Twenty-seventh

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«L’assenza dell’oggetto amato fece sì che l’amore si estinguesse, un po’ alla volta. Il rimpianto fu soffocato dall’abitudine e quella luce d’incendio che imporporava il suo pallido cielo si coprì sempre più d’ombra e gradatamente scomparve...»


Chiusi di scatto il libro di Flaubert che avevo trovato nella grande libreria dello studio, sospirando e posandolo sul piccolo comodino bianco vicino al letto. Diedi le spalle alla parte vuota e fredda del grande letto, mentre chiusi gli occhi per un secondo e sospirai. Dalla camera accanto, che Gemma aveva reso sua da ormai due giorni, si sentivano piccoli singhiozzi che fecero tremare anche me. La ragazza aveva scoperto che Louis, a differenza di Harry, doveva rimanere del tempo in più del dovuto per la missione perché non aveva cause importanti -così avevano definito mio figlio- per poter ritornare. Quando riaprì gli occhi, la fotografia che avevo scattato la settimana prima, era lì che mi osservava: Harry, nella sua bellezza sempre sorprendente e un sorriso genuino sulle labbra, era poggiato sulla mia pancia e aveva alzato gli occhi nell'esatto momento che avevo premuto il tasto per scattare la foto.



Silenziosamente piegai di poco le mie gambe sul divano mentre Harry, poggiato su di esse, leggeva a bassa voce "Alla ricerca di Dory" alla piccolina. Più volte avevo provato a dirgli che, per quanto amorevole il gesto potesse essere, il bambino non poteva né ora e né mai capire quello che raccontava. Ma, nonostante ciò, quando Harry leggeva con più enfasi le battute dei pesciolini, ridacchiava per il modo in cui Dahlia scalciava.

«Che dicevi sul fatto che non capisce?» ridacchiò girando pagina.

«Che non capisce» dissi subito, sorridendo e passando le dita tra i suoi capelli. «Riconosce solo il timbro di voce perché non fai altro che parlargli, anche mentre è quieto e dorme»


«Ma è giusto così, almeno saprà che sono il suo papà» disse, mentre io afferravo il cellulare da sopra il piccolo tavolinetto e aprivo la fotocamera. Quando Harry non ricevette risposta, si voltò verso di me sorridendo e affiancando il viso alla mia pancia nell'esatto momento in cui scattai.


Risi guardando la foto. «Com'è che vieni bene anche nelle foto dell'ultimo secondo?»


«Perché sono sexy sempre» disse ridacchiando e alzando più volte le sopracciglia con uno sguardo languido.


«Stupido» mormorai, per ricevere in risposta un «Cosa?!» con un tono di voce alto, solo per poi essere abbracciata e riempita di baci.







Guardai la porta quando fu aperta silenziosamente, e la testa di Gemma ne fece capolino. «Scusa, avevo bussato e pensavo dormissi» disse tirando su con il naso e passando le mani sul viso bagnato.

«No, non riesco» sorrisi dolcemente alla ragazza, battendo poi la mano sul letto accanto a me. «Vieni»

Silenziosamente percorse lo spazio che divideva la porta dal letto, e si infilò sotto il lenzuolo blu. Sentì il suo sguardo addosso, così mi voltai e la guardai.

«Come sapevi che volevo dormire qui?» disse piano, facendomi sorridere.

«Perché è già successo con Zayn. Quel letto è troppo grande per una persona e comunque lo è anche questo per me» dissi facendo spallucce e poggiando le mani sul mio rigonfiamento, adesso evidente. «Non vuole dormire» dissi sorridendo.

Avietor » h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora