19 | act

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"Mi avvalgo della facoltà di non rispondere." non soddisfa la mia curiosità, seppur sappia già quale sia la risposta. Inevitabilmente mi metto a contemplarlo come sono solita fare e non importa quanto sia noioso, quanto mi odi, quanto mi respinga con ostilità, io rimarrò qui, a torturarlo con le mie perle di saggezza, che di saggio non hanno proprio niente.
La sua concentrazione é peggio di quella di un soldato tornato dalla guerra. I suoi occhi sono incollati sulla strada davanti e va ad una tale lentezza che una vecchietta di settanta anni ci supererebbe tranquillamente.

"Oh, andiamo. Non é una cosa di cui vergognarsi, anzi, é dolce il fatto che tu l'abbia aspettata." ammetto deglutendo. Avessi avuto io un ragazzo così...

"Credevo stessi per prendermi in giro." sospira sollevato e per levargli quella bellissima sensazione, replico:"Ma sai ancora usarlo?"

"Come non detto." rimette il broncio e, dopo avermi lanciato una rapida occhiata, si rende conto che non ho allacciato la cintura. Si china verso di me, stando attento a non andare fuori strada e poi me l'aggancia lui, soltanto che nel farlo, mi sfiora una tetta.

"Da agente a spogliarellista, e poi a mani lunghe? Superi te stesso!" chiedo sbalordita e sarcastica, e lui da brav'uomo si scusa.
In seguito, domina un silenzio fastidioso perciò, domando dove siamo diretti e comincio a frugare nel cruscotto alla ricerca di qualcosa con cui poter giocherellare.

"Ti porto a casa tua." afferma e io lo supplico di portarmi altrove.

"No, ti prego!"

"Tua madre sarà preoccupata." contesta, ma quel che lui non sa é che mia mamma é quasi la copia della sua, in quanto carattere. Invece, per le gambe sono gli antipodi, dato che lei é una suora innata.

"E va bene, ma tu — lo indico — vieni con me. Dobbiamo stabilire cosa porterai, cosa dirai per far cambiare idea Alexandra e farle credere che tu ne valga la pena." decido e lui, pur annuendo, rimane offeso per l'ultima proposizione, ringraziandomi in modo ironico.

"E di che!"

"Se la perdo, é tutta colpa tua."

"Tu organizzami un'uscita con Matthew e mi impegnerò a farvi rimettere insieme, costi quel che costi. In modo che Dean-osauro entri nella foresta amazzonica... chissà, magari la becchi impreparata." dico mente lui svolta a destra, entrando così nel mio quartiere.

"Mi lasci sempre senza parole." ribatte e io sorrido fiera.
Spegne il motore e scendiamo dall'auto, ma per determinare se mia madre sia in casa o meno, mi metto ad ispezionare il giardino sul retro, a guardare se il suo mezzo é presente da qualche parte, come nel garage o nei marciapiedi opposti e giungo alla conclusione che non é lì. Lo trascino direttamente in camera mia e afferro la lavagnetta e i pennarelli che mi avevano regalato ai miei nove anni. Scrivo come titolo Dean-osauro meets the Wood, seguito poi dai numeri degli steps.

"Ma che fai?" pone e io spiego, senza smettere di muovermi da una parte all'altra della stanza alla ricerca del cancellino:"L'ho visto fare in molti film, per esempio in The Duff."

"Che sarebbe?" chiede ancora e io sposto con lentezza il mio sguardo stupefatto su di lui.

"Non l'hai mai visto? Bene, lo guarderemo in streaming."

"Io e te?" balbetta, come avessi appena parlato in russo.

"No, tu e la Madonna. Ma sì, io e te!"

"Okay okay, stai calma." si siede sul mio letto e, dovendomi focalizzare sul nostro piano, mi trattengo dall'aggiungere altro.

"Primo step: lunedì la vai a visitare, giustificandoti del fatto che tu stia male per come si finita, ma che comunque non vuoi perderla come amica." programmo disegnando sulla lavagna la sua versione stick man e la casa di Alexandra. "Simuliamo la situazione, dai!"

"Ehm... okay." si schiarisce la gola ed emette un verso; verso che nella sua testolina corrisponderebbe al suono del campanello.

"Che cazzo fai?"

"Imito il suo campanello." dice ovvio e io esclamo:"Oh, Cristo! Parlami e basta, come se fossi Alexandra."

"Okay... Mh... Allora..." riflette, guardandosi intorno come se fosse nascosta da qualche parte cosa debba dire.

"Prima di domani riesci a formulare una frase?"

"Mi devo concentrare, stai muta." mi ammonisce e poi si ricompone, ripartendo dall'inizio:"Ding, ding, dong... Ciao Alexandra, mi dispiace per come é finita tra di noi a causa tu-..."

"No, no, no, no. Mai dire ad una donna che é colpa sua! É sempre colpa degli uomini, quindi riprova." gli rammento e lui cade dalle nuvole.

"Ding, diridong... Ciao Alexandra, mi dispiace per come é finita tra di noi perché pensi che io abbia sbagliato tutt-..."

"Ma ci sei o ci fai? É la tua prima relazione andata a male? Con quante ragazze sei uscito nella tua vita? Andiamo, puoi fare di meglio." lo interrompo una seconda volta, sorpresa dalla sua incapacità di dire una cosa così semplice.

"Scommetto che in una vita passata, eri un personal trainer." si distrae, sicuramente giá stanco del mio spronarlo persistentemente.

"Muoviti!"

"Ding, dung, dong... Ciao Alexandra, mi dispiace per come é finita tra di noi per il mio essere distaccato e troppo preso dal lavoro. Spero possiamo però, rimanere amici perché ci tengo a te." contesta e nel mentre la sua espressione ha reso palese il dolore che sta provando. In questi casi, una persona normale abbraccerebbe l'altro, ma io non lo sono e credo che lo abbiate giá accettato.

"Se reciti così bene, il tuo biglietto di sola andata nella foresta amazzonica é sicura."

Mi rivolge uno sguardo di rimprovero, anche se l'ho scorso sorridere lievemente.

"SOFIA SONO A CASA SO CHE SEI QUI C'È L'AUTO DEL TUO RAGAZZO SAPPI CHE SONO CAZZI AMARI!" grida Satana, sbattendo la porta d'ingresso.

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