La sveglia impostata da Zoe mi spacca i timpani e mi ritrovo costretta a prepararmi per andare all'inferno – conosciuto comunemente come edificio scolastico con le sbarre alle finestre. Ci vestiamo, ci trucchiamo, facciamo colazione e ci laviamo i denti in tempi record e spaventosamente in armonia: niente insulti mattutini.
Beh, poi mia madre ci ha salutate per andare a lavorare e con salutate intendo che a Zoe ha baciato la guancia e a me ha detto di non fare cazzate, di non scopare senza precauzioni, di non marinare la scuola, di non essere la solita Sofia e di non stare con Cheche né con Naìm e adesso nemmeno con il poliziotto pedofilo – parole testuali. Che ci crediate o meno, quando ci ha beccati in quella posizione ambigua, lo ha afferrato per l'orecchio e lo ha cacciato di casa. Una scena comica se non fosse per il fatto che abbia dato la possibilità anche a me di patire il medesimo dolore fisico.
Il tutto sotto lo sguardo esilarato di Zoe. L'unico motivo per cui ho obbedito a mia madre é la voglia di scoprire cosa abbia portato Naìm a lasciarmi al Bijoux, l'altro ieri.Non appena lo adocchio, lo trascino con me, lontano da tutti.
"Ciao anche a te." dice scocciato, perché era nel bel mezzo di un dialogo con una ragazza che a detta di tanti possiede una bellezza divina.
"Che cosa é successo? Cosa ho fatto stavolta? Ho provato a baciarti?" pongo domande a spiano, agitata. Non è la prima volta che litighiamo, ma ho la costante paura di poterlo perdere un giorno.
"Non ricordi nulla?" chiede con un misto tra l'amarezza e la rabbia. Nego con il capo e lui senza darmi spiegazioni o la possibilità di rimediare, afferma soltanto che devo dargli spazio. Cerco di ribattere, ma la campanella suona e siamo costretti a dirigerci verso le nostre rispettive classi.
Mi siedo al mio solito posto e Cheche mi assale subito, propinandomi epiteti sprezzanti per essermi assentata. Ridacchio lievemente e mentre lei prende appunti, io mi deprimo, sforzando il mio cervello a recuperare frammenti della notte al Bijoux.
Alzo la mano e quando la professoressa di fisica mi dà il permesso di parlare, domando cortesemente se posso andare in bagno. Annuisce, puntandomi però il dito ordinandomi di rientrare subito."Hai il ciclo? Un ritardo? Chi è il padre?" mi bisbiglia all'orecchio la mia compagna di banco e la rassereno comunicandole che ho la vescica piena.
Mi reggo aiutandomi con lavandino per poi osservarmi allo specchio. E se cambiassi? E se mi dessi una regolata? E se smettessi di fingere? Naìm mi rivorrebbe al suo fianco anche solo come amica? Mia madre mi amerebbe e me lo dimostrerebbe? Conosco le risposte, eppure non voglio mostrarmi nuda, come sono realmente. Non ancora perlomeno.
Esco dal bagno femminile e vado diritta nell'aula del mio migliore amico. Busso e inventando una cazzata assurda, ma convincente, il professore lo fa uscire."Sei sempre stata brava a mentire." borbotta appoggiandosi con la schiena sulla parete e mettendosi a braccia conserte.
"Mi dici cosa cazzo ho fatto per meritarmi lo sguardo che mi stai rivolgendo?"
"Quando stavamo insieme, mi hai tradito?" sputa e io mi ritrovo totalmente impreparata.
"Rispondi." pretende e dopo avere deglutito, ubbidisco:"Ti ho tradito quando te lo sei fatto succhiare da quella troia di Zoe, ma questo lo sai già."
"Mi riferisco alla festa al lago di giugno." precisa e io cado dalle nuvole; nemmeno mi ricordavo più di quella sera. Avevo baciato un suo amico e ci saremmo anche spinti oltre, se la mia parte sobria non mi avesse fermata.
