non aver convinto mio padre a venire da me, ma ti voglio bene e so che non è colpa tua. Dopotutto, la testardaggine non l'ho ereditata solo da mia madre, ma anche da mio padre e se ha deciso quello, non potevi fare granché.
Ma vai a fanculo comunque." butto fuori e lei mi si appiccica come una cozza.

"Non puoi immaginare quanto ci sia stata male! Non ho avuto nessuno a cui raccontare le mie avventure di una notte..." si lamenta e io mi preparo già psicologicamente alle sue descrizioni dettagliate dei suoi mirabolanti modi di trascorrere la notte. Ciononostante, prosegue con altro:"Non riesco a parlare neppure con Naìm, perché lo fa solo lui quando siamo insieme e l'argomento ovviamente sei tu."

"Mi odia, vero?" pongo mentre scoppia a ridere.

"Non capisci proprio un cazzo, eh?" dice fra le risa, "Gli piaci ancora e scoprire una cosa del genere non lo aiuta di certo."

"E che cazzo, credevo gli fosse passata!" ribatto a mia volta, seppure dentro di me sia quasi contenta di questa rivelazione. Non si tratta di stupore, per carità, sono consapevole di essere insostituibile.

"Neanche a te è passata del tutto, quindi non criticarlo." mi addita.

"Dettagli, ma resta il fatto che mi senta con qualcuno." le rammento, facendola cadere dalle nuvole.

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