40. MIA MADRE

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JAY

La porta si spalanca in un tonfo e quella che dovrebbe essere mia madre ci fissa inebetita. Con il viso stanco, gli occhi contornati di nero e l'aspetto di una donna che sta vivendo una vita terribile.

La prima parola che ci scambiamo e una domanda, posta da lei con arroganza. L'arroganza di una donna che si trova davanti alla sua porta due estranei.

"Chi siete?"

Le parole non vogliono uscirmi, mi sento inerme e privo di ogni forza davanti a quella donna che dovrebbe essere mia madre e che neanche sa chi sono.

"Possiamo... possiamo entrare così le diciamo tutto?" Azzarda Allie, con la sua voce soave.

"Quante volte ve lo devo ripetere che non ce li ho i soldi per l'affitto?" Grida, rivolgendoci un'occhiata truce. "Non lo vedete come vivo?"

"Non... non vogliamo i suoi soldi." Risponde Allie sicura e la ringrazio mentalmente per essere qui e darmi la forza. Senza di lei so che sarei già scappato da qui.

"Allora cosa volete?" Chiede scocciata.

"Parlarle di suo figlio."

Mi sento sprofondare nel vuoto quando sento quella parola affibbiata a me.
Io che non sono mai stato figlio di nessuno.
Io che non ho mai avuto una vita normale.
Io che ora mi sento morire.

"Mio... mio figlio?" Biascica, scuotendo il capo. "Non ho un figlio, l'ho dato via appena nato."

"Sono io tuo figlio!" Sputo, con la voce che è uscita tutto in un colpo.

I suoi occhi mi guardano incerti, mentre indugia sulla mia figura rendendosi conto piano piano di come le somiglio. Gli stessi occhi, lo stesso colore di capelli. Sono suo figlio.

"Non... non può essere." Balbetta spaventata, mentre inizia a guardarsi intorno. "Entrate, veloci!"

Entriamo in quella casa in un secondo, mentre l'espressione di Allie diventa estremamente preoccupata, come anche la mia.
Non ci sto capendo più nulla.

Inizia a dire cose senza senso, che servono solo ad aumentare la nostra ansia.

"O Dio!" Esclama. "Se... se vi hanno visti. Se... se hanno sentito cosa stavamo dicendo."

"Di cosa stai parlando?" Chiedo con la fronte aggrottata.

I suoi occhi tornano ad osservarci e solo ora noto le lacrime rigarle le guance. "Come ti chiami?"

"Jay."

"Il nome te l'hanno lasciato." Un sorriso affiora sulle sue labbra screpolate e rosse. "Non possiamo più vederci, Jay." Lo dice così, come se non le costasse nulla, come se non fossi suo figlio.

"Perché?" Sbotta Allie, passandosi una mano fra i capelli.

"Ho fatto una gran casino e sono un pericolo, non potete starmi vicino, non potete farvi vedere con me per nessuna ragione al mondo."

"Che genere di pericolo?" Chiedo con la voce che trema. "Possiamo aiutarti."

"Nessuno può aiutarmi." Dice scuotendo il capo. "E' un genere di pericolo che può uccidere."

La fisso sconcertato dalle sue parole, tanto che non più cosa pensare. Tiro leggermente le punte dei capelli per la frustrazione.

"Se vuoi delle risposte, posso dartele, ma poi dovete sparire da qui e non tornare mai più."

Risposte. Non so più neanche se le voglio queste risposte che tanto desideravo. Non so più nulla in questo momento, se non che mia madre, che ho appena ritrovato, rischia di morire per non so quale assurdo motivo.

"Ero troppo giovane quando sono rimasta incinta di te, troppo. Non potevo prendermi una responsabilità simile a quell'età e con le condizione economiche in cui vivevo." Inizia a parlare senza che io le abbia detto di farlo. "Mio padre aveva perso il lavoro, mia madre era malata e tuo... tuo padre era un tossicodipendente. Faceva uso di droghe pesanti, che l'hanno portato ad una morte precoce, prima che nascessi tu. Non potevo crescere un bambino da sola ed in quelle condizioni, volevo una bella vita per mio figlio, non quella che stavo vivendo io." Dice tutto d'un fiato, mentre il mio cuore scoppia nel petto. "Dopo averti dato in adozione, è successo tutto in fretta, la situazione è diventata assurda, invivibile e... e anch'io ho iniziato a..."

Non riesce a terminare la frase, ma non serve perché l'ho capito. L'ho capito che pure lei si faceva, che pure lei viveva di droghe, che per questo è finita nei casini, che per questo rischia la morte.

"Lo fai ancora?" Domando in un sussurro, con la voce che non vuole uscirmi.

"No, però sono nei guai per quello." Ammette. "E da questo tipo di debiti non si scappa, per questo dovete andare via da qui e non tornare mai più. Lo dovete fare!"

In quel momento mi rendo conto della gravità della situazione, mi rendo conto che Allie è qui con me e che lei in pericolo non ce la voglio mettere. Intreccio la mia mano a quella di Allie e la avvicino a me, con la paura che mi logora dentro.

"Andiamo." Sussurro rivolgendomi alla ragazza che amo, mentre mi osserva con un'espressione preoccupata.

Lo so che soffri anche tu.
Lo sento che stai male, come sto male io.
Ma io non ti ci posso mettere nei guai per colpa mia, per colpa di quella che dovrebbe essere mia madre e che non lo sarà mai.
Se succede qualcosa a te, io ci muoio. Non lo posso permettere, per questo ti porto via da qui.
Anche se una parte di me, qui ci vuole restare.
La vuole aiutare questa donna che ne ha passate così tante, che solo a raccontarle ci stai male.
La vuole aiutare, ma tutto me stesso vuole che tu stia bene. Vuole te e basta.
E tu mi basti.

Saluto mia madre con un cenno del capo, mentre la osservo che si passa una mano fra i capelli arruffati e dai suoi occhi escono milioni di lacrime.

Per aver ritrovato suo figlio e averlo perso il giorno stesso.

Me ne vado da lì con la consapevolezza che probabilmente farò una cazzata, ma io lì, da mia madre, ci voglio tornare.

Allie mi guarda con le lacrime agli occhi e probabilmente l'ha capito che io ci voglio tornare in questo posto, perché lei le cose le capisce al volo. Lei mi capisce al volo, me le legge in faccia le cose.

Ed io la guardo, le asciugo le lacrime con il pollice e le sussurro di perdonarmi.

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