"C'è stato solo un bacio." puntualizzo, ma lui ridacchia, mi volta le spalle e mi abbandona lì, nel corridoio. Mi consolo dicendomi che è solo una stizza, che mi perdonerà e torneremo a fare baldoria, ma ho il brutto presentimento di averlo davvero fatto stancare.
Per il resto della giornata seguo attentamente le lezioni, non volendo correre il rischio di essere bocciata. Ho compreso poco e niente, e, vista la verifica che ha programmato la professoressa per la prossima settimana, decido che questo pomeriggio mi sarei buttata sui libri. Non sono molto credibile, ma non mi importa.
Al termine dell'ultima ora, non mi perdo in chiacchiere con Cheche o tantomeno attendo Zoe per tornare a casa, ma monto in sella e sgommo via.Nel momento in cui varco la soglia, mia madre mi accoglie con un'espressione che conosco fin troppo bene e che da tempo ormai non vedevo stampata sulla sua faccia, rovinata dagli anni. Metto giù lo zaino e lei afferma:"È uscito."
"Dov'è?"
"È questo il punto: non ha chiamato e non è venuto qui. Mi chiedevo se tuo padre avesse messaggiato te in un qualche modo."
Nego e senza aggiungere alcunché, mi rintano in camera mia, per digerire la notizia. Beh, il programma che mi ero imposta, finisce nel cesso, con tanto di scarico. Come se non bastasse, Dean mi chiama e mi ritrovo a lottare con me stessa per non accettare la sua richiesta. Tuttavia, persiste e, inveendo contro di lui e asciugandomi le poche lacrime che mi hanno percorso le guance, lo faccio.
"Pronto?"
"Sissy, sono andato da Alexandra e sembra che voglia essere mia amica. Mi ha lanciato dei segnali che però mi fanno capire che voglia avere un titolo più alto, non so. Non vi capisco. Mi ha invitato ad uscire come amici e io ho accettato, quindi, prossimo step?"
"Prosegui con la fase amico." riattacco. Di punto in bianco mi arriva un messaggio e quando realizzo che é da parte di Matthew, constato anche di averlo lasciato con il visualizzato il giorno precedente.
"Sono Matthew, l'amico di Dean.
Ti ha spaventato il nomignolo?"Digito velocemente:"Ciao Matthew."
"Vuoi uscire sabato sera, allora?"
"Sì, sì, esco sempre il sabato: vado con la mia compagnia all'Havana Club." riesco ad essere sarcastica anche quando sono triste. Non so se sia ammirevole o patetico.
"Intendevo con me." replica e mi strappa un sorrisino immaginandomi quanto sia confuso. Sto facendo la preziosa e, anche se ho imposto a Dean di inoltrargli il mio numero e di invitarmi a cena, sono pur sempre una donna e rendere le cose complicate agli uomini é una mia specialità.
"Mh... Devo vedere, ciao." lo congedo e il piccolo istante di felicità per il fatto che mi abbia ricercata, svanisce.
Mi sdraio sul materasso con mille pensieri legati solo a mio padre che dopo ben dodici anni in carcere, neanche si degna di farsi vedere. Piango sentendomi divorare dalla mancanza e chiedendomi il motivo per il quale non si sia fatto vivo. Il cellulare mi risquilla e al leggere il nome della mia migliore amica, rispondo:"Cheche, non sono dell'umore.""Sofia..." pronuncia una voce bassa e a me subito viene la pelle d'oca.
"Papà?"
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Eighteen
Teen Fiction"Hey, modello di Abercrombie and Fitch! Mi sto annoiando, parliamo o pomiciamo?" chiedo al poliziotto di guardia, il quale subito dopo rotea gli occhi al soffitto. Beh, io ci ho provato. É SOLO PER FARE RIDERE, NON FATEVI IDEE AFFRETTATE SU DI ME...