14 | lil present

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Sono seduta sulla Ducati di Dean e senza troppo indugio mi sono attaccata a lui come un koala, circondando la sua vita con le mie braccia. Non ho idea di dove mi stia portando, ma pur di toccarlo, sono disposta anche ad andare in chiesa. Sto tastando la sua pancia, fingendo malamente di grattarmi i dorsi, nella speranza di sentire i suoi addominali attraverso la giacca in pelle, ma non è affatto facile. Frena di colpo e di conseguenza smetto di comportarmi da maniaca, sentendomi lievemente spaesata giacché ci troviamo dinanzi ad un imponente palazzo moderno; che somiglia tanto a quello di C.S.I. New York! Che mi voglia far causa?

"Dove siamo?" chiedo mentre tenta di aiutarmi a togliere il casco, per giunta firmato.

"Nel palazzo in cui vivo." mi informa, e rimango leggermente sorpresa dato che è meno appariscente della sua vera casa.

"Eh, birichino. Per entrare a Narnia, devi prima conquistarmi il cuore." rivelo, e lui alza irremediabilmente gli occhi al cielo, prendendomi per l'avambraccio e trascinandomi all'interno della costruzione.

"Fantastica di meno." mi riprende, e non posso far altro che sollevare le sopracciglia in modo scherzosamente sensuale. Superiamo la porta girevole con le quattro ante di vetro – simile a quella di Zack e Cody al Grande Hotel – e facendo un cenno di saluto all'uomo alla reception, ci rinchiudiamo nell'ascensore ultra moderno.

"E allora perché mi stai portando nel tuo appartamento?" domando, non venendomi in mente altri validi motivi mentre lui sbuffa alle mie continue avance.

"Ti devo dare una cosa." mi dice secco, ma poco ci credo; non farebbe mai una cosa gentile nei miei confronti, a meno che smettessi di rompergli le scatole. Pigia uno degli ultimi piani e lentamente, ma molto lentamente, saliamo.

"Ma dimmelo e sii meno misterioso." provo a convincerlo, anche se non mi si fila neanche un po', così esclamo:"Cagami, dannazione!"

"Posso farti qualcosa di carino senza che tu mi urti il sistema nervoso con la tua parlantina del cazzo?" sollecita una risposta da parte mia e mentalmente rispondo con un no, senza però dirlo a voce alta, preferendo naturalmente la via del irritiamo ancora Dean.

"Io so che sotto sotto ti piaccio." affermo estremamente convinta e lui avanza pericolosamente sino a mettermi di nuovo a disagio come la volta prima.

"Sei scema a pensarlo."

"Ma tu sei scemo." ribatto per niente offesa dal suo misero insulto, provando con scarso successo di riporre una distanza sufficiente tra i nostri corpi. Mi blocca ai lati della testa, appoggiandosi con le mani alla parete e involontariamente ho sbavato per i suoi bicipiti contratti – quante volte va in palestra?

"Senti quanto suoni infantile?" sputa, facendomi uscire dal mio stato trance e arrendendosi alla mia immaginabile simpatia, presente per sua sfortuna ogni qualvolta che trascorriamo del tempo assieme.

"Sono sorda e tu, invece, troppo vicino al mio corpo." lo illumino, cercando di allontanarlo dal mio corpo, non riuscendoci a causa della sua corporatura, dieci volte superiore alla mia.

"Se stai zitta, mi levo." cerca di dissuadermi, e io fingo di accettare la sua condizione, ma non appena si mette dalla parte opposta alla mia, pongo:"Che cosa mi vuoi dare?"

"Sono a tanto così da mollarti un pugno, sai?" spiega, illustrando con l'indice e il pollice la poca pazienza che lo sta frenando dal picchiarmi.

"So che vuoi mettermi le mani addosso, ma un pugno? Quale uomo attacca una donna?"

"Quale donna cerca di toccare gli addominali di un uomo mentre questo la odia con tutto il cuore?"

"Odi et amo, ricorda."

"Sei una caz-..." si interrompe quando le ante dell'ascensore su aprono, facendo intravedere una signora in compagnia di sua figlia. Si mettono entrambe al nostro fianco e mentre io e Dean continuiamo a discutere, noto con la coda dell'occhio che la bambina, mi fissa in malo modo.

"Che hai da guardare tu?" domando, non avendo mai sopportato i bimbi e Dean mi molla una gomitata, scusandosi subito dopo al mio posto alla madre. Finalmente giungiamo al piano di questo e, in seguito alla linguaccia fatta alla brunetta vestita come un confetto, ho l'onore di visitare la tana del mio poliziotto da torturare preferito. Non ha niente di particolare il suo appartamento: mobili bianchi con qualche accenno di nero e cornici senza nemmeno foto.

"Sai che ci dovresti inserire delle foto?" chiedo retorica, ma lui mi spegne rispondendo:"Eh, lo so, ma non ho una foto che mi ritrae vestito da Patrick."

"Stronzo." lo insulto e lui con un sorriso sghembo, smette di rovistare nel cassetto e mi poggia sul palmo un cellulare, precisamente un vecchio iPhone 5S nero. Gli rivolgo un'espressione interrogativa e cerco certezza, chiedendogli:"È questo che mi dovevi dare?"

"Puoi dire a tua madre di averlo comprato con i tuoi risparmi e che hai cambiato anche numero."

"Non posso accettarlo." lo rifiuto appoggiandoglielo sull'isola della cucina, ma lui me lo riconsegna obiettando:"Hai detto che se no, ti uccide."

"È un modo di dire."

"Lo so, ma visto che ho potuto constatare che sei una combina guai ambulante, voglio almeno togliertene uno dalla tua infinita lista di casini. E poi con questo, non ho più favori da farti." spiega e non ha tutti i torti. Con questo suo breve discorso, mi ha addolcita come solo la pizza è in grado di fare, ma non lo dò a vedere.

"Hai visto?"

"Cosa?"

"Io ti piaccio, io piaccio a tutti." contesto e lui sospira.

"Lo prendo come un grazie quindi non c'è di che." abbranca le chiavi di casa e spintonandomi delicatamente verso l'uscita, mi comunica che ora potevamo tornare nella mia. Memorizzo il piano e il numero del suo appartamento, pianificando già di ritornarci un giorno, tanto per ripagare il suo regalo con la mia amabile compagnia e, dopo aver bisticciato ancora e ancora nell'ascensore, gli ho chiesto:"Una curiosità: c'è già il tuo numero registrato?"

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