34. ROTTO

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JAY

Delle voci arrivano ovattate alle mie orecchie, però riconosco la sua.
Penserà che sono un idiota, che mi sono ficcato in un guaio più grande di me, più grande di noi.
E l'ho fatto, perché non so dove sono e non so cosa è successo.

Cerco di aprire gli occhi, ma le palpebre sono troppo pesanti.
Man mano che passa il tempo riesco a captare meglio le voci e capisco che stanno parlando di me.

"Che è successo?"
La voce di Allie è stanca. È la voce di una persona che ha macinato chilometri per essere qui, con me.
Con uno che fa solo sbagli, con uno che stavolta poteva restarci secco.

"Ha esagerato con l'alcol, stavolta davvero." Ammette Brett, sbuffando. "È stato fortunato."

Lo sono stato?
Non ne sono poi così sicuro.
Le cose fanno ancora schifo, il peso che mi porto dentro c'è ancora e come se non bastasse, Allie è qui e mi ucciderà con le sue stesse mani per quello che ho fatto.

Una mano si stringe forte alla mia, come a volermi rassicurare.
Come a volermi dire che non è un male che sia ancora vivo.

È lei.
Lo riconosco il suo profumo.

I miei occhi si aprono da soli in quell'istante, come se non vedessero l'ora di vederla, come se desiderassero solo quello.
Sono in ospedale, riconosco le pareti bianche, il suo classico odore, il lenzuolo a coprirmi il corpo.

Allie si alza di scatto dalla sedia quando capisce che sono sveglio e si avvicina a me. Nella stanza ci sono anche Brett e Cheryl, che sorride appena. Il mio amico invece mi osserva con la fronte corrucciata, gli occhi ridotti a due fessure.

Ho fatto una cazzata, lo so.
Ma non guardarmi così, come se mi odiassi.
Come se di me non ti importasse nulla.
Non farlo Brett, ti prego.

"Come ti senti?" Chiede Allie, in un sussurro quasi impercettibile.

Ho la gola secca, che quasi mi fa bloccare le parole in gola.
"Bene." Dico, anche se non è così.
Anche se dentro di me mi sento morire.

Brett scuote il capo.
"Non ce la faccio." Sbotta all'improvviso, uscendo di corsa dalla stanza.

Cheryl lo raggiunge subito, senza esitazione, dopo avermi rivolto uno sguardo compassionevole.

Mi copro il viso con le mani, frustrato.
"Ho fatto un casino."

"Lo hai fatto." Afferma Allie, spostando le mani dal mio viso. "Perché?"

"Perché sono un idiota, perché non so come si risolvono i problemi se non così, perché mi mancavi da impazzire."
I nostri occhi entrano in collisione e dimentico tutto per un attimo.
Dimentico la furia di Brett, quello che ho fatto, il fatto che sono in ospedale. Tutto.

"Mi hai fatto morire di paura, Jay," Ammette, passandosi una mano fra i capelli.

"Mi dispiace, non era questo quello che volevo."

"E cosa volevi?" Chiede, con un tono di voce che non mi piace per niente. "Pensi che così i tuoi problemi svaniscano?"

"No, ma io sono così. Risolvo i miei problemi in questo modo, forse è sbagliato o forse no, nessuno mi ha mai insegnato a farlo nel modo giusto."

"E' sbagliato, completamente sbagliato. Potevi..." Non riesce a continuare la frase, ma non serve.
Lo so cosa vuole dire, l'ho capito.

"Non è successo!" Esclamo. "Sono qui."

Alza lo sguardo ed i suoi occhi entrano dritti nei miei, sono velati di preoccupazione che io le ho causato. Sono velati dalle lacrime, che io le ho causato. Sta male per colpa mia, solo mia.

In quel preciso istante realizzo una cosa che mi spezza il cuore, che lo riduce a brandelli, che mi fa mancare il respiro, però è quello che devo fare. Lei non merita tutto questo.

"Hai presente quando un piatto è scheggiato o rotto, e lo buttiamo via, perché nessuno lo vuole?" Chiedo, mentre Allie mi guarda perplessa, cercando di capire il senso del mio discorso.

Annuisce in risposta.

"Beh, con le persone è la stessa cosa, a nessuno piacciono le cose rotte, nessuno le vuole." Dico tutto d'un fiato. "Ed io sono rotto, Allie. Lo sono davvero, più di quanto immagini."

"Dove vuoi arrivare?" Chiede preoccupata.

Perché mi legge dentro, lo sa cosa sto per fare. Li vede i miei occhi.
Sono tristi, spenti, vuoti.

"Tu non te la meriti una persona così, una persona come me. Tu meriti il meglio ed il meglio non sono io."

"Cosa..." La sua voce spezzata dal pianto, distrutta come ci stiamo distruggendo in questo momento. Come io ci sto distruggendo.
"Non dire così, Jay."

"Non lo vedi dovo sono finito? Come mi sono ridotto?" La mia voce è sprezzante, perché mi odio.
Odio quello che sono, odio quello che ho fatto e soprattutto odio quello che sto facendo.
"Sono in un fottuto ospedale!"

"Passerà anche questa." Dice in un sussurro, poco convinta.

"Certo, passerà ma ce ne saranno altre." Ammetto. "Sono distrutto e nessuno può fare niente. Nessuno può aiutarmi, neanche tu!" Quasi urlo, ma è l'unico modo per farglielo capire.
È l'unico modo per farla allontanare da me.

"Io... io posso aiutarti." L'ho sempre saputo che è tosta, ma non pensavo così tanto.
Arrenditi, Allie.
E' questa la cosa giusta da fare e per una volta nella mia vita, la sto facendo. Anche se mi costa tanto, troppo.

Si avvicina a me di qualche passo, cerca di toccarmi ma mi scanso. La allontano con la poca forza che è rimasta dentro di me.

"Vattene." Dico, con la voce che non vuole uscirmi, che si rifiuta di dire una cosa simile a lei.
Alla ragazza che amo.

"Non me ne vado." Si impunta, sbattendo i piedi a terra come una bambina.

"Ho detto: vattene!" Sbraito. La voce questa volta è uscita, tanto da farla sussultare, da farla scoppiare in un pianto disperato.

E mi si spezza il cuore a vederla così.
Mi si spezza il cuore a vederla andare via, a lasciare questa stanza senza rivolgermi uno sguardo.
Sapere che potrebbe essere l'ultima volta che ci vediamo.
Il respiro quasi mi manca, il mio corpo trema scosso dai singhiozzi che non riesco a controllare.
E non mi importa se qualcuno mi vede piangere, non mi importa niente.
Mi importa solo che l'ho lasciata andare e con lei anche una parte di me.

"Che hai fatto?" Chiede Brett, irrompendo nella stanza. Mi osserva un attimo e capisce quanto mi è costato quello che ho fatto.
Lo capisce che mi sento morire.

"Quello che dovevo fare."

SPAZIO AUTRICE 🍭
È stato straziante scrivere questo capitolo, troppo 😭

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