3 | daddy

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"Conversa con me, suvvia!" lo incito a parlare, dato il silenzio straziante che si è creato in seguito alla mia domanda inopportuna, inerenti alle due pistole. Sono consapevole del fatto che sarebbe stato meglio evitare, ma le parole mi sono sfuggite senza nemmeno averci pensato su.

"Non ho nulla da dirti." ribatte con disinteresse mentre si siede su una piccola sedia di legno, che non ho notato fino ad ora, avendo gli occhi puntati quasi costantemente su Dean o sulle piastrelle mancanti del soffitto.
Poi, tira fuori il cellulare e mi ignora totalmente.

"Ma sei sessualmente frustato? Non riesco a capire il ché del tuo atteggiamento." mi lamento, mettendo il broncio. Come è possibile che non voglia conoscermi nemmeno un po'?
Corrugo la fronte e lui, senza alzare lo sguardo, risponde con ribrezzo:"Non mi fanno impazzire le ragazzine che si sbronzano, che si vestono come se dovessero battere alla stazione e che si credono donne vissute."

"Si dà il caso che non sia una di quelle ragazzine." esclamo, ma ciò gli provoca una fragorosa risata, che a stento è in grado di fermare. Gli cade persino sul pavimento il cellulare, che esattamente cinque secondi fa, trovava più interessante di me.
Rimango attonita all'udire la sua risata, che non è come mi aspettavo, non è musica per le mie orecchie, anzi, è talmente seccante questa sua esagerata reazione che a momenti mi pare Naìm... e non è di certo un complimento. Sono entrambi esteticamente stupendi, ma si sa che nel mondo i ragazzi che hanno un bel faccino, di rado hanno anche un bel cuore.

"Bellissima battuta!" tossisce e prova a respirare regolarmente, "Non credi nemmeno tu alle tue parole."

"Sono più matura di quel che pensi." contesto anche se non sempre mi dimostro all'altezza di ciò che dico. Tendo più che altro a distrarmi, perché se non fossi occupata, mi tratterei a pensare e finirei col piangere, rammentando cosa ho lasciato alle mie spalle. Scuoto il capo, come a voler cacciare tutto quello che sta riemergendo e mi focalizzo a rendere uno schifo il tempo che passerò qui con Dean.

"L'importante è esserne convinti." mi strizza un occhio e non mi piace proprio il capovolgimento della situazione: dovrei essere io quella che si diverte a disturbare l'altro e non il contrario.

"Scommetto che al liceo sei stato uno di quei ragazzi in disparte che si credono superiori, che hanno un lessico amplissimo e che non hanno mai avuto una ragazza, sebbene molte ne fossero attratte." espongo la mia teoria con fare saputella e lui non è da meno:"E io, invece, scommetto che sei una delle poco di buono del quinto anno che ha la media del tre in tutte le materie, che fuma perché se no viene considerata sfigata, che è fidanzata con il ragazzo più bello e popolare della scuola."

"Innanzitutto, ti informo del fatto che sono in quarta, che ho la media del sei in alcune materie e del sette in altre, e ultima cosa, ma non meno importante, che sono libera come l'aria. Dopotutto era quello che volevi sapere, ammettilo." concludo ghignando e il mio buon umore torna quando assume l'espressione scocciata che ha avuto sin dal mio arrivo.

"Flirti con ogni essere che respira?" pone, raccogliendo il Huawei che ad occhio e croce è facilmente confondibile con un tablet, viste le dimensioni.

"No, tranquillo, solo con te." lo rassicuro scherzosamente.

"E comunque non hai detto nulla sul fumo." constata divenendo stranamente curioso a tal punto da avvicinarsi un poco a me.

"Sì, beh, fumo." affermo onesta, non avendo nulla di cui vergognarmi. Ho i miei motivi per agire in determinati modi e il giudizio della gente non mi sfiora minimamente.

"Ti uccidi così." dice la sua, come tutti alla scoperta di questa mia cattiva abitudine.

"Tranquillo, papino. Rimarrò su questa terra abbastanza a lungo solo per stuzzicarti." stavolta sono io a fargli l'occhiolino, il problema è che mi esce male e ritento tre o quattro volte.

"Stai avendo un ictus? Una crisi? Non ho presente i sintomi." comunica confuso e pressappoco impaurito, probabilmente perché non saprebbe che fare nel caso stessi avendo davvero una crisi. Immagino il panico impadronirsi di lui e sostituire il suo cipiglio, che, nonostante sia carino, sprigiona solo negatività e io, in questo momento, ho bisogno di tutt'altro.

"No, coglione, ti sto facendo un occhiolino." controbatto corrucciata, anche se poi un piccolo sorriso mi spunta sul viso, concependo con la fantasia l'aspetto ridicolo che ho appena assunto a sforzarmi a farglielo.

"Stai diventando davvero inquietante, perché stai sorridendo adesso? Dio Santo, io cambio lavoro." pianifica e inveisce contro se stesso per aver dato la sua disponibilità al collega per sorvegliarmi.

"Ti sto sul cazzo, eh?"

"Ma va?"

"Perfetto, tanto non mi voglio muovere da lì."

"Sono più matura di quel che pensi." mi cinguetta e io lo mando a quel paese mostrandogli il mio meraviglioso dito medio con l'unghia pure smaltata in stile French.

"Lo sono, ma sono anche sfacciata." riaffermo alzandomi dalla panca per stiracchiarmi un poco. Faccio stretching rapidamente sotto i suoi occhi concentrati sulla mia persona.

"L'ho notato, Sara."

"Sofia. Sofia, cazzo." lo correggo indispettita; non è difficile da imparare e so perfettamente che lo fa per irritarmi.

"È uguale."

"Antipatico."

"Cresci un po'... e dico sia mentalmente che fisicamente." suggerisce accennando nuovamente ai miei un metro e cinquantasette centimetri.

"Se sono ad altezza pompino, non è mica colpa mia!" obietto. Insomma, io ho pregato giorno e notte di crescere fisicamente sino ai miei diciassette anni, ma mi sono arresa, ormai certa che Dio si è dimenticato di me.

"Ma sai che certe parole non s'addicono al tuo viso? A te in generale?"

"Quanto sei noioso!"

"Sono anche bello, ricorda." e si sposta dietro i capelli lunghi che non ha, come se fosse Beyoncé.

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