Forty-sixth

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HARRY'S POV:

Nei giorni susseguenti al mio arrivo, mi ero dato da fare sia in ambito personale che lavorativo. Per quanto riguardasse il primo, avevo passato molto più tempo in famiglia ricoprendo tutte quelle ore, quelle settimane e quei mesi dove non ero potuto essere presente. Bella era ogni giorno più bella e Lia cresceva così tanto che mi era sembrato di rimanere lontano da casa per anni, non mesi. Mi piaceva l'armonia che c'era all'interno di quelle mura: Bella al mattino, spettinata e struccata ma bella come sempre; Dahlia nel lettone grande a giocare con me e la giraffa mezza distrutta che non lasciava mai. Mattine fuori, pomeriggi con il resto del gruppo che veniva spesso e volentieri a trovarci, cene fuori in famiglia e poi arrivava la notte. Era la parte preferita della mia giornata perché potevo avere Bella tutta per me, senza il bisogno che si allontanasse dato che la bambina dormiva pacificamente nella sua camera, e probabilmente era anche la parte più bella della giornata di Bella. Quando poi si addormentava, dopo aver fatto l'amore, rimanevo fermo ad osservarla dormire per ore. Il respiro leggero, le labbra schiuse e le ciglia che toccavano le sue guance. Solo quando si facevano le quattro, più o meno, riuscivo ad addormentarmi. Era la mia famiglia, non mi sarei mai stancato di guardarle giocare o semplicemente dormire.

Per quanto riguardasse invece l'ambito lavorativo, dopo il mio ritorno avevo avuto una settimana e mezzo di pausa, ma ritornato nuovamente sul campo. Come non ero stato capace di rimanere lontano dalla mia famiglia, non ero stato capace nemmeno di rimanere molto tempo lontano dal mio lavoro. Avevo conosciuto altri comandanti di plotone, ma non avevo mai fatto in modo che si venisse a instaurare un rapporto. Solamente con uno di loro, arrivato da poco come me, ero riuscito a scambiare due parole. Willem Alexander era un comandante da poche settimane, ma sembrava essere riuscito ad ambientarsi molto velocemente. Passava del tempo con me e con Louis. Si era quasi venuto a formare un trio, il primo in tutti quegli anni di attivo che avevo sulle spalle. Riguardante il mio amico, sembrava piacergli la vita in accademia. Aveva preso una stanza all'interno dello stabile, non volendo recare fastidio a me e mia moglie. Quando Bella lo era venuto a sapere, aveva dato di matto e aveva provato a picchiare Louis. Io, come sempre, ero rimasto in disparte a godermi la scena. Con il mio amico, in quella prima settimana di accademia, avevamo fatto in modo di conoscere il plotone: tredici maschi e venti ragazze. Era la prima volta che vedevo un plotone così pieno di ragazze, tanto che secondo Louis, era la mia presenza ad attirarle. Il solito cazzone. In quella settimana, sotto le spinte di Bella, avevo anche provato a rintracciare la famiglia Parker, per sapere che fine avesse fatto l'ex cadetto. Mai nessuno aveva risposto, così mi ero mosso all'interno degli uffici amministrativi per sapere qualcosa. Ma nessuno sapeva nulla.

In quel momento, mentre il plotone faceva dei giri di riscaldamento per iniziare l'addestramento, tenni fermo il telefono contro il mio orecchio aspettando che gli squilli cessassero e qualcuno rispondesse. Ma fu inutile, perché rispose la segreteria per l'ennesima volta.

Sospirai passando le mani sul viso, sistemai il cappello e voltai il viso alla mia destra, dove Louis mi stava raggiungendo.

«Ehi amico» disse fermandosi vicino a me, lo sguardo fermo sui cadetti. «Che succede? Ti vedo un po' nervoso»

«Lo sono» ammissi in un mormorio. Eccome se lo ero! «Ricordi il cadetto Parker? La ragazza sull'Arleigh?» chiesi osservandolo.

«Sì» annuì. «Che cos'ha?»

«Quando finì in ospedale, per via del regolamento l'ho dovuta buttare fuori. L'unica opzione che avevo trovato era quella di mandarla dietro una scrivania sotto sua richiesta a Norfolk, alla base, per evitare che spuntasse sul suo fascicolo qualche macchia che l'avrebbe infangata» spiegai velocemente. «Dal momento che adesso siamo qui, avevo pensato di farla trasferire in modo che la potessi tenere sott'occhio e vedere un po' la situazione» mormorai avviando nuovamente la chiamata. «Ma né lei né la sua famiglia rispondono, penso ci sia qualcosa che non va» mormorai.

Avietor » h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora